Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 17 dicembre 2022, n. 36942
Lavoro, TFR, Fallimento, Intervento del Fondo di garanzia INPS, Decreto ingiuntivo nei confronti di società di persone e dei singoli soci illimitatamente responsabili, Giudicato sostanziale nei confronti del socio che non abbia proposto tempestiva opposizione, Preclusione pro iudicato, Accoglimento
Fatti di causa
1.- Il Tribunale di Novara ha ingiunto ai signori A.M.N. e P.B., obbligati in solido in qualità di soci della fallita società M. s.n.c. di N. R. e C., di pagare all’INPS la somma di Euro 9.306,97. L’importo indicato corrisponde al trattamento di fine rapporto che il Fondo di garanzia gestito dall’INPS ha anticipato a tre dipendenti della società fallita.
A.M.N. ha proposto opposizione contro il decreto ingiuntivo.
L’opponente ha chiesto l’autorizzazione a chiamare in causa i soci P.B. e R. N., allo scopo di esercitare l’azione di regresso nell’ipotesi di accoglimento delle pretese dell’Istituto, e ha eccepito la prescrizione quinquennale di tali pretese, in quanto azionate a distanza di oltre cinque anni dalla chiusura del fallimento.
Il Tribunale di Novara, dopo aver autorizzato la chiamata in causa di P.B., rimasto contumace, e di R. N., ha respinto l’opposizione e ha confermato il decreto ingiuntivo opposto, che ha dichiarato esecutivo al momento del passaggio in giudicato della sentenza.
Il Tribunale ha respinto, inoltre, la domanda di regresso formulata da A.M.N. nei confronti di R. N. e ha dichiarato inammissibile la domanda di revoca del decreto ingiuntivo, proposta da R. N..
Il giudice dell’opposizione ha condannato, infine, P.B. a corrispondere ad A.M.N. il 45% dell’importo ingiunto, oltre agl’interessi e alle spese, «condizionatamente al pagamento dello stesso, per intero, da parte di quest’ultima all’INPS».
Quanto al riparto delle spese dell’opposizione, il giudice di primo grado le ha compensate per intero nel rapporto processuale tra A.M.N. e l’INPS, tra A.M.N. e R. N., tra A.M.N. e P.B., tra R. N. e l’INPS.
Il Tribunale di Novara ha disatteso l’eccezione di prescrizione, che l’opponente ha formulato in riferimento all’art. 2949 cod. civ., al fine di contestare il credito dell’INPS. La previsione invocata, difatti, non concerne i diritti che i creditori insoddisfatti vantino verso i soci, dopo la cancellazione della società dal registro delle imprese, ma soltanto i diritti derivanti dai rapporti che si instaurano tra i soci in relazione al contratto di società. Né si può applicare d’ufficio un tipo di prescrizione che la parte non abbia eccepito.
2.- La pronuncia è stata impugnata da A.M.N..
2.1.- L’appellante ha dedotto di avere indicato, per mero lapsus calami, l’art. 2949 cod. civ., in luogo dell’art. 2948 cod. civ., che rispecchia il contenuto sostanziale delle argomentazioni illustrate.
2.2.- La Corte d’appello di Torino, in contraddittorio con l’INPS e nella contumacia di P.B. e R. N., ha accolto il gravame e ha revocato il decreto ingiuntivo, con sentenza pronunciata il 28 settembre 2017 e pubblicata il 30 novembre 2017 con il numero 814 del 2017.
