Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 28 dicembre 2022, n. 37975
Lavoro, Diritto dei lavoratori subordinati a tempo determinato nel settore dell’agricoltura alle prestazioni previdenziali, Speciale elenco dei braccianti, Certificato sostitutivo, Inammissibilità del ricorso
Fatti di causa
1. La Corte di appello di Catanzaro, in accoglimento dell’appello proposto dall’I.N.P.S. avverso la sentenza del Tribunale di Castrovillari, ha rigettato la domanda di R.C., intesa al riconoscimento del rapporto di lavoro alle dipendenze dell’azienda agricola «A.S.», nell’anno 2007, alla reiscrizione nello speciale elenco dei lavoratori agricoli ed alla dichiarazione di «validità dei contributi previdenziali e assistenziali versati».
2. Per quanto qui rileva, la Corte territoriale, in riforma della sentenza di primo grado, ha accolto l’eccezione di decadenza sollevata dall’I.N.P.S. già in primo grado, con conseguente definitività del provvedimento di cancellazione dallo speciale elenco dei braccianti.
3. La Corte territoriale, accogliendo anche il secondo motivo di appello, con un «alternativo percorso motivazionale» ( v. punto 26 della sentenza impugnata) ha osservato poi che, posto l’onere di prova della sussistenza del rapporto in agricoltura a carico della lavoratrice, l’occupazione della stessa in agricoltura, nel periodo di interesse, non fosse stata provata poiché «le risultanze testimoniali non (avevano raggiunto) la soglia probatoria necessaria per asseverare le allegazioni attoree in merito all’esistenza del dedotto rapporto in agricoltura».
4. Avverso tale pronuncia, R.C. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui non ha resistito l’I.N.P.S.
5. Il P.M. ha depositato conclusioni scritte ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8-bis, convertito dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176.
Ragioni della decisione
6. Si dà preliminarmente atto che per la decisione del presente ricorso, fissato per la trattazione in pubblica udienza, questa Corte ha proceduto in camera di consiglio, senza l’intervento del procuratore generale e dei difensori delle parti, ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8-bis, convertito dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, perché nessuno di essi ha chiesto la trattazione orale.
7. Con il primo motivo la ricorrente deduce – ai sensi dell’art. 360 , comma 1, n. 3, cod.proc.civ. – la violazione e falsa applicazione dell’art. 22 del DL nr. 7 del 1970 convertito con modif. nella legge nr. 83 del 1970, abrogato dall’art. 24 DL nr. 122 del 2008 la cui efficacia è stata fatta rivivere dall’art. 38 comma 5 del DL nr. 98 del 2011, per avere la Corte d’Appello effettuato una interpretazione retroattiva dell’art. 38, ritenendo applicabile la regola della notificazione in via telematica, in essa stabilita, anche ai disconoscimenti relativi a giornate di occupazione antecedenti al 31 dicembre 2010; per l’effetto, ha, dunque, ritenuto, nella fattispecie concreta, maturata la decadenza del cit. art. 22.
8. Con il secondo motivo – ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod.proc.civ.- la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod.proc.civ. nonché dell’art. 2697 cod.civ. per avere il giudice omesso di valutare un fatto decisivo per il giudizio su un punto che è stato oggetto di discussione. L’omissione è riferita al contenuto del verbale di accertamento del 12 ottobre 2009.
9. Per la parte ricorrente, la Corte territoriale sarebbe incorsa in una erronea lettura del verbale ispettivo nonché delle deposizioni testimoniali.
10. Giudica il Collegio di anteporre l’esame del secondo motivo – che investe l’accertamento di merito reso dalla Corte di appello in ordine alla insussistenza del rapporto di lavoro agricolo controverso in causa – in applicazione del principio della «ragione più liquida», desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost., secondo cui la causa può essere decisa sulla base della questione ritenuta di più agevole soluzione, anche se logicamente subordinata, senza necessità di esaminare previamente le altre, imponendosi, a tutela di esigenze di economia processuale e di celerità del giudizio, un approccio interpretativo che comporti la verifica delle soluzioni sul piano dell’impatto operativo piuttosto che su quello della coerenza logico sistematica e sostituisca il profilo dell’evidenza a quello dell’ordine delle questioni da trattare ai sensi dell’art. 276 cod.proc.civ. (per tutte, Cass. nr. 9309 del 2020 con richiamo a Cass., sez.un, nr. 9936 del 2014 e a numerose altre decisioni di questa Corte).
