Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 12 gennaio 2023, n. 752

Lavoro, Licenziamento per giustificato motivo oggettivo, Riorganizzazione aziendale, Esigenze di riorganizzazione del personale riferibili alla contrazione del fatturato,  Nesso di causalità intercorrente tra il calo di volume di affari e il licenziamento, Assunzione di nuovo personale incoerente con la contrazione del fatturato, Accoglimento

 

Fatti di causa

 

1. Con sentenza n. 176 depositata l’11.10.2019, la Corte di appello di Potenza, in riforma della sentenza del Tribunale di Matera, in sede di opposizione ex art. 1, comma 57, della legge n. 92 del 2012, ha respinto la domanda di annullamento del licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimato dalla società P.G. s.r.l. con lettera del 31.12.2017 a D.S., addetta a mansioni di estetista con orario part time pari a 24 ore settimanali, per esigenza di ridurre i costi di gestione e necessità di procedere alla riorganizzazione dell’azienda.

2. La Corte, esaminato preliminarmente il profilo della sussistenza di un giustificato motivo oggettivo rispetto alla dedotta ritorsività del recesso, ha ritenuto sussistente la ragione organizzativa addotta dalla società, posto che l’istruttoria condotta ha dimostrato il calo dei ricavi nell’anno 2017 (con proseguimento negativo, in linea tendenziale, anche per il primo semestre 2018), con incidenza di circa il 10% sul fatturato complessivo, l’incremento dei costi del personale e l’attuazione di nuove assunzioni nel periodo precedente il licenziamento (dicembre 2016 per l’apprendista C. e aprile 2017 per le lavoratrici M. e G.) era spiegabile sia con la mancata manifestazione della crisi aziendale sia con l’esigenza di sopperire all’assenza della S. (rientrata a settembre 2017 da un periodo di astensione per maternità); ha aggiunto che la scelta di licenziare la S. rispetto ad altre lavoratrici, a parità di carichi di famiglia e di qualifica professionale, appariva corretta e rispettosa dei principi di buona fede e correttezza, a fronte del minor monte ore di lavoro svolto dalla stessa rispetto alle colleghe.

3. Per la cassazione di tale sentenza la lavoratrice ha proposto ricorso affidato a un motivo, illustrato da memoria. La società resiste con controricorso.

4. Il Procuratore generale ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Ragioni della decisione

 

1. Con l’unico motivo di ricorso si denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 3 della legge n. 604 del 1966, 115 e 116 cod.proc.civ. (in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ.) avendo, la Corte distrettuale, erroneamente valutato la prova documentale consistente nello stato patrimoniale depositato dalla società per gli anni 2016 e 2017: il dato da valutare per verificare l’effettiva sopravvenuta congiuntura sfavorevole era, invero, corrispondente alla comparazione degli utili ottenuti nei due anni (sui quali influiscono i costi affrontati) e non già alla comparazione dei ricavi. L’assunzione di tre lavoratrici, inoltre, spezza il nesso di causalità tra crisi economica e licenziamento della S..

2. Il ricorso è fondato per quanto di ragione.

3. In via generale, ai fini del licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo, giova ribadire che l’art. 3 della legge n. 604 del 1966 richiede: a) la soppressione del settore lavorativo o del reparto o del posto cui era addetto il dipendente, senza che sia necessaria la soppressione di tutte le mansioni in precedenza attribuite allo stesso; b) la riferibilità della soppressione a progetti o scelte datoriali – insindacabili dal giudice quanto ai profili di congruità e opportunità, purché effettivi e non simulati – diretti ad incidere sulla struttura e sull’organizzazione dell’impresa, ovvero sui suoi processi produttivi, compresi quelli finalizzati ad una migliore efficienza ovvero ad incremento di redditività; c) l’impossibilità di reimpiego del lavoratore in mansioni diverse, elemento che, inespresso a livello normativo, trova giustificazione nel carattere necessariamente effettivo e non pretestuoso della scelta datoriale, che non può essere condizionata da finalità espulsive legate alla persona del lavoratore.

L’onere probatorio in ordine alla sussistenza di questi presupposti è a carico del datore di lavoro, che può assolverlo anche mediante ricorso a presunzioni, restando escluso che sul lavoratore incomba un onere di allegazione dei posti assegnabili (v. per tutte Cass. n. 24882 del 2018).

