Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 28 dicembre 2022, n. 37973
Lavoro, Lavoratori agricoli, Iscrizione negli elenchi anagrafici, Indennità di disoccupazione agricola, Art. 152 dis.att.cod.proc.civ., Liquidazione delle spese, Accoglimento
Fatti di causa
1. Con sentenza nr. 8 del 2020, la Corte d’appello di Messina, in riforma della pronuncia di primo grado, ha rigettato la domanda dell’odierna ricorrente volta al riconoscimento del diritto all’iscrizione negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli per l’anno 2013 e alla «percezione» dell’indennità di disoccupazione agricola per l’anno 2013 con condanna dell’INPS alla reiscrizione e alla restituzione delle somme medio tempore indebitamente recuperate.
2. Per quanto qui solo rileva, la Corte ha ritenuto che, nella fattispecie, operasse la decadenza ex art. 22 del d.l. nr. 7 del 1970 poiché il termine per proporre ricorso avverso la cancellazione scadeva il 30 maggio 2015 mentre il ricorso di primo grado era stato proposto il 23 febbraio 2017.
3. Alla statuizione principale seguiva quella accessoria sulle spese, regolate, per entrambi i gradi di giudizio, in base al principio di soccombenza. Per la Corte territoriale, infatti, il regime delle spese andava valutato in ragione della domanda principale di accertamento del diritto all’iscrizione negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli; la fattispecie esulava, dunque, dal perimetro di applicazione dell’art. 152 disp.att.cod.proc.civ.
4. Avverso tale pronuncia ha ricorso per cassazione la parte indicata in epigrafe, deducendo due motivi di censura, successivamente illustrati con memoria.
5. L’INPS ha resistito, con controricorso.
6. Il P.M. ha depositato conclusioni scritte ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8-bis, convertito dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176.
Ragioni della decisione
7. Si dà preliminarmente atto che per la decisione del presente ricorso, fissato per la trattazione in pubblica udienza, questa Corte ha proceduto in camera di consiglio, senza l’intervento del procuratore generale e dei difensori delle parti, ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8-bis, convertito dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, perché nessuno di essi ha chiesto la trattazione orale.
8. Con il primo motivo, parte ricorrente denuncia – ai sensi dell’art. 360 nr. 5 cod.proc.civ. – l’omesso esame di un fatto decisivo.
9. La sentenza impugnata è censurata nella parte in cui reca l’accertamento di avvenuta pubblicazione, degli elenchi di variazione relativi all’anno 2013, sul sito internet dell’Inps, dal 15.12.2014 al 10 gennaio 2015.
10. Il motivo è inammissibile.
11. La ricorrente non contesta, ex se, il valore notificatorio della pubblicazione, con le modalità telematiche previste per legge, per le variazioni degli elenchi dei lavoratori agricoli. Assume, piuttosto, l’inefficacia probatoria della documentazione prodotta dall’INPS in relazione alla terza variazione concernente l’anno 2013. Per la parte ricorrente, i documenti offerti dall’Istituto non integrerebbero una prova idonea del fatto controverso.
12. All’evidenza, per come prospettate, le censure non sono riconducibili al paradigma normativo invocato che, per costante insegnamento della Corte, richiede la deduzione del «fatto storico», non esaminato, che abbia costituito oggetto di discussione e che abbia carattere decisivo (Cass. s.u. 7 aprile 2014 nr. 8053 e successive, plurime conformi).
13. La sentenza impugnata attribuisce rilievo ai documenti allegati dall’Istituto sicché non trascura alcun «fatto storico» decisivo per l’esito della lite, almeno nel senso inteso da questa Corte (fatto storico, principale o secondario, che se esaminato avrebbe condotto con certezza o alta verosimiglianza ad un diverso esito della lite).
14. Giova rimarcare che la valutazione delle prove raccolte, anche se si tratta di presunzioni, costituisce un’attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento del giudice di merito, sicché rimane estranea al vizio previsto dall’art. 360, comma 1, nr. 5 cod.proc.civ. qualsiasi censura volta a criticare il «convincimento» che il giudice si è formato, a norma dell’art. 116, commi 1 e 2, cod.proc.civ., in esito all’esame del materiale istruttorio mediante la valutazione della maggiore o minore attendibilità delle fonti di prova ( in argomento, ex plurimis, Cass. nr. 20553 del 2021 con i richiami ad altri precedenti della Corte).
15. Con il secondo motivo – ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ. – è dedotta la violazione e la falsa applicazione dell’art. 152 disp.att.cod.proc.civ.
16. Le censure veicolate dal secondo motivo afferiscono alla statuizione in ordine alle spese, liquidate, dalla Corte di appello, secondo il principio di soccombenza, in ragione della «domanda principale» costituita dall’accertamento del diritto all’iscrizione negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli.