11. Il secondo motivo è, invero, inammissibile, poiché tutte le censure, anche quelle sub specie di violazione di legge, tendono chiaramente ad una rivalutazione di merito in ordine all’accertamento di fatti, sollecitando un sindacato che esorbita dai poteri di questa Corte di legittimità.
12. I rilievi, infatti, mirano a sovvertire l’accertamento compiuto dalla Corte di appello in ordine alla insussistenza del rapporto di lavoro agricolo tra la ricorrente e la società cooperativa A.S., ponendosi al di fuori del paradigma censorio evocato – art. 360 nr. 5 cod.proc.civ. – (v., ex plurimis, in motiv. Cass. nr. 32759 del 2021), nel senso inteso da questa Corte (fatto storico, principale o secondario, che se esaminato avrebbe condotto con certezza o alta verosimiglianza ad un diverso esito della lite: Cass., sez.un., nr. 8053 del 2014 e successive, plurime conformi).
13. Giova rimarcare che la valutazione delle prove raccolte, anche se si tratta di presunzioni, costituisce un’attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento del giudice di merito, sicché rimane estranea al vizio previsto dall’art. 360, comma 1, nr. 5 cod.proc.civ. qualsiasi censura volta a criticare il «convincimento» che il giudice si è formato, a norma dell’art. 116, commi 1 e 2, cod.proc.civ., in esito all’esame del materiale istruttorio mediante la valutazione della maggiore o minore attendibilità delle fonti di prova (in argomento, ex plurimis, Cass. nr. 20553 del 2021 con i richiami ad altri precedenti della Corte).
14. Dall’inammissibilità del secondo motivo discende l’assorbimento del primo motivo.
1. A tale riguardo, è sufficiente osservare che le Sezioni Unite di questa Corte, nell’arresto nr. 1133 del 2000, hanno chiarito come il diritto dei lavoratori subordinati a tempo determinato nel settore dell’agricoltura alle prestazioni previdenziali sia condizionato all’esistenza di una complessa fattispecie, che è costituita dallo svolgimento di un’attività di lavoro subordinato a titolo oneroso per un numero minimo di giornate per ciascun anno di riferimento, che risulti dall’iscrizione negli elenchi nominativi di cui al R.D. 24 settembre 1940, n. 1949 e successive modifiche ovvero dal possesso del cosiddetto certificato sostitutivo.
L’iscrizione – secondo la costante giurisprudenza di questa Corte – espleta una funzione di agevolazione probatoria che, tuttavia, viene meno una volta che l’INPS, a seguito di un controllo ispettivo, disconosca l’esistenza del rapporto di lavoro ai fini previdenziali, gravando in tal caso sul lavoratore l’onere di provare l’esistenza, la durata e la natura onerosa del rapporto dedotto a fondamento del diritto all’iscrizione e/o di ogni altro diritto consequenziale di carattere previdenziale fatto valere in giudizio (così già Cass. n. 7845 del 2003, cui hanno dato continuità, tra le numerose, Cass. nn. 14296 del 2011, 2739 del 2016, 12001 del 2018).
15. In modo evidente, l’accertamento definitivo di insussistenza del rapporto di lavoro agricolo rende infondata la pretesa della ricorrente, sicché diviene ultroneo l’esame delle questioni veicolate con il primo motivo di ricorso che riguardano, a monte, la tempestività dell’azione volta all’impugnazione del provvedimento amministrativo di esclusione da tali elenchi.
16. Il ricorso va, pertanto, complessivamente dichiarato inammissibile.
17. Non deve provvedersi in ordine alle spese, in difetto di attività difensiva da parte dell’Inps.
18. Tenuto conto dell’esito del giudizio, sussistono, invece, i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis., ove dovuto.