Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 29 novembre 2022, n. 35111

Lavoro, Differenze retributive, Prestazione di ore di lavoro
straordinario, Mancato assolvimento dell’onere probatorio, Rigetto

Fatti di causa

 

1. M.R. convenne in giudizio M.A.D.D. per sentir
accertare e dichiarare l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato dal
26.1.1998 al 5.3.2007 e condannare la convenuta al pagamento della somma di €
140.809,53 per differenze retributive.

2. Il Tribunale di Viterbo accolse in parte la
domanda e, dichiarata l’esistenza del rapporto di lavoro tra le parti per il
periodo dedotto, condannò la convenuta a pagare al R. la somma di € 35.125,57
oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali a titolo di differenze
retributive e t.f.r. rigettando le domande relative all’indennità sostitutiva
di festività, ferie e permessi non goduti oltre che dei compensi chiesti a
titolo di lavoro straordinario.

3. La Corte di appello di Roma, investita del
gravame da parte di M.R. lo rigettò confermando la sentenza di primo grado.

4. Il giudice di secondo grado ha ritenuto che il
lavoratore, sul quale gravava l’onere, non avesse provato di aver lavorato
oltre il normale orario di lavoro ed inoltre non aveva dimostrato di aver
svolto la sua attività nei giorni dedicati al riposo ed anzi neppure aveva
allegato a quali giorni intendesse riferirsi osservando che la presenza sul
luogo di lavoro (l’Isola Bisentina) trovava giustificazione anche nel fatto che
egli vi dimorava.

5. Per la cassazione della sentenza propone ricorso
M. R. affidato a due motivi cui resiste con controricorso M.A.D.D.. Il
ricorrente ha depositato memoria illustrativa ai sensi dell’art. 380 bis 1 c.p.c.

 

Ragioni della decisione

 

6. Con il primo motivo di ricorso è denunciata, in
relazione all’art. 360 primo comma n. 4 c.p.c.,
la nullità della sentenza. Deduce il ricorrente che la Corte territoriale non
si sarebbe avveduta del fatto che il Tribunale di Viterbo – pur avendo
rigettato la domanda di condanna al pagamento degli straordinari per mancanza
della necessaria preventiva autorizzazione datoriale ai sensi dell’art. 131
c.c.n.l. di settore e con riguardo agli artt. 16 e 17 del d.lgs. n. 66 del
2003 – aveva tuttavia ritenuto che fosse stata dimostrata l’effettiva
prestazione dell’attività oltre l’orario ordinario. Tale affermazione non era
stata impugnata e dunque era passata in giudicato. Per l’effetto la Corte di
appello avrebbe dovuto concentrare la sua attenzione solo sull’avvenuto
rilascio delle autorizzazioni e sull’applicabilità della disciplina derogatoria
dettata dagli artt. 16 e 17 del
d.lgs. n. 66 del 2003 senza ulteriormente indagare sull’effettiva
prestazione di ore di lavoro straordinario.

7. Con il secondo motivo di ricorso è denunciato
l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio e si deduce che il giudice
di appello avrebbe trascurato di considerare che la datrice di lavoro aveva
autorizzato il ricorrente allo svolgimento del lavoro straordinario. inoltre al
caso in esame non si applicherebbero le deroghe contenute negli artt. 16 e 17 del d.lgs. n. 66 del
2003 citato.

