Missioni successive presso la stessa impresa utilizzatrice possono configurare un ricorso abusivo all’istituto della somministrazione.
Nota a Cass. 11 ottobre 2022, n. 29570
Flavia Durval
Nella somministrazione di manodopera non sono ammesse missioni che si protraggano per una durata che non possa, secondo canoni di ragionevolezza, considerarsi temporanea.
Lo precisa la Corte di Cassazione 11 ottobre 2022, n. 29570 accogliendo il ricorso di un lavoratore che era stato inviato in missione presso la stessa società utilizzatrice in base a plurimi contratti di somministrazione e di lavoro, il quale aveva sostenuto che l’impiego di lavoro precario non può sopperire a carenze strutturali di personale del soggetto utilizzatore e in merito all’obiettivo della Direttiva UE 2008/104 di evitare il ricorso abusivo al contratto di somministrazione.
I giudici, analizzando la disciplina normativa e l’evoluzione giurisprudenziale in tema di somministrazione di lavoro a tempo determinato, rilevano che:
A) il D.LGS. n. 81/2015 (in continuità con la L. n 92/2012 e con il DL. n 34/2014) ha eliminato ogni limite espresso all’utilizzo in missioni successive dello stesso lavoratore presso la medesima impresa utilizzatrice. Inoltre, la normativa in questione non subordina la legittimità della somministrazione di lavoro a tempo determinato all’esistenza di causali giustificative, nè individua un termine di durata massima delle missioni, e neppure pone limiti alle proroghe e ai rinnovi, prevedendo unicamente limiti quantitativi di utilizzazione (art. 31, co. 2), la cui individuazione è rimessa ai contratti collettivi applicati dall’utilizzatore.
B) La normativa comunitaria (Direttiva 2008/104) mira a conciliare l’obiettivo di flessibilità perseguito dalle imprese con l’obiettivo di sicurezza che risponde alla tutela dei lavoratori, tanto più che, al considerando 15 della Direttiva, si precisa che la forma comune dei rapporti di lavoro è il contratto a tempo indeterminato e che (v. anche art. 6, paragr.i 1 e 2) i lavoratori tramite agenzia interinale devono essere informati dei posti vacanti nell’impresa utilizzatrice, affinché possano aspirare, al pari degli altri dipendenti dell’impresa, a ricoprire posti di lavoro a tempo indeterminato.
La Direttiva, di conseguenza, mira ad incoraggiare l’accesso dei lavoratori tramite agenzia interinale ad un impiego duraturo presso l’impresa utilizzatrice e ad evitare che (v. Corte di Giustizia UE C-232/20, punto 37, in q. sito con nota di A. TAGLIAMONTE) tale impiego diventi una situazione permanente (v. Corte di Giustizia UE C-681/18, punti 55, 60, annotata in q. sito da A. TAGLIAMONTE).
C) Anche la Corte di Cassazione (n. 13982/2022, in q. sito con nota di F. DURVAL e n. 446/2021) ha affermato che “la somministrazione a tempo determinato è legittima anche nell’ambito della pubblica amministrazione, quando non sia tale da eludere la natura temporanea del lavoro tramite agenzia”, con possibile ricorso all’art. 1344 c.c. (v. Cass. n. 59/ 2015; Cass. n. 14828/ 2018).
D) In questo quadro, non risulta limitato il numero di missioni successive che un medesimo lavoratore tramite agenzia interinale può svolgere presso la stessa impresa utilizzatrice (Corte di Giustizia UE C-681/18, cit.), ma:
1) da un lato, contrasta con la Direttiva UE 2008/104 una normativa nazionale che non preveda alcuna misura al fine di evitare l’assegnazione ad un medesimo lavoratore, tramite agenzia interinale, di missioni successive presso la stessa impresa utilizzatrice con lo scopo di eludere le disposizioni della Direttiva stessa;
2) dall’altro, “missioni successive del medesimo lavoratore tramite agenzia interinale presso la stessa impresa utilizzatrice, ove conducano a una durata dell’attività presso tale impresa più lunga di quella che possa ragionevolmente qualificarsi temporanea (v. CGUE C-232/20, cit.), potrebbero denotare un ricorso abusivo al lavoro interinale.
In tal caso il giudice, anche nell’ipotesi di intervenuta decadenza dall’impugnativa del singolo contratto, può valutare se il successivo e continuo invio mediante missioni del medesimo lavoratore possa condurre ad un ricorso abusivo all’istituto della somministrazione (v. Cass. 21 luglio 222, n. 22861, annotata in q. sito da M.N. BETTINI).
In questo quadro, per assicurare la temporaneità del lavoro interinale, secondo la Corte di Giustizia, gli Stati membri possono stabilire una durata precisa oltre la quale una messa a disposizione non può più essere considerata temporanea. Laddove, invece, la normativa dello Stato membro non abbia previsto una durata determinata, sarà “compito dei giudici nazionali stabilirla caso per caso, alla luce di tutte le circostanze pertinenti, che comprendono in particolare le specificità del settore” (v., in tal senso, CGUE 18 dicembre 2008, C-306/07,punto 52) in modo da garantire che l’assegnazione di missioni successive a un lavoratore temporaneo non sia volta a eludere gli obiettivi della Direttiva 2008/104 (v. Corte di Giustizia, C-232/20 cit., punto 58).
Sulla base di tali considerazioni, la sentenza CGUE 17 marzo 2022, C-232/20 cit. ha enunciato il principio in base al quale l’art. 1, paragr. 1, e l’art. 5, paragr. 5, Direttiva cit., vanno interpretati nel senso che “costituisce un ricorso abusivo all’assegnazione di missioni successive di un lavoratore tramite agenzia interinale il rinnovo di tali missioni su uno stesso posto presso un’impresa utilizzatrice, nell’ipotesi in cui le missioni successive dello stesso lavoratore tramite agenzia interinale presso la stessa impresa utilizzatrice conducano a una durata dell’attività, presso quest’ultima impresa, più lunga di quella che può essere ragionevolmente qualificata «temporanea», alla luce di tutte le circostanze pertinenti, che comprendono in particolare le specificità del settore, e nel contesto del quadro normativo nazionale, senza che sia fornita alcuna spiegazione obiettiva al fatto che l’impresa utilizzatrice interessata ricorre a una serie di contratti di lavoro tramite agenzia interinale successivi, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare”.
Tuttavia, con il termine “temporaneamente” il legislatore comunitario “non intende limitare l’applicazione del lavoro interinale a posti non permanenti o che dovrebbero essere occupati per sostituzione”. Tale termine, infatti, “caratterizza non il posto di lavoro che deve essere occupato all’interno dell’impresa utilizzatrice, bensì le modalità della messa a disposizione di un lavoratore presso tale impresa; è il rapporto di lavoro con un’impresa utilizzatrice ad avere, per sua natura, carattere temporaneo” (così, Corte di Giustizia UE 14 ottobre 2020, C-681/2018, cit., punto 61 e nella successiva sentenza 17 marzo 2022, C-232/20, cit., punti 31, 34).