L’addebito a carico del lavoratore delle spese di gestione è illegittimo.
Nota a Trib. Milano 11 ottobre 2022
Fabrizio Girolami
La scritturazione in busta paga della cessione del quinto e la relativa gestione, pur non ricorrendo in tutti i rapporti di lavoro, costituiscono, per il datore di lavoro, uno degli adempimenti accessori più tipici (regolamentato, tra l’altro, da apposite previsioni normative) derivanti dal rapporto di lavoro e strettamente collegato all’esercizio di diritti dei lavoratori. Gli oneri derivanti da tali adempimenti, perciò, gravano sul datore di lavoro.
Lo ha stabilito il Tribunale di Milano, sez. lav., con sentenza 11 ottobre 2022, a conferma del recente e consolidato orientamento della giurisprudenza di merito meneghina (cfr. Trib. Milano 13 gennaio 2020, n. 2632, in q. sito, annotata da A. TAGLIAMONTE; App. Milano 25 marzo 2021, n. 37; App. Milano 26 agosto 2022).
Nel caso di specie, un dipendente aveva adito il Tribunale di Milano asserendo di essere stato assunto dal datore di lavoro con inquadramento nel 4° livello del c.c.n.l. terziario, distribuzione e servizi e di avere stipulato in costanza di rapporto con una società finanziaria un contratto di finanziamento con cessione del quinto dello stipendio. A seguito della comunicazione al datore di lavoro del contratto di finanziamento, il datore di lavoro aveva operato una (illegittima) trattenuta in busta paga per asserite spese di gestione della relativa pratica. Il datore di lavoro aveva ritenuto, invece, legittima la trattenuta considerando che “la procedura di cessione del quinto dello stipendio comporta una serie di attività amministrative e contabili poste a carico del datore di lavoro, sia in fase iniziale e finale, sia mensilmente, che rendono più onerosa la prestazione per l’azienda che assume le vesti di debitore ceduto”.
Il Tribunale di Milano, con la sentenza in commento, ha accolto il ricorso del lavoratore, dichiarando l’illegittimità delle trattenute operate dal datore di lavoro sulla base delle seguenti motivazioni:
- la scritturazione in busta paga della cessione del quinto e la correlata gestione “pur non ricorrendo in tutti i rapporti di lavoro, costituiscono uno degli adempimenti accessori più tipici (…) al pari delle scritturazioni connesse alle assenze per malattia, al godimento di permessi parentali, alla fruizione dei benefici di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 104”. Si tratta “nel complesso, di adempimenti tutti necessitati dall’esercizio di specifici diritti di cui i prestatori di lavoro sono titolari e i cui oneri economici non possono che gravare sul datore di lavoro”;
- il sistema normativo dettato in tema di cessione del quinto “riconosce al lavoratore un diritto soggettivo potestativo al quale il datore di lavoro non può sottrarsi. Trattandosi di un diritto del lavoratore, ciò implica che la cessione del quinto inerisca strettamente al rapporto di lavoro. Nessuna fonte normativa riconosce al datore di lavoro un compenso per la gestione della cessione del credito del dipendente, né ammette la possibilità per l’azienda di rifiutarsi di dare corso alle relative operazioni. È, peraltro, onere del datore di lavoro di dotarsi di un idoneo ufficio amministrativo che possa far fronte alla gestione del personale, facendosi carico di ogni operazione necessaria a tal fine (gestione ferie, malattie, infortuni, permessi, anticipo TFR, etc.)”;
- sotto il profilo dei costi, il datore di lavoro avrebbe dovuto dimostrare e provare, ai sensi dell’art. 1218 c.c., la maggiore gravosità delle prestazioni rispetto alla propria organizzazione aziendale, tale da determinare costi ingiusti, intollerabili e/o sproporzionati.
Sulla base delle suesposte considerazioni, il Tribunale milanese ha dichiarato l’illegittimità della trattenuta effettuata dal datore di lavoro, condannando il datore medesimo a restituire al lavoratore le somme trattenute, oltre interessi legali e rivalutazione.