4. Occorre pure ribadire che la ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte ha affermato che, in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, è sufficiente, per la legittimità del recesso, che le addotte ragioni inerenti all’attività produttiva e all’organizzazione del lavoro, comprese quelle dirette ad una migliore efficienza gestionale ovvero ad un incremento della redditività, causalmente determinino un effettivo mutamento dell’assetto organizzativo attraverso la soppressione di un’individuata posizione lavorativa, non essendo la scelta imprenditoriale che abbia comportato la soppressione del posto di lavoro sindacabile nei suoi profili di congruità ed opportunità, in ossequio al disposto dell’art. 41 Cost.; ove, però, il giudice accerti in concreto l’inesistenza della ragione organizzativa o produttiva, il licenziamento risulterà ingiustificato per la mancanza di veridicità o la pretestuosità della causale addotta (Cass. n. 10699 del 2017, Cass. n. 9468 del 2019). E’ sufficiente che le ragioni inerenti all’attività produttiva e all’organizzazione del lavoro, comprese quelle dirette ad una migliore efficienza gestionale ovvero ad un incremento della redditività, determinino un effettivo mutamento dell’assetto organizzativo attraverso la soppressione di un’individuata posizione lavorativa (Cass. n. 25201 del 2017).

5. Nel caso di specie, la Corte territoriale ha dato atto di una necessità riorganizzativa della società dovuta alla “riduzione dei ricavi da euro 179.144,26 nell’anno 2016 a euro 162.485,53 nell’anno 2017”, congiuntura negativa “proseguita, in linea tendenziale, anche nel primo semestre del 2018”. “Inoltre, la SPA ha registrato un incremento dei costi del personale, passato dagli euro 90.852,42 del 2016 agli euro 102.394,84 nel 2017”. Il giudice del merito ha aggiunto che nell’ottobre 2016 è stata assunta un’apprendista (C.), “mentre le lavoratrici a chiamata M. e G. sono state assunte in data 1 aprile 2017 e 4 aprile 2017, prima che venisse intimato il licenziamento alla S. e, probabilmente, per sopperire all’assenza dell’odierna reclamata”; infine, ha rilevato che il calo del fatturato ha determinato la società ad “accorpare più mansioni in capo alla lavoratrice B., il cui contratto già prevedeva un numero maggiore di ore settimanali, pari a trenta a fronte delle ventiquattro ore della S.”.

6. La valutazione del nesso di causalità tra esigenze di riorganizzazione del personale riferibili alla contrazione del fatturato e il licenziamento della lavoratrice non risulta coerente con l’assunzione (aprile 2017) di due lavoratrici (di cui la Corte territoriale non precisa né il tipo di contratto stipulato né la qualifica rivestita né l’orario di lavoro osservato, limitandosi a rilevare che “probabilmente” sostituivano la S.) avvenuta proprio durante l’anno (2017) che ha presentato il calo dei ricavi (ossia del volume di affari sviluppato dalla società), assunzioni effettuate a pochi mesi dal rientro della S. in azienda (settembre 2017) e che hanno inevitabilmente determinato l’incremento dei costi del personale; le gravi lacune di indagine in ordine alla coerenza logica ed al nesso di causalità intercorrente tra l’accertato calo di volume di affari (posto che il riferimento ai ricavi rappresenta, pur sempre, un indice per valutare l’andamento dell’impresa) e il licenziamento della S., a fronte dell’assunzione di due lavoratrici (che, in un contesto di contrazione di attività, ha fatto lievitare i costi del personale) ha compromesso la corretta verifica della sussistenza dei requisiti richiesti dall’art. 3 della legge n. 604 del 1966 che consentono al datore di lavoro di precedere al recesso.

7. Alla stregua delle esposte considerazioni la sentenza impugnata che, pur in mancanza di prova da parte del datore di lavoro dell’esigenza di fare fronte a sfavorevoli e non contingenti situazioni economiche, ha ritenuto sufficiente ai fini della legittimità del licenziamento della S. la dimostrazione del minor monte ore svolto dalla S. rispetto alle colleghe neoassunte (a parità di carichi di famiglia e di qualifica professionale), deve essere cassata.

8. In conclusione, il ricorso va accolto, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Corte di appello di Potenza, che provvederà altresì alle spese del presente giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Salerno, che provvederà altresì alle spese del presente giudizio di legittimità.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 12 gennaio 2023, n. 752
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