In assenza di superamento del periodo di comporto o della prova di un utilizzo fraudolento della malattia, il datore di lavoro non può licenziare il dipendente per eccessiva morbilità.
Nota a Trib. Napoli 15 settembre 2022, n. 17910
Pamela Coti
Le reiterate assenze del lavoratore, che si protraggano oltre un certo limite stabilito dalla contrattazione collettiva o dagli usi, non costituiscono di per sé inadempimento, trattandosi di assenze pur sempre giustificate.
È quanto stabilito dal Tribunale di Napoli (15 settembre 2022, n. 7238) in relazione al ricorso promosso da un lavoratore licenziato per giusta causa a fronte dell’eccessivo numero di assenze per malattia, secondo il datore di lavoro troppo spesso concomitanti con i giorni di riposo, festività, permessi o periodi di ferie.
Al riguardo il Giudice del lavoro ha precisato che:
- la malattia del lavoratore è soggetta alle regole speciali dettate dall’art. 2110 c.c. che prevalgono sia sulla disciplina generale in materia di risoluzione del contratto di lavoro sia sulla disciplina limitativa dei licenziamenti individuali, da ciò deriva che il datore di lavoro non può recedere dal rapporto prima del superamento del limite di tollerabilità dell’assenza, cd periodo di comporto, e che il superamento del predetto limite è sufficiente a legittimare il recesso datoriale;
- il superamento di quel limite, ritenuto congruo dalla contrattazione collettiva e idoneo a garantire il bilanciamento degli opposti interessi, è causa giustificativa del licenziamento, di per sé esaustiva, ritenendosi, qualora si verifichi, compromesso il diritto del datore di lavoro a ricevere una prestazione lavorativa costante e regolare, in grado di garantire il pieno soddisfacimento delle finalità organizzative dell’azienda;
- “per giustificare il licenziamento non si richiede un’accertata incompatibilità fra tali assenze e l’assetto organizzativo o tecnico produttivo dell’impresa, ben potendosi intimare il licenziamento per superamento del periodo di comporto pur allorquando il rientro del lavoratore possa avvenire senza ripercussioni negative sugli equilibri aziendali”;
- pertanto, l’eccessiva morbilità non può integrare, automaticamente, gli estremi dello scarso rendimento, con la conseguenza che il licenziamento in ragione di un cagionevole stato di salute, che ha determinato reiterate assenze dal luogo di lavoro, va qualificato come discriminatorio e ritorsivo, in quanto consistente in un’ingiusta e arbitraria reazione datoriale al legittimo esercizio del diritto del lavoratore di assentarsi per malattia (Cass. n. 12592/2016).