17. Parte ricorrente contesta la legittimità della decisione. Assume la sussistenza delle condizioni per l’operatività del regime di esenzione delineato dalla disposizione in commento poiché il ricorso è stato proposto al fine di ottenere il riconoscimento dell’indennità di disoccupazione agricola, ingiustamente negata e recuperata dall’Istituto.
18. Il diritto alla prestazione, dunque, rappresenterebbe l’oggetto diretto della domanda e non solo una conseguenza «indiretta ed eventuale» dell’accertamento del diritto alla reiscrizione.
19. Il motivo è fondato.
20. L’art. 152 dis.att.cod.proc.civ. stabilisce, nella parte che qui interessa, che:
«Nei giudizi promossi per ottenere prestazioni previdenziali o assistenziali la parte soccombente, salvo comunque quanto previsto dall’art. 96, comma 1, c.p.c. non può essere condannata al pagamento delle spese, competenze ed onorari quando risulti titolare, nell’anno precedente a quello della pronuncia, di un reddito imponibile ai fini IRPEF, risultante dall’ultima dichiarazione, pari o inferiore a due volte l’importo del reddito stabilito ai sensi del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 76, commi da 1 a 3, e art. 77. L’interessato che, con riferimento all’anno precedente a quello di instaurazione del giudizio, si trova nelle condizioni indicate nel presente articolo formula apposita dichiarazione sostitutiva di certificazione nelle conclusioni dell’atto introduttivo e si impegna a comunicare, fino a che il processo non sia definito, le variazioni rilevanti dei limiti di reddito verificatesi nell’anno precedente (…)».
21. Nel confrontarsi con la disposizione in oggetto, la Corte ha osservato come il beneficio dell’esonero degli oneri processuali in caso di soccombenza, introdotto dalla legge nr. 533 del 1973, art. 11, sulle basi della legge nr. 153 del 1969, previgente art. 57, attraverso alcune pronunce della Corte Costituzionale avesse, nel tempo, ampliato l’ambito di estensione sia dal punto di vista soggettivo, includendovi l’INAIL dal lato passivo (Corte Cost. nr. 23 del 1973) ed i congiunti superstiti del lavoratore (Corte Cost. nr. 98 del 1987), sia dal punto di vista oggettivo, ricomprendendo (Corte Cost. n. 85 del 1979) anche le controversie assistenziali, per l’assimilabilità delle due situazioni sul piano sostanziale e processuale.
22. La Corte ha anche evidenziato come, soprattutto nella vigenza della precedente versione della disposizione (quella introdotta dalla L. n. 533 del 1973, art. 11) si fosse realizzata, grazie agli interventi della Corte Costituzionale richiamati, la massima forza espansiva della ratio normativa, tesa a facilitare l’accesso al giudice previdenziale ed assistenziale quando «si occupa di prestazioni che consentono all’avente diritto di uscire dal bisogno» ( v. in motivaz. Cass. nn. 16676 del 2020 e 29010 del 2020). Nel contempo, ha osservato che, così individuata la finalità che sorregge la logica di favore di cui la disposizione è espressione, essa deve legarsi strettamente «non a qualsiasi domanda inerente alla materia previdenziale od assistenziale ma – appunto – solo alla domanda tendente ad ottenere prestazioni previdenziali od assistenziali», trattandosi di «disciplina […] espressione di diritto singolare, che non si presta dunque ad essere applicato a casi non espressamente indicati» (sempre in motivazione, Cass. nn. 16676 e 29010 del 2020, cit., con richiamo a Cass. nr. 25759 del 2008 che, sia pure resa con riferimento all’art. 152 att. cod.proc.civ. (ndr art. 152 disp.att.cod.proc.civ.) nel testo vigente prima della modifica di cui al D.L. 30 settembre 2003, n. 269, osservava come «L’esonero del lavoratore dall’obbligo di rifusione delle spese (fosse) subordinato al fatto che questi (chiedesse) ad istituti di assistenza e previdenza prestazioni previdenziali»).
23. La medesima ratio è alla base del successivo corollario per cui è necessario che «il diritto alla prestazione (costituisca) l’oggetto diretto della domanda introdotta in giudizio e non solo la conseguenza indiretta ed eventuale di un diverso accertamento» (Cass. nr. 16676 del 2020, cit.).
Il beneficio dell’esonero, in deroga al regime ordinario di soccombenza, è stato perciò negato nei giudizi aventi ad oggetto la domanda volta ad ottenere la condanna dell’istituto previdenziale alla reiscrizione dell’interessato negli elenchi dei lavoratori agricoli.
