Nella nozione di “spazi” deputati alle comunicazioni sindacali va compreso lo strumento della posta elettronica.
Nota a Cass. 5 dicembre 2022, n. 35643
Maria Novella Bettini
La distribuzione di comunicati di contenuto sindacale all’interno dei luoghi di lavoro (c.d. volantinaggio) può essere effettuata tramite posta elettronica e, in assenza di canali dedicati alle sole comunicazioni sindacali, è legittimo l’utilizzo della posta aziendale anche per comunicazioni sindacali che non arrechino pregiudizio all’azienda.
Lo afferma la Corte di Cassazione 5 dicembre 2022, n. 35643 precisando che il cosiddetto volantinaggio, “in quanto assimilabile all’attività di proselitismo, incontra il limite previsto dall’art. 26, co. 1, Stat. Lavoratori, sicché è da ritenersi consentita soltanto se effettuata senza pregiudizio del normale svolgimento dell’attività aziendale”.
Sicché, anche se non sussiste alcun divieto di svolgere tale attività durante l’orario di lavoro, è necessario che: a) la stessa sia compiuta da lavoratori in regolare permesso (quali i dirigenti della R.S.A.); b) “per le modalità e le cautele in concreto adottate ed avuto riguardo alle caratteristiche organizzative dell’impresa e del tipo di lavoro cui siano addetti i destinatari della distribuzione dei volantini, risulti di fatto non pregiudicato l’ordinario svolgimento della vita aziendale, sotto il normale profilo funzionale e produttivo” (v. Cass. n. 5089/1986).
Nella fattispecie sottoposta al giudizio della Cassazione, i giudici hanno considerato che: 1) l’attività oggetto di contestazione era riferibile ad una realtà aziendale organizzata su turni di lavoro strutturati in un arco temporale di 24 ore, per cui “non poteva configurarsi un tempo comune di pausa dei lavoratori, tale da consentire un momento diverso di invio delle comunicazioni che evitasse l’orario di lavoro”; 2) e che la stessa società utilizzava la medesima casella di posta per comunicazioni ai propri dipendenti. Di conseguenza, in assenza di pregiudizio effettivo all’attività aziendale, ha “escluso l’inibizione a priori della modalità comunicativa in questione”, confermando la condanna per comportamento antisindacale della società che aveva sanzionato un RSU per aver inviato comunicazioni sindacali via mail ai colleghi.
Parallelamente, la Corte ha rilevato che l’art. 25 Stat. Lav. (“le rappresentanze sindacali aziendali hanno diritto di affiggere, su appositi spazi, che il datore di lavoro ha l’obbligo di predisporre in luoghi accessibili a tutti i lavoratori all’interno dell’unità produttiva, pubblicazioni, testi e comunicati inerenti a materie di interesse sindacale e del lavoro”) introduce “una delle forme attraverso cui garantire lo svolgimento dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro” e che “l’evolversi delle modalità di comunicazione telematica e la maggiore efficacia realizzata attraverso il raggiungimento dei singoli lavoratori per mezzo della personale casella di posta elettronica, non può non essere considerata un aggiornamento necessario della modalità di trasmissione delle notizie, posta a garanzia della reale efficacia dell’attività di sindacale”.
In quest’ottica, in assenza di canali dedicati alle sole comunicazioni sindacali, è ammissibile “l’utilizzo della posta aziendale anche per comunicazioni sindacali che non creino pregiudizio all’azienda”. In altri termini, il datore di lavoro è legittimato a predisporre (con soluzioni tecniche a suo carico) un canale di comunicazione dedicato alle sole informazioni sindacali, in attuazione dell’obbligo di apprestare “appositi spazi”, come richiesto dall’art. 25 Stat. Lav. Ciò, al fine di evitare, “soprattutto in contesti aziendali di grandi dimensioni, l’eccessivo affollamento della casella di posta aziendale, ove questo determini pregiudizio all’ordinario svolgimento della vita aziendale, sotto il normale profilo funzionale e produttivo” (Cass. n. 5089/1986, cit.).