Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 02 novembre 2022, n. 32218

Lavoro, Marittimi, Efficacia di prova legale del ruolino di
equipaggio, Sussistenza di rapporti di lavoro subordinato, Debiti
contributivi, Cartella esattoriale, Opposizione, Rigetto

Ritenuto che

 

1. la Corte d’Appello di Catania ha confermato il
rigetto dell’opposizione a cartella esattoriale proposta da I.C. nei riguardi
dell’I.N.P.S. e di R.S. s.p.a. (ora Agenzia Entrate – Riscossione), in
relazione al debito contributivo conseguente all’accertamento dell’esistenza di
rapporti di lavoro subordinato (capo barca e motorista) con tali M. e C.,
utilizzati presso la barca da pesca del ricorrente;

2. la Corte territoriale ha premesso che le
annotazioni del ruolo di equipaggio hanno efficacia di prova legale ex art. 178
c. nav., essendo eseguite dall’autorità marittima e costituendo quindi atti
pubblici, suscettibili di essere contestati soltanto con querela di falso,
sicché il giudice non può omettere la valutazione delle risultanze e del
contenuto di essi al fine di stabilire l’esistenza di rapporti subordinati e la
fondatezza delle relative pretese contributive;

3. la Corte di merito ha quindi aggiunto che la
mancata annotazione di un contratto di arruolamento stipulato per iscritto non
inficiava tale conclusione, atteso che a norma dell’art. 330 del codice della
navigazione il contratto di arruolamento per le navi minori di stazza lorda non
superiore alle cinque tonnellate poteva essere fatto verbalmente ed ha concluso
che, stante l’annotazione sul ruolino di equipaggio, il ricorrente avrebbe
dovuto prendere posizione ab origine facendo constare il diverso titolo
(rispetto al lavoro dipendente) dell’imbarco, potendosi altrimenti presumere
l’esistenza di quei due rapporti subordinati;

4. I.C. ha proposto ricorso per cassazione con
quattro motivi, resistiti dall’I.N.P.S. con controricorso, mentre Agenzia delle
Entrate – Riscossione è rimasta intimata;

5. il ricorrente ha depositato memoria;

 

Considerato che

 

1. il primo motivo afferma la violazione e falsa
applicazione degli artt. 416 comma 3 e 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 n.
4 c.p.c. ed esso assume che al ricorrente sarebbe stato erroneamente applicato
il principio di non contestazione, sebbene le allegazioni asseritamente non
smentite si ricavassero non da affermazioni processuali, ma da documenti, senza
contare che rispetto al fatto costitutivo della pretesa contributiva, ovverosia
l’instaurazione di rapporti di lavoro subordinato, la contestazione era stata
precisa e specifica, adducendo anche spiegazioni del perché i rapporti non
avevano quella natura, stante il fatto che entrambi i presunti dipendenti
lavoravano altrove e non erano professionisti pescatori e che la barca, per le
proprie dimensioni inidonee ad affrontare il mare, non poteva assicurare
continuità lavorativa;

2. il secondo motivo adduce la violazione e falsa
applicazione dell’art. 178 cod. nav. e dell’art. 2700 c.c. in relazione
all’art. 360 n. 3 c.p.c., sostenendo che la pronuncia della Corte d’Appello si
ponesse in contrasto con il principio pacifico a mente del quale l’efficacia di
prova legale del ruolino di equipaggio, in virtù del richiamo operato dall’art.
178 cod. nav. all’art. 2700 c.c., è limitata all’estrinseco del documento, e,
pertanto, non può estendersi al contenuto ed alla veridicità delle
dichiarazioni, nella fattispecie riferibili a terzi, in ordine alla pretesa
attività di capo barca e motorista dei predetti M. e C., avverso le quali era
consentito valorizzare qualsiasi mezzo di prova;

3. il terzo motivo è formulato nei termini della
violazione e falsa applicazione dell’art. 115 e 132 c.p.c. in relazione
all’art. 360 n. 4 c.p.c. e degli artt. 2697 e 1362 c.c. in relazione all’art.
360 n. 3 c.p.c. e con esso si rileva come l’efficacia di prova privilegiata del
ruolino sia comunque limitata al fatto della presenza in barca di M. e C.,
senza estendersi all’esistenza di un rapporto lavorativo, tra l’altro non
desumibile dalle annotazioni riguardanti quelle persone come
capobarca-motoristi, dovendosi poi considerare il contrasto irriducibile
esistente tra l’asserire che dal ruolino si desumesse prova di un rapporto
subordinato esistente con i predetti e la contestazione mossa al ricorrente di
non avere specificato il titolo per cui M. e C. fossero menzionati nel ruolino
di equipaggio, ragionamento in cui implicitamente si ammetteva la possibilità
che diverso fosse il titolo giustificativo di quelle annotazione pur tuttavia
desumendo da esse la natura di lavoro dipendente dei rapporti intercorsi;

