Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 20 dicembre 2022, n. 48215

Infortunio sul lavoro, Responsabilità del datore di lavoro, Documento di valutazione dei rischi, Vantaggio economico tratto dall’ente dal fatto criminoso, Riduzione della sanzione pecuniaria in misura fissa, Annullamento con rinvio

 

Ritenuto in fatto

 

1. Con sentenza del 21 ottobre 2020 la Corte di appello di Bologna ha confermato la pronuncia del Tribunale di Modena del 13 maggio 2016 con cui la T.C.Z. s.r.l. – considerata la riduzione ex art. 12, commi 2 e 3, d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, nonché quella prevista per la scelta del rito – era stata condannata alla sanzione amministrativa pecuniaria di 75 quote, dell’importo di euro 300,00 ciascuna, nella ritenuta violazione degli artt. 5, 6 e 25-septies d.lgs. n. 231 del 2001, quale responsabile, in persona del suo legale rappresentante, del reato di cui all’art. 590, commi 1 e 2, cod. pen.

1.1. Nella specie, infatti, era stata riconosciuta la responsabilità del datore di lavoro per l’infortunio occorso al dipendente C.F., inavvertitamente investito da un carrello elevatore guidato da un altro lavoratore mentre stava procedendo in retromarcia, con conseguente causazione al C. di lesioni personali giudicate guaribili in 55 giorni.

La responsabilità dell’ente era stata, in particolare, individuata per il fatto di non aver provveduto ad evidenziare – come invece previsto dal documento di valutazione dei rischi – specifiche vie di circolazione dei carrelli e dei pedoni, così realizzando una violazione cautelare a proprio vantaggio e interesse, derivante dal risparmio di spesa conseguente all’omessa realizzazione della segnaletica dipinta a pavimento.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la T.C.Z. s.r.I., in persona del suo legale rappresentante, deducendo due motivi di censura.

Con il primo è stata eccepita mancanza, apparenza e contraddittorietà della motivazione, lamentandosi l’erroneità con cui il giudice di appello avrebbe configurato la sussistenza di un vantaggio o di un interesse da parte dell’ente, conseguente al reato, invece da ritenersi del tutto insussistente, atteso che le omesse spese per la realizzazione della segnaletica e per l’individuazione dei percorsi destinati a pedoni e veicoli si sostanzierebbero, in realtà, in una cifra praticamente irrisoria, corrispondente a poche centinaia di euro. Si trattava, tra l’altro, di un’opera già prevista e programmata da parte della società, per cui, al più, non si sarebbe trattato di un vantaggio conseguente ad un’omessa spesa, bensì solo di un ritardo nella sua realizzazione.

Con la seconda doglianza è stata eccepita contraddittorietà e carenza della motivazione con cui la Corte di appello avrebbe erroneamente rigettato l’invocata applicazione della riduzione della sanzione pecuniaria in misura fissa, ai sensi del combinato disposto degli artt. 11, comma 3, e 12, comma 1, d.lgs. n. 231 del 2001, nella ritenuta sussistenza della circostanza per cui «l’ente non ne ha ricevuto vantaggio o ne ha ricavato un vantaggio minimo».

3. Il Procuratore generale ha rassegnato conclusioni scritte, con cui ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente alla mancata applicazione dell’art. 11 d.lgs. n. 231 del 2021, nel resto invocando la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

4. Il difensore ha depositato successiva memoria, con cui ha insistito per l’accoglimento del ricorso.

 

Considerato in diritto

 

1. Il Collegio rileva la fondatezza del secondo motivo di ricorso, con conseguente pronuncia dell’annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente al punto relativo alla determinazione della sanzione.

2. Manifestamente infondata, invece, è la prima doglianza, con cui l’ente ricorrente ha lamentato l’erroneità della valutazione con cui la Corte di appello ha ritenuto la sussistenza dell’avvenuto conseguimento, da parte della T.C.Z. s.r.I., di un vantaggio o di un interesse conseguente al reato, da identificarsi nelle omesse spese per la realizzazione della segnaletica dipinta a pavimento e per l’individuazione dei percorsi destinati a pedoni e veicoli, sul presupposto che – in ragione di quanto dedotto dalla difesa – si sarebbe trattato di una cifra sostanzialmente irrisoria, quantificabile in poche centinaia di euro.

