Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 16 dicembre 2022, n. 36948
Lavoro, Invalidità, Beneficio della maggiorazione della pensione per attribuzione di contributi figurativi connessi allo stato d’invalidità, Accertamento tecnico preventivo per il riconoscimento della condizione di portatore di handicap grave, Legittimazione, Rigetto
Rilevato che
il Tribunale di Ancona, in sede di giudizio di opposizione ad accertamento tecnico preventivo, ha dichiarato S.S. invalida con riduzione permanente della capacità lavorativa superiore al 74%, riconoscendo alla stessa il diritto alla fruizione del beneficio della maggiorazione della pensione per attribuzione di contributi figurativi (due mesi) connessi allo stato d’invalidità ex art. 80, co.3 I. n. 388 del 2000, dalla data del 10.2.2018, successiva rispetto a quella di presentazione della domanda amministrativa (26.06.2017);
ha quindi condannato l’INPS a rifondere la metà delle spese di lite, attesa la reciproca soccombenza dovuta alla diversa data di riconoscimento del diritto;
il Tribunale ha basato il proprio convincimento sul presupposto che l’ampia dizione dell’art. 445 bis comma 6 cod. proc. civ. non possa far ritenere esclusa dal procedimento de quo l’ipotesi in cui l’accertamento della condizione invalidante sia finalizzata all’ottenimento del beneficio previdenziale di cui all’art. 80 della I. n.388 del 2000;
la Corte territoriale ha inoltre affermato la legittimazione passiva dell’INPS nel giudizio de quo, attesa l’esclusività della propria partecipazione, quale parte resistente in tutti i procedimenti giurisdizionali che abbiano ad oggetto prestazioni che promanano direttamente dallo stato d’invalidità o che vi risultino omogenee;
infine, il Tribunale ha affermato che dalla domanda amministrativa presentata dalla ricorrente, versata in atti, non residuavano dubbi circa la natura della prestazione richiesta, e che l’istituto previdenziale, lungi dall’aver contestato il diritto dell’istante ad ottenerne il riconoscimento, si era doluto unicamente dell’assenza di deposito in via telematica della domanda;
la cassazione della sentenza è domandata dall’INPS sulla base di tre motivi;
S.S. ha depositato tempestivo controricorso;
la Sezione Sesta di questa Corte di Cassazione ha emesso ordinanza interlocutoria n. 10075 del 2022 con cui ha rimesso la causa alla Quarta Sezione, non sussistendo le condizioni per decidere la controversia secondo il rito adottato.
Considerato che
col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, co.1, n.3 cod.proc.civ., l’istituto ricorrente contesta “Violazione e falsa applicazione dell’art. 80, comma III, della legge 23.12.2000 n. 388, dell’art. 8 della legge n. 533/1973, dell’art. 100 c.p.c.”;
si duole che il Tribunale abbia riconosciuto il beneficio in difetto della presentazione di una domanda amministrativa specificamente rivolta all’ottenimento della contribuzione figurativa, ed asserisce che la statuizione di condanna non potesse essere formulata in una sede processuale finalizzata al solo accertamento preventivo dello stato d’invalidità;
col secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, co.1, n.3 cod.proc.civ., denuncia “Violazione e falsa applicazione degli artt. 91-92-113-116 c.p.c., dell’art. 152 disp.att.cod.proc.civ., dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 445 bis c.p.c.”, per avere, il Tribunale, posto a carico dell’INPS le spese del giudizio, sebbene nessuna prestazione fosse da riconoscersi in capo a S.S.;
col terzo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, co.1, n.3 cod.proc.civ., deduce “Violazione e falsa applicazione degli artt. 101 e 102 c.p.c., dell’art.10 del d.l. 30.9.2005 n. 203, convertito, con modificazioni, nella legge 2 dicembre 2005 n. 248, dell’art.3, co.3, della legge n.104/1992”, per avere, il Tribunale, trascurato che la legittimazione passiva non sarebbe appartenuta all’Inps (che nessuna prestazione è tenuto ad erogare) ma sarebbe stata a carico, tutt’al più, dei diversi soggetti legittimati a riconoscere i benefici derivanti dalla riconosciuta invalidità;
il primo motivo e il terzo motivo, da esaminarsi congiuntamente per connessione, sono infondati;
risulta acclarato in giudizio che l’istante avesse domandato all’INPS l’attribuzione del beneficio di cui all’art. 80 della I. n. 388 del 2000, rubricato “Disposizioni in materia di Politiche Sociali”, il quale, al co.3, stabilisce che “A decorrere dall’anno 2002, ai lavoratori sordomuti di cui all’articolo 1 della legge 26 maggio 1970, n. 381, nonché agli invalidi per qualsiasi causa, ai quali è stata riconosciuta un’invalidità superiore al 74 per cento o ascritta alle prime quattro categorie della tabella A allegata al testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915, come sostituita dalla tabella A allegata al decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1981, n. 834, e successive modificazioni, è riconosciuto, a loro richiesta, per ogni anno di servizio presso pubbliche amministrazioni o aziende private ‘ovvero cooperative, effettivamente svolto, il beneficio di due mesi di contribuzione figurativa utile ai soli fini del diritto alla pensione e dell’anzianità contributiva; il beneficio è riconosciuto fino al limite massimo di cinque anni di contribuzione figurativa”;