A fondamento della decisione, la Corte territoriale ha argomentato che:
a) l’appellante ha allegato l’inerzia del titolare del diritto e ha manifestato la volontà di profittare dell’effetto estintivo: il debitore che eccepisca la prescrizione non è tenuto a specificarne il tipo legale e la durata, in quanto l’individuazione della disciplina applicabile è una quaestio iuris, che spetta al giudice risolvere;
b) il fallimento della società M. s.n.c. è stato chiuso il 21 aprile 2006 e l’INPS ha fatto valere il credito solo il 3 dicembre 2012, con la notifica del decreto ingiuntivo opposto, allorché era già inutilmente decorso il termine quinquennale di prescrizione che l’art. 2948, n. 5, cod. civ. sancisce per le indennità spettanti in conseguenza della cessazione del rapporto di lavoro;
c) non trova applicazione il termine decennale invocato dall’INPS, in quanto la surrogazione legale modifica il rapporto obbligatorio dal punto di vista soggettivo, senza mutare la natura originaria del credito e la disciplina legale della prescrizione, che è pur sempre quella prevista dall’art. 2948, n. 5, cod. civ.;
d) a norma dell’art. 1310 cod. civ., la prescrizione giova anche agli altri soci illimitatamente responsabili, condebitori in solido: in materia di obbligazioni solidali, «gli effetti delle vicende che riguardano uno dei più rapporti obbligatori dal lato debitorio o creditorio si estendono agli altri rapporti debitori o creditori solo se favorevoli»;
e) l’INPS è condannato a rifondere le spese di entrambi i gradi di giudizio ad A.M.N., in applicazione del principio generale di soccombenza (art. 91 cod. proc. civ.).
3.- L’INPS, con ricorso notificato il 25 gennaio 2018 e affidato a un unico motivo, impugna per cassazione la citata sentenza della Corte d’appello di Torino.
4.- P.B., A.M.N. e R. N., benché ritualmente intimati, non hanno svolto in questa sede attività difensiva.
5.- Fissata alla pubblica udienza del 27 settemb1re 2022, la causa è stata trattata in camera di consiglio, senza l’intervento del Procuratore Generale e dei difensori delle parti, in quanto nessuno degl’interessati ha formulato istanza di discussione orale (art. 23, comma 8-bis, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, inserito dalla legge di conversione 18 dicembre 2020, n. 176, e prorogato fino al 31 dicembre 2022 dall’art. 16, comma 1, del decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 228, convertito, con modificazioni, nella legge 25 febbraio 2022, n. 15).
5.1.- Il Pubblico Ministero ha chiesto di accogliere il ricorso, sulla scorta dei principi enunciati da Cass., sez. III, 26 luglio 2016, n. 15376: l’accoglimento dell’opposizione avanzata dalla società o da un altro socio non scalfisce l’autorità di giudicato sostanziale che il decreto ingiuntivo acquista nei confronti del socio che non abbia proposto una tempestiva opposizione.
5.2.- In prossimità dell’udienza, l’INPS ha depositato memoria illustrativa, allo scopo di ribadire le conclusioni già rassegnate.
Ragioni della decisione
1.- Il ricorso si articola in un unico motivo.
L’INPS, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., denuncia violazione degli artt. 645 e 647 cod. proc. civ. e dell’art. 1310 cod. civ., con riferimento all’art. 2, comma 7, della legge 29 maggio 1982, n. 297.
La sentenza impugnata avrebbe errato nel revocare il decreto ingiuntivo anche nei confronti di P.B., coobbligato in solido che non ha proposto opposizione e non si può giovare, pertanto, dell’accoglimento dell’opposizione instaurata dalla società o da un altro socio (art. 1306 cod. civ.): nei suoi confronti, difatti, il decreto ingiuntivo avrebbe acquistato autorità di giudicato sostanziale.
2.- Il ricorso è fondato.
3.- Dalla sentenza impugnata (pagina 2), emerge che l’INPS ha chiesto e ottenuto un decreto ingiuntivo, per l’importo di Euro 9.306,97, nei confronti di A.M.N. e di P.B., obbligati in solido, e che la sola A.M.N. ha proposto tempestiva opposizione.
Respinta in primo grado, l’opposizione è stata accolta in fase di gravame alla luce dell’intervenuta prescrizione quinquennale del credito dell’Istituto.
La Corte d’appello di Torino ha revocato il decreto ingiuntivo opposto anche nei confronti del socio P.B., debitore in solido, chiamato in causa dall’opponente A.M.N. e rimasto contumace in entrambi i gradi di merito.
Il giudice d’appello ha fatto applicazione dell’art. 1310 cod. civ. e ha così ricostruito la ratio che contraddistingue la regola richiamata: «gli effetti delle vicende che riguardano uno dei più rapporti obbligatori dal lato debitorio o creditorio si estendono agli altri rapporti debitori o creditori solo se favorevoli» (pagina 11 della sentenza impugnata).
