Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 30 novembre 2022, n. 35254

Tributi, IRPEF, Pensioni integrative degli ex dipendenti
Inps, Vecchi iscritti a vecchi fondi, Applicazione aliquota agevolata ex art. 23, co. 5, D.Lgs. n. 252 del 2005
– Esclusione

 

Fatti di causa

 

1. La narrativa della sentenza di appello riferisce
che I. T., ex dipendente Inps, in pensione dal 1° settembre 2010, propose
ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Roma avverso il diniego
tacito opposto dall’Amministrazione finanziaria alla sua istanza di rimborso
delle maggiori somme trattenute in eccesso dal sostituto di imposta Inps, a
decorrere da settembre 2010, sulla pensione complementare erogata dal fondo
integrativo istituito per i dipendenti dell’Istituto, per effetto della mancata
applicazione dell’aliquota agevolata del 15 per cento.

2. La Commissione tributaria provinciale di Roma,
con sentenza n. 7206/2016, dichiarò inammissibile il ricorso per mancata
indicazione, nell’istanza, dell’importo richiesto.

3. La Commissione tributaria regionale (“C.T.R.”)
del Lazio, con la sentenza indicata in epigrafe, ha accolto l’appello della
contribuente in ragione del fatto che la disciplina agevolativa sarebbe
applicabile, ai sensi dell’art. 23,
comma 5, d.lgs. n. 252 del 2005, nei confronti di tutti i soggetti
(dipendenti pubblici o privati) iscritti a forme pensionistiche complementari
alla data di entrata in vigore del medesimo decreto legislativo, con l’unico
limite della disposizione transitoria per la quale tale regime impositivo opera
a partire dal 1/1/2007.

4. L’Agenzia delle entrate ricorre, con un unico
motivo, per la cassazione della sentenza di appello; la contribuente resiste
con controricorso; l’Inps è rimasto intimato.

 

Ragioni della decisione

 

a. Preliminarmente va dichiarato il difetto di
legittimazione passiva dell’Inps, trattandosi di controversia che ha ad oggetto
esclusivamente il rapporto fiscale tra contribuente e Amministrazione
finanziaria, in relazione al quale l’Inps si è limitato alle trattenute
fiscali, quale sostituto d’imposta, senza con questo costituire parte di un
contenzioso relativo all’entità del debito fiscale (Cass.
12/12/2018, n. 32082; Cass. 24/10/2019, n.
27377; Cass. 15/12/2020, n. 28570). Nulla
occorre statuire sulle spese di lite nei confronti del medesimo Istituto, il
quale non ha partecipato al giudizio di legittimità.

1. Con l’unico motivo di ricorso [«1) Violazione e
falsa applicazione dell’art. 11,
comma 6 del d.lgs. 252/2005, 23,
comma 1, 5, 6 e 7 del d.lgs. 252/2005, in relazione all’art. 360, comma 1 n. 3), c.p.c.»], l’Agenzia
espone che la contribuente, ex dipendente Inps, assunta il 01/04/1968 e
collocata in pensione il 1°/09/2010, è titolare di pensione complementare a
carico del fondo integrativo per i dipendenti dell’Inps, soppresso dal
1°/10/1999, per effetto dell’art.
64, legge 17 maggio 1999, n. 144, ed aggiunge che quindi i montanti
pensionistici sono maturati non oltre la data del 30/09/1999.

Dopodiché censura la sentenza impugnata che non ha
considerato che tutti i montanti contributivi dell’interessata erano giunti a
maturazione fino alla data ultima del 30/09/1999, sicché, come previsto dall’art. 23, commi 5 e 7, d.lgs. n. 252
del 2005, all’imponibile della pensione integrativa non era applicabile la
ritenuta del 15 per cento (ridotta in misura del 0,30 per cento per ogni anno
di partecipazione al fondo dopo il quindicesimo, con un limite massimo di
riduzione del 6 per cento e quindi un’aliquota minima del 9 per cento) prevista
dall’art. 11, comma 6, del
medesimo testo normativo. L’Amministrazione finanziaria rimarca, inoltre, che
l’articolo 23 (commi 5 e 7) ha
previsto una disciplina transitoria relativa ai fondi preesistenti e, in
particolare, in ordine all’entrata in vigore del nuovo regime di tassazione,
decorrente dal 1/1/2007.