Tale censura, nella sostanza, si appalesa come finalizzata ad ottenere solo una rivalutazione del materiale probatorio raccolto, il che, avuto riguardo alla coerenza ed alla logicità della motivazione espressa, fa ritenere la stessa certamente non fondata.

Il ricorrente, cioè, ha di fatto prospettato una non consentita lettura alternativa della valutazione operata in sede di merito, il cui esame è, tuttavia, precluso a questo giudice di legittimità, che non può procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e ad un’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (cfr., fra i molteplici arresti in tal senso: Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601-01; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482-01; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, De Vita, Rv. 235507-01).

D’altro canto, la deduzione difensiva per cui si sarebbe trattato solamente di un ritardo nella realizzazione della segnaletica, piuttosto che di un’omissione definitiva, rappresenta solo un dato fattuale irrilevante rispetto alla configurazione della fattispecie, posto che il criterio di imputazione dell’«interesse» ricorre anche solo quando l’autore del reato abbia violato la normativa cautelare con il consapevole intento di conseguire un risparmio di spesa per l’ente, indipendentemente dal suo effettivo raggiungimento – invece integrante il diverso criterio del «vantaggio» -.

3. Viceversa fondato è, come detto, il secondo motivo di ricorso, dovendosi ravvisare nel provvedimento impugnato il vizio motivazionale dedotto da parte del ricorrente.

Con riferimento alla valutazione del secondo motivo di appello – coincidente con quello oggetto del presente esame -, la Corte territoriale ha esplicato, infatti, come, nel caso di specie, non possa trovare applicazione la riduzione fissa della sanzione pecuniaria stabilita dal combinato disposto degli artt. 11, comma 3, e 12, comma 1 lett. a), d.lgs. n. 231 del 2001, sul presupposto che, all’evidenza, «lo studio del percorso pedonale e veicolare e la relativa realizzazione avevano un costo (rispetto al cui ammontare, peraltro, nulla è documentato, salva la generica allegazione del costo di qualche centinaia di euro)».

Con l’indicata motivazione, pertanto, la Corte di appello ha affermato di non poter ravvisare un’ipotesi in cui l’ente non abbia ricavato alcun vantaggio dal fatto criminoso, ovvero ne abbia ricavato uno solo minimo, rappresentato dal risparmio dell’indicato costo, conseguentemente escludendo l’operatività dell’invocata disposizione normativa di favore.

Pur tuttavia, il Collegio non può non osservare come, in maniera del tutto distonica, oltre che palesemente assertiva non essendo stato esplicato sulla base di quali dati i giudici di appello abbiano ritenuto che il costo di realizzazione della segnaletica dipinta a pavimento non potesse essere ritenuto di esigua entità -, la Corte distrettuale abbia successivamente osservato, sia pur riferendosi ad un altro motivo di doglianza, che la realizzazione delle omesse opere richiedesse dei costi «non eccessivi». Risulta palese, infatti, l’aporia logica e la contraddizione motivazionale insita in tali antitetiche affermazioni, tali da imporre la conseguente necessaria rimeditazione, da parte dello stesso giudice di merito, della effettuata determinazione della sanzione nei riguardi dell’ente ricorrente.

Il Consigliere estensore Il Presidente

4. Ne consegue, in conclusione, l’accoglimento del secondo motivo di doglianza, da cui deriva l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente al punto relativo alla determinazione della sanzione, con rinvio per nuovo esame alla Corte di appello di Bologna, nel resto dichiarandosi l’inammissibilità del ricorso.

 

P.Q.M.

 

Annulla la sentenza impugnata limitatamente al punto relativo alla determinazione della sanzione e rinvia per nuovo esame alla Corte di appello di Bologna. Dichiara inammissibile il ricorso nel resto.

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