24. Il Collegio non intende rimettere in discussioni i principi esposti.
25. La fattispecie concreta non è, però, riconducibile ai precedenti della Corte, per avere un petitum diverso e più ampio.
26. Oggetto del giudizio non è solo l’accertamento del diritto della parte ad ottenere la reiscrizione negli elenchi agricoli ma anche quello volto al riconoscimento del diritto all’indennità di disoccupazione, recuperata dall’Inps.
27. A tale riguardo, è necessario osservare che l’iscrizione negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli costituisce il «presupposto […] per l’attribuzione della prestazione previdenziale» che, invero, non può essere «riconosciuta in difetto di impugnazione del provvedimento amministrativo di esclusione da tali elenchi nel termine decadenziale di cui all’art. 22 del d.l. n. 7 del 1970, conv. con modif. in l. n. 83 del 1970» (Cass. nr. 6229 del 2019).
28. Le Sezioni Unite di questa Corte, nell’arresto nr. 1133 del 2000, hanno chiarito che il diritto dei lavoratori subordinati a tempo determinato nel settore dell’agricoltura alle prestazioni previdenziali è condizionato all’esistenza di una complessa fattispecie, che è costituita dallo svolgimento di un’attività di lavoro subordinato a titolo oneroso per un numero minimo di giornate per ciascun anno di riferimento, che risulti dall’iscrizione negli elenchi nominativi di cui al R.D. 24 settembre 1940, n. 1949 e successive modifiche ovvero dal possesso del cosiddetto certificato sostitutivo.
29. L’iscrizione negli elenchi è, dunque, uno degli elementi costitutivi per integrare il diritto alla prestazione previdenziale, sicché non è consentito riconoscere il diritto alla prestazione previdenziale senza l’attualità del diritto alla iscrizione. Ne deriva, logicamente, che l’interessato, a seguito di cancellazione dagli elenchi medesimi, nel rispetto del termine di legge, dovrà – o potrà – chiedere anche la reiscrizione negli elenchi, nel giudizio promosso per ottenere la prestazione di disoccupazione (in termini: Cass. nr. 14994 del 2005).
30. Ed è, invero, quanto il ricorrente ha fatto nel ricorso introduttivo, proponendo la domanda di riconoscimento del diritto alla (re)iscrizione negli elenchi dei lavoratori agricoli per l’anno 2013 e quella diretta al conseguimento dell’indennità di disoccupazione, per la medesima annualità che assume recuperata in modo indebito dall’Inps.
31. Il diritto alla prestazione previdenziale è, quindi, l’oggetto della domanda giudiziale e non mera conseguenza «indiretta ed eventuale» della domanda di accertamento del diritto alla reiscrizione.
32. Va, dunque, data continuità a Cass. nr. 24365 del 2022 che ha ricondotto nel perimetro di applicazione dell’art. 152 disp.att.cod.proc.civ. il giudizio in cui era stata dedotta «l’illegittimità del provvedimento dell’Inps di ripetizione delle somme erogate, a titolo di disoccupazione agricola, ritenuta indebita a causa della mancata iscrizione negli elenchi dei braccianti agricoli, per gli anni in contestazione» e non, invece, alla più recente pronuncia di Cass. nr. 33109 del 2022, pervenuta ad opposte conclusioni.
33. Deve, in conclusione, affermarsi che il beneficio dell’esenzione dal pagamento delle spese processuali, ex art. 152 disp.att.cod.proc.civ., nella ricorrenza dei relativi presupposti, è applicabile al giudizio in cui la domanda di riconoscimento del diritto all’iscrizione negli elenchi è proposta unitamente a quella diretta al conseguimento dell’indennità di disoccupazione.
34. La Corte di appello di Messina non si è attenuta agli indicati principi perché ha condannato l’odierna ricorrente, nonostante la pacifica e rituale dichiarazione di esonero ex art. 152 disp. att. cod proc.civ., al pagamento delle spese del doppio grado.
35. La sentenza impugnata va, pertanto, cassata ex art. 382, comma 3, cod.proc.civ. nella parte in cui ha disposto la condanna, a titolo di spese processuali, di M.P. al pagamento della somma di Euro 1.775,00, per il primo grado, e di Euro 1888,50 per quello di appello (v., in relazione alla cassazione senza rinvio, la recente Cass. nr. 12454 del 2022).
36. Le spese del giudizio di cassazione si compensano in ragione degli evidenziati contrasti.
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo, dichiara inammissibile il primo. Cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, nella parte in cui ha disposto la condanna dell’odierna ricorrente al pagamento delle spese di lite per il doppio grado di giudizio, come indicato in parte motiva.
Compensa le spese del giudizio di legittimità.