Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 06 dicembre 2022, n. 35797

Lavoro, Licenziamento collettivo, Cessione di ramo di azienda, Riassunzione a condizioni peggiorative, Autonomia e la consistenza del ramo di azienda, Inammissibilità

 

Fatti di causa

 

La Corte di appello di Roma con la sentenza n. 3247/2019, nella impugnativa del licenziamento collettivo, aveva respinto il reclamo proposto da A.D., B.F., C.P., D.L., D.G., D.R.A., F.G., F.F., G.D., I.F., L.S., M.S., M.D., M.F., M.L., O.M., P.M., R.M. ,R.S., S.G. T.M., T.S., S.M. avverso la decisione con cui il tribunale aveva escluso la sussistenza delle condizioni per applicazione dell’art. 2112 cc nella vicenda (licenziamento) che gli attuali ricorrenti qualificavano quale retrocessione di ramo di azienda da S. spa ad (…) spa (ADR spa). Precisavano che nel 2012 ADR spa aveva ceduto un ramo di azienda a S. spa cui gli stessi erano adibiti. Nel 2017, la crisi aziendale di S. aveva determinato il licenziamento collettivo in esame, rispetto al quale i lavoratori denunciavano la presenza di una ipotesi di retrocessione aziendale trattandosi del medesimo ramo di azienda ceduto da ADR a S. nel 2012. Precisavano che le attività continuavano ad essere svolte presso ADR da altre altre società , quali M. spa, G.S. srl e T.C. srl, che avevano offerto ai lavoratori di essere nuovamente assunti, ma non in continuità con il pregresso rapporto di lavoro e dunque con condizioni peggiorative. I ricorrenti richiamavano, a prova della presenza di un ramo di azienda la sentenza del tribunale di Civitavecchia, riferita alle vicende del 2012.

La corte territoriale aveva escluso la presenza di uno specifico ramo di azienda ceduto o meglio retroceduto , in assenza di prove circa la sua esistenza (con riferimento agli elementi necessari quali autonomia, consistenza, beni), anche rilevando che, la sentenza del tribunale di Civitavecchia era tutt’ora oggetto di impugnazione, peraltro con posizioni processuali dei lavoratori che negavano la presenza di un ramo di azienda.

La Corte escludeva altresì l’applicabilità nel caso di specie della disciplina dell’art. 2012 c.c., poiché le società subentranti, nella vicenda del cambio appalto, erano dotate di propria autonomia organizzativa e operativa, con elementi di discontinuità rispetto alla precedente impresa. La corte escludeva infine condizioni di frode alla legge nel comportamento di ADR spa, accusata di cercare continuità occupazionale non applicando le tutele del 2112 c.c., sancendo l’inesistenza di motivi illeciti e ritorsivi del licenziamento collettivo, anche rilevando che i ricorrenti erano stati licenziati insieme a tutti i dipendenti di S. spa addetti a Ciampino e Fiumicino , e che agli stessi, come agli altri, era stata offerta la assunzione da parte delle società resistenti che avevano rilevato i servizi 2cui erano in precedenza addetti.

Il giudice di appello escludeva infine la illegittimità del licenziamento per omessa comparazione con gli altri dipendenti S., poiche era stata esplicitata nella lettera di avvio della procedura la limitazione alle unità di Ciampino e Fiumicino, per la diversità delle funzioni ivi svolte in quelle sedi , tali da rendere infungibili le mansioni dei dipendenti rispetto a quelli addetti ad altri siti.

Avverso detta decisione i lavoratori proponevano ricorso con sei motivi, anche coltivati con successiva memoria, cui resistevano con controricorso ADR spa, M. spa, G.I. srl, S.V.I.B. spa ( già S. spa) e , T.I. spa ( subentrata a T. srl).

La Procura Generale concludeva per il rigetto del ricorso.

 

Ragioni della decisione

 

1) Con il primo motivo è dedotta ( ai sensi dell’articolo 360 co.1 n. 4 c.p.c.) la nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell’articolo 132 co.2 n. 4 c.p.c.

2) Con il secondo si censura (ex art. 360 co.1 n. 3 c.p.c.) violazione e falsa applicazione dell’articolo 29 d.lgs n. 276/2003, dell’articolo 2112 c.c. e art. 47 I. n. 428/90 nonché della direttiva CE n.23/2001

Nelle predette censure parte ricorrente si duole della nullità della sentenza e della violazione di legge con riferimento all’autonomia e consistenza del ramo di azienda rispetto alla quale la sentenza impugnata avrebbe rilevato la carenza di prova e di allegazioni da parte dei lavoratori.

I motivi, da trattare insieme, sono inammissibili in quanto nessuna carenza motivazionale è evincibile nella sentenza impugnata. La corte territoriale, infatti, motiva ampiamente le ragioni della propria decisione ponendo in rilievo non soltanto la carenza di precisazioni in fatto circa l’autonomia e la consistenza del ramo di azienda, essendosi, i lavoratori , limitati a richiamare la decisione dl tribunale di Civitavecchia, comunque, allo stato, oggetto di impugnazione, ma anche soffermandosi sulla decisiva circostanza che, seppur nel 2012 si fosse verificata una cessione del ramo di azienda, ciò non poteva determinare automaticamente che il medesimo ramo fosse oggetto di cessione da S. alle attuali resistenti. Il tempo trascorso e la diversità tra le situazioni avrebbe richiesto una specifica allegazione e prova sulla attualità della esistenza di un ramo di azienda, cosiì come correttamente sottolineato dal giudice d’appello.