8. Le censure sono in parte inammissibili ed in
parte infondate.

8.1. Occorre premettere che, come è noto, non si può
formare giudicato su un segmento fattuale, quale lo svolgimento di un numero di
ore di lavoro travalicante l’orario ordinario, atteso che si tratta di
accertamento di fatto che non integra in sé quella “minima unità
suscettibile di acquisire la stabilità del giudicato interno”. Con tale
locuzione giurisprudenziale è individuata la sequenza logica costituita dal
fatto, dalla norma e dall’effetto giuridico, con la conseguenza che la censura
motivata anche in ordine ad uno solo di tali elementi riapre la cognizione
sull’intera statuizione, perché, impedendo la formazione del giudicato interno,
impone al giudice di verificare la norma applicabile e la sua corretta
interpretazione (cfr. Cass. 4 febbraio 2016, n.
2217; Cass. 16 maggio 2017, n. 12202; Cass. 26 giugno 2018, n. 16853). La
mancata impugnazione in appello di una o più affermazioni contenute nella
sentenza può dare luogo alla formazione del giudicato interno soltanto se le
stesse siano configurabili come capi completamente autonomi, risolutivi di
questioni controverse che, dotate di propria individualità ed autonomia,
integrino una decisione del tutto indipendente, e non anche quando si tratti di
mere argomentazioni, oppure della valutazione di presupposti necessari di fatto
che, unitamente agli altri, concorrano a formare un capo unico della decisione
(cfr. Cass. 15/12/2021 n. 40276 ed anche Cass. n. 21566 del 2017 e n. 7024 del
1997)

8.2. Nel caso in esame il Tribunale ha ricostruito
la fattispecie che dà luogo allo straordinario come composta, complessivamente,
del fatto che il lavoro si protragga oltre l’orario normale e che il datore di
lavoro abbia autorizzato la prestazione; condizione quest’ultima che rende
erogabile il compenso. Si tratta di fattispecie complessa con riguardo alla
quale non si è formato alcun giudicato. Il mero accertamento di fatto della
durata della prestazione non era di per sé idoneo ad integrare la fattispecie
in base alla quale sorge il diritto a vedere compensato il lavoro prestato in
eccesso rispetto all’orario ordinario.

8.3. Va inoltre evidenziato che l’odierna resistente
era risultata totalmente vittoriosa su quel capo di domanda che era stato
rigettato e dunque non era tenuta a proporre alcun ricorso incidentale ma
doveva semmai, come risulta aver fatto, riproporre le contestazioni circa la
durata dell’orario già avanzate in primo grado.

8.4. La Corte territoriale ben poteva, quindi,
riesaminare tutti i fatti e valutarli secondo il suo prudente apprezzamento
essendo la questione dell’esistenza dei presupposti per il pagamento del
compenso ancora sub iudice e devoluti al giudice di appello.

9. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile in
quanto lungi dal denunciare l’omesso esame di un fatto (limite entro il quale è
consentito censurare la motivazione) si propone invece di ricostruire e
valutare le emergenze istruttorie in modo diverso e contrapposto rispetto alla
plausibile ricostruzione della Corte territoriale che si è fatta carico di
considerare la peculiarità del rapporto di lavoro instaurato con un soggetto la
cui stabile e continuativa presenza sul luogo di lavoro, riferita dai testi,
trovava una spiegazione e giustificazione nel fatto che il signor R. aveva
dimorato sull’Isola Bisentina per tutta la durata del rapporto di lavoro sicché
la prova del lavoro straordinario e nei giorni festivi e di permesso avrebbe
dovuto essere ben più precisa e rigorosa. Si tratta di apprezzamento di fatto,
che si inserisce logicamente nella complessiva argomentazione utilizzata dalla
Corte per rigettare la domanda, che non può essere censurato in sede di
legittimità.

10. In conclusione, per le ragioni esposte, il
ricorso deve essere rigettato e le spese, liquidate in dispositivo devono
essere poste a carico del ricorrente soccombente. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n.
115 del 2002 va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per
il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art.13 comma 1 bis del citato
d.P.R., se dovuto.

 

P.Q.M.

 

rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del
giudizio di Cassazione che liquida in € 4.000,00 per compensi professionali, €
200,00 per esborsi, 15% per spese forfetarie oltre agli accessori dovuti per
legge.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n.
115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art. 13 comma 1 bis del citato
d.P.R., se dovuto.

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