l’Inps contesta il ricorso alla procedura per ATPO ex art. 445 bis cod. proc. civ. sostenendo che, l’azione diretta al riconoscimento della contribuzione figurativa sul trattamento pensionistico d’invalidità avrebbe dovuto seguire la via ordinaria, ed essere quindi proposta ai sensi dell’art. 442 cod. proc. civ., non avendo la parte attrice un interesse attuale ad agire al fine di ottenere una pronuncia di mero accertamento che abbia ad oggetto un fatto costituente uno solo dei presupposti del diritto che intende far valere;
questa Corte si è già pronunciata sulla problematica della sussistenza dell’interesse ad agire in capo ad un soggetto che proponga azione di accertamento tecnico preventivo ex art. 445 bis cod. proc. civ. – nella specie per il riconoscimento della condizione di portatore di handicap grave, di cui all’art. 3, comma 3, della I. n. 104 del 1992 – indipendentemente dalla specificazione di un determinato beneficio; con la decisione in parola questa Corte ha optato per la soluzione affermativa, sul presupposto che lo status di portatore di handicap grave assume di per sé pieno rilievo giuridico, essendo tutelato dall’ordinamento in funzione del successivo riconoscimento di molteplici misure finalizzate a rimuovere le singole situazioni di discriminazione dallo stesso generate (Cass. n. 24953 del 2021);
in altri termini, questa Corte ha riconosciuto che l’istanza rivolta al mero riconoscimento dello stato psico – fisico di portatore di handicap grave – in concreto negato dal soggetto che istituzionalmente ha il potere di accertarlo – non richiede nessun’altra indicazione, al fine di integrare l’interesse ad attivare il procedimento di cui all’art. 445 bis cod. proc. civ.;
intendendo confermare la linea interpretativa stabilita da questo recente arresto, a maggior ragione, dunque, dovrà ritenersi la correttezza dell’operato del difensore dell’odierna controricorrente, il quale ha avviato la causa nella sede processuale dell’ accertamento tecnico preventivo per sentir accertare lo stato d’invalidità nella prospettiva del riconoscimento di una specifica provvidenza;
nessun contrasto è dato ravvisare con quella giurisprudenza di legittimità la quale, nello statuire l’inammissibilità di una domanda di accertamento dell’esistenza di un grado di invalidità finalizzata a fruire di prestazioni previdenziali o assistenziali, ha negato la proponibilità di azioni autonome di mero accertamento di fatti giuridicamente rilevanti che costituiscano solo elementi frazionistici della fattispecie costitutiva di un diritto, la quale può formare oggetto di accertamento giudiziario solo nella funzione genetica del diritto azionato e, quindi, nella sua interezza (Cass. n. 22 del 2019; Cass. n. 9013 del 2016);
nel caso che ci occupa, il riconoscimento dello stato d’invalidità in misura superiore al 74% non costituisce invero una frazione del diritto che intende farsi valere, ma rappresenta il presupposto affinché la richiedente possa usufruire del bonus contributivo una volta raggiunto il requisito anagrafico per la pensione e, pertanto, costituisce un accertamento immediatamente produttivo di effetti giuridici nei cui riguardi la ricorrente ha un interesse attuale;
quanto alla legittimazione esclusiva dell’INPS a resistere in giudizio, oggetto di contestazione da parte dell’Istituto, va richiamato il recente orientamento di questa Corte, che, sulla scorta di un’interpretazione delle norme di legge che hanno affrontato la questione (segnatamente dell’art. 20 del d.l. n. 78 del 2009), ha chiarito che in tema di controversie assistenziali, nel procedimento di accertamento tecnico preventivo ex art. 445 bis cod. proc. civ., il legislatore ha inteso trasferire definitivamente all’INPS, in via esclusiva, sia la responsabilità ultima degli accertamenti sanitari in materia di invalidità civile, sordità civile, handicap e disabilità, sia la legittimazione esclusiva a resistere alle domande aventi ad oggetto lo “status” di invalidità non riconosciuto in sede amministrativa (cfr., da ultimo, Cass. n. 20862 del 2022);
in conseguenza dell’infondatezza degli altri due motivi discende altresì l’infondatezza del secondo motivo di ricorso, in tema di spese di lite;
in definitiva, il ricorso va rigettato; le spese del giudizio di legittimità sono compensate per il consolidarsi, in tempi recenti, dell’orientamento di questa Corte;
in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Compensa le spese.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art.1, comma 17 della I. n.228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.