Deve peraltro soggiungersi che il vizio invocato di violazione di legge in realtà è diretto ad una richiesta sostanziale di nuova valutazione nel merito della vicenda inammissibile in questa sede di legittimità. Questa Corte ha chiarito che “È inammissibile il ricorso per cassazione con cui si deduca, apparentemente, una violazione di norme di legge mirando, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito” (Cass. nn. 8758/017- 18721/2018).

3) Con la terza censura è dedotta ai sensi dell’art. 360 co.1 n.3 c.p.c., la violazione degli articoli 1344, 1345 e 1346 c.c. in relazione all’articolo 2112 c.c. e all’articolo 47 legge 428/90; violazione dell’articolo 3 d.lgs n. 216/ 2003;

4) Il quarto motivo denuncia nullità della sentenza e del procedimento ai sensi dell’art. 360 co.1 n.4 c.p.c.

Anche tali motivi sono inammissibili poiché si assume la nullità della sentenza e la violazione di legge sempre in merito ad un’attività valutativa svolta dalla Corte territoriale con riguardo alla operazione del 2017 che la parte ricorrente assume trattarsi di una retrocessione, anche ritenendo che siano stati posti in essere comportamenti illeciti in frode alla legge e che alla base del licenziamento sia ravvisabile un unico, determinante motivo illecito.

Nella impugnata sentenza il giudice d’appello ha espressamente e motivatamente evidenziato le ragioni di esclusione della denunciata frode alla legge e della insussistenza di motivi illeciti del licenziamento e della mancata riassunzione. La Corte ha spiegato che il licenziamento in esame aveva riguardato tutti gli addetti impiegati nella commessa presso l’aeroporto per cessazione dell’attività di S. e in una situazione di discontinuità rispetto a condizioni in precedenza, in assenza della configurabilità di un ramo di azienda. Si tratta di evidente valutazione di merito rispetto ai fatti presenti in giudizio, non riesaminabile in sede di legittimità, in cui la corte d’appello ha espressamente escluso ipotesi , in concreto , di frode alla legge, di motivi illeciti e di ragioni discriminatorie.

5) Il quinto motivo denuncia (ex art. 360 co.1 n.3 c.p.c.), violazione dell’articolo 5, co.1 e 3 nonché articolo 4 co.9 legge 223/91.

6) L’ultima censura denuncia (ex art.360 co.1 n. 4 ) c.p.c., nullità della sentenza e del procedimento.

Con entrambi i motivi, sotto differente profilo, si assume la nullità della sentenza per aver rigettato la domanda subordinata proposta in ragione della mancata comparazione dei lavoratori licenziati rispetto al complesso aziendale. La Corte territoriale ha spiegato che sin dall’avvio della procedura di licenziamento collettivo era stata chiarita dalla S. la ragione della impossibilità di utilizzare i lavoratori in altro contesto aziendale, attesa la peculiarità delle mansioni svolte solo presso le sedi di Ciampino e Fiumicino (specifici servizi in ambito areoportuale). Nelle ulteriori sedi in cui S. era impegnata erano invece svolte attività destinate ad occuparsi della conduzione di impianti tecnologici e produttivi per conto del gruppo L..

Tali circostanze rendevano pertanto non comparabili le funzioni e infungibili le mansioni degli attuali ricorrenti.

Siffatte circostanze fattuali sono state valutate dal giudice d’appello coerenti e conformi con i principi espressi a riguardo dal giudice di legittimità ( Cass.n. 22178/2018). Questa Corte ha infatti chiarito che “in tema di licenziamento collettivo per riduzione di personale, qualora il progetto di ristrutturazione si riferisca in modo esclusivo ad un’unità produttiva, le esigenze di cui all’art. 5, comma 1, della I. n. 223 del 1991, riferite al complesso aziendale, possono costituire criterio esclusivo nella determinazione della platea dei lavoratori da licenziare, purché il datore indichi nella comunicazione ex art. 4, comma 3, della I. n. 223 citata, sia le ragioni che limitino i licenziamenti ai dipendenti dell’unità o settore in questione, sia le ragioni per cui non ritenga di ovviarvi con il trasferimento ad unità produttive vicine, ciò al fine di consentire alle organizzazioni sindacali di verificare l’effettiva necessità dei programmati licenziamenti” .

Anche in tale caso la corte di appello ha espresso, sulla base dei riscontri fattuali, un giudizio di merito coerente con i principi sopra riportati e non censurabile in questa sede di legittimità.

Il ricorso è, pertanto, inammissibile.

Le spese seguono il principio di soccombenza.

Si dà atto, ai sensi dell’art. 13 comma quater del d.p.r. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, ove dovuto.

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese liquidate, in favore di ciascun controricorrente, nella somma di E. 3.000,00, per compensi ed E. 200,00 per spese oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13 comma quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, ove dovuto.

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