Come chiarito dalla stessa Agenzia delle entrate con
circolare n. 70/E del 18 dicembre 2007, per
quanto qui rileva, per i cd. vecchi iscritti a vecchi fondi (lavoratori assunti
anteriormente al 29 aprile 1993), l’articolo
23, comma 7, prevede che per i montanti accumulati fino al 31 dicembre 2006
si applica il regime di tassazione previgente, mentre relativamente ai montanti
maturati a decorrere dal 1° gennaio 2007, gli interessati possono optare per il
regime fiscale previsto dall’articolo
11. Da un altro punto di vista, infine, l’Agenzia lamenta che, quando la
sentenza impugnata afferma che ai dipendenti pubblici si applica il regime
fiscale agevolato di cui all’art.
11, comma 6, d.lgs. n. 252 del 2005, trascura che il successivo articolo 23, comma 6, dispone che
ai dipendenti pubblici continua ad applicarsi la disciplina fiscale ordinaria,
fino all’emanazione di un successivo decreto delegato, riguardante gli ex
dipendenti pubblici in stato di quiescenza, ammessi a gestioni previdenziali
complementari, che non è mai stato adottato dal Governo.

2. Il motivo è fondato.

2.1. In materia di regime impositivo delle pensioni
integrative degli ex dipendenti Inps, questa Sezione tributaria (cfr. Cass. 19/07/2022, n. 22665, e la giurisprudenza
ivi richiamata, consolidata da Cass. 02/09/2022, n. 25955) ha enunciato il
condivisibile principio di diritto – al quale il Collegio intende dare seguito –
secondo cui «In tema di fondi previdenziali integrativi, ai sensi dell’art. 23, comma 7, del d.lgs. n. 252
del 2005, per i lavoratori assunti antecedentemente al 29 aprile 1993, e
che entro tale data risultino iscritti a forme pensionistiche complementari
istituite alla data di entrata in vigore dalla l.
n. 421 del 1992, ai montanti delle prestazioni maturate entro il 31
dicembre 2006 si applica il regime tributario vigente alla predetta data; ne
consegue che il nuovo sistema di tassazione agevolata, introdotto dall’art. 11, comma 6, del d.lgs. n. 252
del 2005, ed in vigore dal 1° gennaio 2007, è inapplicabile “ratione
temporis” ai cd. “vecchi iscritti” a “vecchi fondi”».

2.2. La decisione in esame si discosta da tale
principio di diritto laddove afferma che il nuovo regime impositivo di cui all’art. 11, comma 6, d.gs. n. 252 del
2005, si applica ad un soggetto (come nel caso della contribuente) iscritto
ad un “vecchio fondo”, alimentato con i “montanti” delle “prestazioni
accumulate” (id est i contributi versati dal lavoratore e gli eventuali
contributi del datore di lavoro; al riguardo, cfr. Cass. n. 25955/2022, [punto
4.]) entro il 30/09/1999, data di soppressione del fondo.

3. In conclusione, in accoglimento dell’unico motivo
di ricorso, la sentenza è cassata e, non essendo necessari ulteriori
accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384, secondo comma, cod. proc. civ., con il
rigetto del ricorso introduttivo.

4. Le spese dei gradi di merito debbono essere
compensate, mentre quelle del giudizio di legittimità, liquidate in
dispositivo, seguono la soccombenza.

 

P.Q.M.

 

dichiara il difetto di legittimazione passiva
dell’Inps; accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel
merito, rigetta il ricorso introduttivo; compensa, tra le parti, le spese dei
gradi di merito e condanna la contribuente al pagamento a favore dell’Agenzia
delle entrate delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro
1.200,00, a titolo di compenso, oltre alle spese prenotate a debito.

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