Il diritto di precedenza alla trasformazione del rapporto da tempo parziale a tempo pieno non è un diritto assoluto poiché tale trasformazione deve osservare le modalità di legge in materia di assunzioni ed essendo necessario l’avvio, da parte della P.A., di una procedura di assunzione di personale a tempo pieno.
Nota a Cass. 20 ottobre 2022, n. 31036
Maria Novella Bettini
La trasformazione a tempo pieno del rapporto di lavoro a tempo parziale per i lavoratori assunti presso le pubbliche amministrazioni può avvenire solamente nel rispetto delle modalità e dei limiti stabiliti per le assunzioni dalla legislazione vigente. In particolare, se le pubbliche amministrazioni procedono ad assunzioni di personale a tempo pieno, va data precedenza alla trasformazione dei rapporto di lavoro per i dipendenti part-time che lo abbiano richiesto (art. 3, co. 101, L. n. 244 del 2007).
Questo, il principio ribadito dalla Corte di Cassazione (20 ottobre 2022, n. 31036, diff. da App. Venezia n. 555/2015), la quale osserva che: “per il personale assunto con contratto di lavoro a tempo parziale la trasformazione del rapporto a tempo pieno può avvenire nel rispetto delle modalità e dei limiti previsti dalle disposizioni vigenti in materia di assunzioni. In caso di assunzione di personale a tempo pieno è data precedenza alla trasformazione del rapporto di lavoro per i dipendenti assunti a tempo parziale che ne abbiano fatto richiesta”.
Al riguardo, le SU della Cassazione (n. 27440/2017) hanno chiarito che il diritto di precedenza alla trasformazione del rapporto da part-time a full-time non è stato configurato dal legislatore come un diritto assoluto, in quanto lo stesso può essere fatto valere dagli interessati se ricorrono entrambe le seguenti condizioni: a) la PA abbia avviato una procedura di assunzione di personale a tempo pieno; b) la trasformazione avvenga nel rispetto delle modalità e dei limiti previsti dalle disposizioni vigenti in materia di assunzioni.
Il diritto soggettivo alla precedenza della trasformazione del rapporto di lavoro da tempo parziale a tempo pieno non nasce dunque automaticamente qualora l’Amministrazione di appartenenza abbia avviato una procedura qualsiasi di assunzione di personale a tempo pieno e l’interessato abbia presentato la prevista domanda, ma si configura solo se ricorrono i suddetti presupposti.
Nello specifico, secondo le SU:
a) l’ente pubblico datore di lavoro può adottare la decisione di avviare una valida procedura di assunzione di personale a tempo pieno (ex art. 3. co. 101, cit.) solo dopo aver individuato nelle proprie dotazioni organiche (di cui al piano triennale dei fabbisogni di personale) “vacanze relative alle categorie e ai profili propri di quei lavoratori part-time la cui eventuale trasformazione in rapporto a tempo pieno è compatibile con il rispetto del patto di stabilità interno (…) e, in particolare, con la direttiva di non creare posizioni soprannumerarie nonché con il principio del contenimento delle spese di personale con riferimento al valore medio del triennio precedente alla data di entrata in vigore della presente disposizione” (v., D.LGS.. n. 165/2001, art. 6, L. n. 296/2006, art. 1, co. 557-quater);
b) l’ente che decida di avviare una simile procedura di assunzione di personale a tempo pieno deve “dare congrua comunicazione di tale iniziativa ai lavoratori part-time potenzialmente interessati e quindi prendere in considerazione le eventuali domande di trasformazione a tempo parziale degli stessi”;
c) il potere esercitato dall’ente non è arbitrario essendo “ancorato alla presenza oggettiva di esigenze di funzionalità dell’Amministrazione oltreché condizionato dal rispetto dei canoni generali di correttezza e buona fede ex art. 97 Cost.” (v. Corte Cost. n. 224/2013);
d) nel rispetto dei predetti canoni, l’ente ha di conseguenza “l’onere di fornire adeguata risposta alle istanze presentate dai lavoratori part-time, anche se, in ipotesi, negativa”;
e) al fine di evitare che l’esercizio del diritto di cui si discute dia luogo ad abusi, “come regola generale, è necessario che la procedura assunzionale si riferisca all’espletamento di mansioni uguali oppure equivalenti a quelle oggetto del rapporto di lavoro a tempo parziale, sia per ragioni organizzative sia perché questo speciale diritto non deve tradursi in un irragionevole privilegio esercitabile anche per procedure di assunzione relative a posizioni lavorative a tempo pieno non comparabili con quelle svolte dal lavoratore part-time, intendendosi per tali quelle che comportano un inquadramento nello stesso livello in forza dei criteri di classificazione stabiliti dai contratti collettivi di lavoro, differenziandosene solo per l’orario di lavoro” (v. D.LGS. n. 61/ 2000, art. 4, co. 1 e D.LGS. n. 81/2015, art. 7).
In altre parole, “non si deve trattare dell’avvio di una qualunque procedura di assunzione, ma di una procedura di assunzione alla quale, in astratto, il dipendente che chiede la trasformazione abbia i requisiti per partecipare, anche con riferimento alla categoria e al profilo professionale posseduto rispetto a quelli contemplati nella procedura di assunzione”.
In senso analogo, v. Cass. n. 30840/2022 (che cassa con rinvio, App. Venezia 7 gennaio 2016) secondo cui nel pubblico impiego contrattualizzato, il diritto di precedenza alla trasformazione del rapporto da tempo parziale a tempo pieno, previsto dall’art. 3, co. 101, L. n. 244/2007, non è configurato come un diritto assoluto, ma nasce solo a condizione che sia stata avviata dalla P.A. una procedura di assunzione di personale a tempo pieno e che la trasformazione avvenga nel rispetto delle modalità e dei limiti previsti dalle disposizioni vigenti in materia di assunzioni.