Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 03 gennaio 2023, n. 85
Lavoro, Licenziamento, Rito cd. Fornero, Principio di immediatezza e tempestività della contestazione disciplinare, Iter procedimentale volto all’ottenimento del finanziamento regionale, Inammissibilità
Rilevato che
1. La Corte d’appello di Bologna ha accolto il reclamo incidentale proposto dal Consorzio di Bonifica di Piacenza e, in riforma della sentenza di primo grado, ha respinto la domanda di G.C., di illegittimità del licenziamento intimatogli l’11.12.2015 per avere, quale Direttore dei lavori di ristrutturazione del Canale 6, richiesto con un ritardo di oltre quattro anni l’emissione della nota di addebito nei confronti della Regione Emilia-Romagna e trasmesso con pari ritardo alla regione la documentazione contabile relativa ai lavori per cui era stato concesso un finanziamento regionale a fondo perduto di ammontare pari a euro 180.000. Ha respinto il reclamo principale del lavoratore.
2. La Corte territoriale ha ritenuto, in difformità dalla sentenza di primo grado, che fosse stato rispettato il principio di tempestività della contestazione disciplinare.
3. Ha considerato integrato l’addebito disciplinare avendo accertato che con delibera n. 134 del 2010 il Consorzio aveva approvato lo Stato Finale dei Lavori e il Certificato di Regolare Esecuzione dei Lavori, sottoscritto dal geom. C. e vidimato dal Responsabile Unico del Procedimento, aveva disposto la trasmissione alla Regione Emilia-Romagna della documentazione necessaria per la liquidazione del finanziamento a fondo perduto e che tale adempimento era stato eseguito dal C. solo nel dicembre 2014. Ha ritenuto che l’addebito integrasse una violazione di notevole gravità dell’obbligo di diligenza e che fosse idoneo a legittimare la massima sanzione espulsiva.
4. Avverso tale sentenza G.C. ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
Il Consorzio di Bonifica di Piacenza ha resistito con controricorso.
Considerato che
5. Col primo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., violazione degli artt. 156 e 291 c.p.c. per avere la Corte di merito ritenuto nulla, anziché inesistente, la notifica del ricorso in opposizione, nell’ambito del rito cd. Fornero, in quanto effettuata senza il rispetto del termine minimo di trenta giorni prima dell’udienza originariamente fissata per il 22.12.2016.
6. Con il secondo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione del principio di immediatezza e tempestività della contestazione disciplinare di cui all’art. 7 St. Lav., nonché omessa e insufficiente motivazione circa il fatto controverso e decisivo costituito dalla conoscenza da parte del Consorzio, quantomeno già nel dicembre 2014, dei fatti posti a base della contestazione disciplinare, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. Si sostiene, sulla base delle risultanze documentali, che il Consorzio, già nel dicembre 2014, disponesse di tutti gli elementi necessari ai fini della contestazione disciplinare, mossa invece con un ritardo ingiustificato di cinque mesi.
7. Con il terzo motivo si censura la sentenza, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., per violazione dell’art. 18, comma 4, legge 300/1970 come modificato dalla legge 92/2012, per omessa o inadeguata valutazione dell’insussistenza del fatto. Si sostiene che l’omissione imputata al geom. C. non potesse assumere rilevanza disciplinare in quanto il mancato perfezionamento dell’iter procedimentale volto all’ottenimento del finanziamento regionale era da imputare alla omessa vigilanza del Responsabile Unico del Procedimento, ing. V..
8. Con il quarto motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione degli artt. 2106 e 2119 c.c. in relazione alle previsioni dell’art. 60 c.c.n.l. di settore. Si sostiene che il fatto contestato al lavoratore non rientrasse in alcune delle condotte punibili con sanzione espulsiva in base al contratto collettivo; che quest’ultimo prevede il licenziamento per giusta causa “per notevole gravità o per recidiva nelle infrazioni previste alle lettere da n) a p) dell’art. 59”; che nel caso di specie la responsabilità del C. dovesse considerarsi di minore gravità rispetto a quella dell’ing. V. e che mancasse anche il requisito della recidiva reiterata.
9. Deve preliminarmente rilevarsi che il ricorso per cassazione risulta proposto senza il rispetto del termine di cui all’art. 1, comma 62, della legge n. 92 del 2012 (che prevede: “Il ricorso per cassazione contro la sentenza deve essere proposto, a pena di decadenza, entro sessanta giorni dalla comunicazione della stessa, o dalla notificazione se anteriore”).
10. Il ricorso per cassazione è stato notificato il 14.10.2019 mentre la sentenza della Corte d’appello, pubblicata il 15.4.2019, è stata nello stesso giorno comunicata a mezzo PEC al difensore del C., a cura della cancelleria (come risulta dalla certificazione allegata dal medesimo ricorrente unitamente alla sentenza impugnata e da quanto attestato nel ricorso in esame (pag. 1) “sentenza n. 378/2019 […] pubblicata il 15.4.2019, comunicata in pari data”).
11. Questa Corte ha già avuto modo di affermare che il termine di sessanta giorni per la proposizione del ricorso per cassazione, di cui all’art. 1 comma 62 della legge n. 92 del 2012, decorre dalla semplice comunicazione del provvedimento, trattandosi di previsione speciale che, in via derogatoria, comporta la decorrenza del termine da detto incombente, su cui non incide la modifica dell’art. 133, comma 2, cod. proc. civ., nella parte in cui stabilisce che «la comunicazione non è idonea a far decorrere i termini per le impugnazioni di cui all’art. 325 cod. proc. civ.», norma attinente al regime generale della comunicazione dei provvedimenti da parte della cancelleria (così Cass. n. 19177 del 2016; v. anche Cass. n. 6059 del 2018; Cass. n. 19505 del 2018; Cass. n. 19862 del 2018; Cass. n. 31995 del 2018 in motiv.; v. il riferimento contenuto in Cass., S.U. n. 28975 del 2022).
12. Il ricorso risulta, dunque, inammissibile ex art. 375 cod. proc. civ. ed in tal senso va emessa la relativa declaratoria.
13. La regolazione delle spese del giudizio segue il criterio di soccombenza, con liquidazione come in dispositivo e raddoppio del contributo unificato, se dovuto, ricorrendone i presupposti processuali, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 (v. Cass., S.U. n. 23535 del 2019).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in € 4.000,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.