4.- Le censure dell’INPS si appuntano sull’estensione a P.B. della revoca del provvedimento monitorio e colgono nel segno.
Come evidenzia anche il Pubblico Ministero nelle conclusioni motivate (pagina 2), richiamate dalla parte ricorrente nella memoria illustrativa, il decreto ingiuntivo, richiesto e ottenuto nei confronti d’una società di persone e dei singoli soci illimitatamente responsabili, acquista autorità di giudicato sostanziale nei confronti del socio che non abbia proposto tempestiva opposizione. Tale autorità non è scalfita dall’eventuale accoglimento dell’opposizione instaurata dalla società o da un altro socio (Cass., sez. III, 26 luglio 2016, n. 15376; nei medesimi termini, già Cass., sez. III, 20 maggio 2003, n. 7881).
In virtù dell’autonomia e della scindibilità dei singoli rapporti, che caratterizza le obbligazioni solidali (Cass., sez. II, 13 maggio 2008, n. 11867), ciascun socio di una società di persone ha l’onere di proporre opposizione contro il decreto ingiuntivo, allo scopo di evitare che il provvedimento monitorio diventi definitivo.
Né si potrebbe invocare, in senso contrario, l’art. 1306, secondo comma, cod. civ., che consente a un debitore in solido di opporre al creditore la sentenza pronunciata tra il creditore e un altro dei debitori in solido, quando non sia fondata sopra ragioni personali al debitore.
Anzitutto, il giudice non potrebbe estendere d’ufficio agli altri coobbligati che non abbiano dichiarato di avvalersene l’efficacia favorevole della sentenza pronunciata tra il creditore e un altro debitore in solido (Cass., sez. I, 5 aprile 1996, n. 3201).
L’estensione degli effetti favorevoli presuppone, inoltre, che la sentenza sia stata resa in giudizio cui il debitore in solido sia rimasto estraneo (Cass., sez. II, 29 gennaio 2007, n. 1779). Tale condizione non si riscontra nel caso di specie, che vede P.B. come parte del giudizio, in quanto chiamato in causa da A.M.N. in vista di un’eventuale azione di regresso.
Della facoltà accordata dall’art. 1306, secondo comma, cod. civ., anche a voler superare tali ostacoli preliminari, non si potrebbe comunque giovare chi sia vincolato da un giudicato che si è formato direttamente nei suoi riguardi (Cass., sez. II, 6 novembre 2015, n. 22696).
A diverse conclusioni non conduce neppure il richiamo all’art. 1310 cod. civ., che disciplina, con riguardo alle obbligazioni solidali, il diverso profilo dell’efficacia degli atti interruttivi della prescrizione, della sospensione della prescrizione e della rinuncia alla stessa, senza incidere sulla preclusione pro iudicato che scaturisce dalla mancata opposizione contro il decreto ingiuntivo.
5.- La sentenza impugnata, nel revocare il decreto ingiuntivo anche nei confronti del coobbligato solidale che non aveva proposto opposizione, non si è conformata ai principi indicati e dev’essere, pertanto, cassata.
La causa dev’essere rinviata alla Corte d’appello di Torino, in diversa composizione, che dovrà attenersi al seguente principio di diritto (art. 384, secondo comma, cod. proc. civ.): «Il decreto ingiuntivo, emesso nei confronti dei soci di una società di persone, obbligati in solido, acquista autorità di giudicato sostanziale nei confronti del debitore che non abbia proposto tempestiva opposizione e tale autorità non viene meno per effetto dell’accoglimento dell’opposizione proposta da un altro coobbligato. La facoltà attribuita dall’art. 1306, secondo comma, cod. civ. presuppone un’espressa dichiarazione dell’altro condebitore, estraneo al giudizio, di avvalersi degli effetti favorevoli della sentenza intervenuta tra il creditore e uno dei debitori in solido e non può giovare al condebitore vincolato da un giudicato che si sia formato direttamente nei suoi riguardi, in virtù della mancata opposizione contro il decreto ingiuntivo».
Al giudice del rinvio è rimessa anche la pronuncia sulle spese del presente giudizio, a norma dell’art. 385, terzo comma, cod. proc. civ.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio, alla Corte d’appello di Torino in diversa composizione.