4. il quarto ed ultimo motivo di ricorso è formulato
come violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione
all’art. 360 n. 4 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3
c.p.c. e con esso si lamenta il fatto che la Corte territoriale avesse
valorizzato i dati del ruolino di equipaggio, in spregio alle risultanze
documentali in ordine al lavoro svolto altrove, in quei periodi, dalle due
persone interessate ed alle dichiarazioni rese dagli stessi e prodotte in atti
con le quali essi avevano smentito di avere lavorato alle dipendenze del C.;

5. i motivi possono essere esaminati congiuntamente,
stante la loro connessione;

6. va intanto escluso che la Corte abbia valorizzato
un comportamento di non contestazione in senso tecnico, in quanto essa ha
invece inteso fare leva, in aggiunta alle emergenze del ruolino ed in
applicazione dell’art. 116, co. 2, u.p., c.p.c., sul comportamento della parte
che, pur affermando l’insussistenza del lavoro subordinato e adducendo che il
M. ed il C. svolgevano altre attività, non aveva spiegato fin dal ricorso
introduttivo, nonostante fossero noti i dati ispettivi, a quale diverso
rapporto di riferisse quel ruolino, perché esso fosse stato formato con quelle
indicazioni e come si giustificasse – si cita testualmente – «quanto
documentato sul ruolino di equipaggio»;

7. le asserite violazioni di cui al primo motivo non
possono dunque dirsi sussistenti, perché non vi è stata acquisizione di fatti
per effetto legale della non contestazione, ma solo si è valorizzato un certo
comportamento processuale, al fine di corroborare il ragionamento probatorio;

8. presso questa S.C. è consolidato del resto
l’orientamento per cui «nel giudizio instaurato dall’ente previdenziale per
ottenere dal proprietario di un natante il pagamento di contributi assicurativi
in relazione ai marittimi imbarcati, le annotazioni del ruolo di equipaggio
hanno efficacia di prova legale ex art. 178 cod. nav., trattandosi di
annotazioni eseguite dall’autorità marittima, che dimostrano la sussistenza di
un contratto di arruolamento, stipulato anch’esso, ai sensi dell’art. 328 cod.
nav., per atto pubblico» (C. 9093/2014; C. 18480/2007) ed è vero che nel caso
di specie, poiché, come precisa la Corte d’Appello, la tipologia del natante
non richiedeva la forma scritta del contratto di arruolamento, il ruolino
finisce per fare prova solo sul verificarsi dell’imbarco con quelle posizioni;

9. tuttavia, la Corte d’Appello, oltre al rilievo
sulla fede privilegiata del documento, ha poi in concreto sviluppato un
ragionamento più ampio sulla credibilità dei suoi contenuti;

10. essa ha infatti evidenziato come l’iscrizione di
tali soggetti quali componenti dell’equipaggio «con la qualifica sopra
indicata» induceva a ritenere l’esistenza del lavoro subordinato, evidentemente
ritenendo – con apprezzamento in sé non necessariamente implausibile – che a
quella tipologia di mansioni e qualifica presumibilmente corrispondano, su un
natante ed ove non siano date altre immediate spiegazioni, posizioni
subordinate;

11. considerazioni queste ultime, che escludono la
denunciata contraddittorietà motivazionale, in quanto la Corte d’Appello non ha
negato che le annotazioni potessero in ipotesi riferirsi a rapporti di tipo
diverso, ma ha ritenuto che esse, nel contesto istruttorio complessivo ed in
mancanza di altre immediate e specifiche spiegazioni di esse con il ricorso
giudiziale, facessero propendere per il riferirsi delle stesse ad un rapporto
subordinato, ragionamento nel quale non può ravvisarsi alcuna illogicità;

12. analogamente, la Corte territoriale ha motivato
sul perché essa riteneva di non valorizzare le dichiarazioni di M. e C.,
evidenziando il contrasto di esse con il ruolino (M.) o il concernere
circostanze neppure allegate dal ricorrente (C.);

13. nel complesso, si tratta dunque di articolate
argomentazioni che attengono al giudizio di merito e che, non risultando
implausibili, non consentono di essere inficiate, in sede di legittimità, da
altre letture dell’istruttoria e dei dati disponibili, quali propugnate in
sostanza con i motivi il ricorso per cassazione (C., SU, 34476/2019; C., SU,
24148/2013);

14. tutto ciò comporta la reiezione del ricorso e la
regolazione secondo soccombenza delle spese del giudizio di legittimità;

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento in favore dell’I.N.P.S. delle spese del giudizio di legittimità, che
liquida in euro 2.500,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre spese
generali in misura del 15 % ed accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.p.r. 115
del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma
1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 02 novembre 2022, n. 32218
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: