Il divieto di cumulo di quota 100 coi redditi di lavoro dipendente e autonomo è costituzionalmente legittimo. La Corte Costituzionale puntualizza la differenza fra lavoro intermittente e occasionale.
Nota a Corte Cost. 24 novembre 2022 n. 234
Francesca Fedele
La Corte Costituzionale ha giudicato infondata la questione relativa al ricorso da parte di un titolare di pensione anticipata a “quota cento” che aveva svolto successivamente attività di lavoro intermittente, al quale l’INPS aveva chiesto la ripetizione dei ratei di pensione già corrisposti in violazione del divieto di cumulo della pensione con redditi di lavoro dipendente o autonomo, di cui all’art. 14, co.3, D.L. n. 4/2019.
Ciò: a) ritenendo ragionevole la previsione che colui che fruisce del regime anticipato esca poi dal mercato del lavoro, sia per la sostenibilità del sistema previdenziale che per favorire il ricambio generazionale; b) respingendo la pretesa mancata giustificazione della diversità di trattamento tra redditi di lavoro dipendente o autonomo e redditi di lavoro occasionale, i quali sono esonerati dal divieto del cumulo fino all’importo di 5.000 euro annui; c) rilevando, circa la differenza di trattamento del lavoro occasionale rispetto a quello intermittente, che trattasi di due situazioni non omogenee, per cui non ha senso il raffronto tra le stesse ai fini indicati.
Infatti, come specifica la Corte, il lavoro intermittente rientra nella categoria del lavoro flessibile (v. gli 13 a 18, DLgs. n. 81/2015) 15 giugno 2015, n. 81) che – in mancanza di una regolamentazione tradizionale dell’orario di lavoro, soprattutto nei settori produttivi in cui l’offerta di occupazione non è costante e non ha cadenze regolari -, è disciplinato dal legislatore anche allo scopo di non ostacolare le scelte organizzative del datore di lavoro, garantendo al contempo la tutela della dignità del lavoratore, che si sostanzia, tra l’altro, nella compatibilità fra tempi di lavoro e vita privata”.
In particolare, la disposizione che consente al lavoratore di non obbligarsi a rispondere alla chiamata del datore di lavoro (art. 13, DLGS. cit.), come nella fattispecie oggetto del giudizio principale, “si differenzia da quella in cui è prevista la corresponsione di un’indennità, commisurata alla retribuzione, che compensa i tempi di attesa di quanti optano per una disponibilità costante” (art. 16, DLGS. cit.).
Ambedue le prestazioni rispondono ad esigenze organizzative del datore di lavoro, ma, l’eterodirezione è del tutto assente nel lavoro autonomo occasionale caratterizzato da una prestazione non abituale, sottratta a qualunque vincolo di subordinazione in quanto costituisce un’area residuale del lavoro autonomo, riconducibile alla definizione di cui all’art. 2222 c.c.
Trattandosi di forme di lavoro differenti, risulta diversificate anche la disciplina del divieto di cumulo: nel lavoro intermittente subordinato vi è l’obbligo di contribuzione, diversamente da quanto accade per il lavoro autonomo occasionale autonomo produttivo di redditi entro la soglia massima dei 5.000 euro lordi annui (art. 44, comma 2, del d.l. n. 269 del 2003, come convertito). In tale ipotesi, infatti, il lavoratore autonomo occasionale percettore di redditi entro la soglia indicata non è tenuto a iscriversi alla Gestione separata di cui all’art. 2, co. 26, L. n. 335/1995, e quei redditi, non sono soggetti a prelievo previdenziale (ex art. 44, co. 2, DL. n. 269/2003; v. anche Corte Cost. n. 104 del 2022).
Di conseguenza, va esclusa la illegittimità costituzionale del “difforme trattamento riservato, ai fini del divieto di cumulo con la pensione anticipata a “quota 100”, ai redditi da esse derivanti. L’assenza di omogeneità fra le prestazioni di lavoro qui esaminate porta alla conclusione che non è violato il principio di eguaglianza” (v., fra tante, Corte Cost. n. 127/2020, n. 32/2018, n. 241/ 201; e n. 346 del 2004).