Prassi – AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 17 gennaio 2023, n. 52
Cittadino italiano residente all’estero: imponibilità del trattamento pensionistico
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
Il Signor X (di seguito anche l’Istante o il Contribuente) riferisce di essere residente in Francia, iscritto all’AIRE di un comune italiano, dal luglio dell’anno X al maggio 2022 (trasferendosi in seguito in altro Stato membro UE), e di essere titolare di una pensione per professionisti.
L’Istante è venuto a sapere che, in concomitanza con il passaggio dalla gestione per professionisti all’INPS del 1° luglio 2022, quest’ultimo Istituto provvederà ad assoggettare a ritenuta IRPEF gli emolumenti pensionistici, erogati agli ex professionisti residenti in Francia, con l’aggiunta delle addizionali regionale e comunale.
Il Contribuente segnala, al riguardo, come, dall’anno di inizio della residenza in Francia alla data di presentazione dell’istanza di interpello in esame, la prima gestione previdenziale per professionisti non abbia mai operato ritenute alla fonte, né l’Agenzia delle Entrate abbia preteso imposte sul suddetto trattamento pensionistico, che è stato sempre assoggettato ad imposizione esclusiva in Francia ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, della Convenzione tra Italia e Francia per evitare le doppie imposizioni, ratificata con legge del 7 gennaio 1992, n. 20 (di seguito la Convenzione o il Trattato internazionale).
Il Contribuente riferisce, altresì, che «al momento del pensionamento, l’allora dirigente dell’Ufficio contributi della precedente gestione previdenziale per professionisti, dal sottoscritto interpellato, ha fatto il calcolo della pensione e ha precisato che se fossi rimasto all’estero (nel caso in Belgio o in Francia) avrei dovuto pagare le imposte sul reddito in quel Paese».
Ciò posto, il Signor X chiede alla scrivente:
– chiarimenti in merito alla corretta interpretazione delle disposizioni contenute nell’articolo 18 del citato Trattato internazionale (di seguito primo quesito);
– nell’ipotesi in cui il trattamento pensionistico in esame risultasse imponibile anche in Italia, ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 2, della Convenzione, se, alla luce dell’ambiguità della norma in trattazione diversamente interpretata nel corso degli anni, l’Amministrazione fiscale italiana possa reclamare le imposte arretrate sulle pensioni pagate dalla precedente gestione previdenziale ai professionisti residenti in Francia dal 2016 al mese di giugno 2022, sulle quali sono state già prelevate le imposte in Francia (secondo quesito);
– nel caso in cui tali imposte arretrate siano dovute, se, sulle medesime, debbano essere applicati anche gli interessi legali e le relative sanzioni (terzo quesito).
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
Per quel che concerne il primo quesito, l’Istante comunica di non voler entrare nella irrisolta questione dell’interpretazione dei paragrafi 1 e 2 dell’articolo 18 della Convenzione.
Per ciò che attiene al secondo quesito, il Contribuente ritiene che, a causa della non approvazione da parte del Parlamento e della conseguente assenza di pubblicazione del citato Accordo Amichevole in Gazzetta Ufficiale, della contraddittorietà delle istruzioni fornite sui siti istituzionali riguardo alla fattispecie in esame e del comportamento degli Enti italiani e francesi che, sino al 2022, sono sembrati concordi nel considerare le pensioni erogate a contribuenti residenti in Francia fuori dalla potestà impositiva del nostro Paese, non può sussistere alcun automatismo tra quanto avverrà dal 1° luglio 2022, con il passaggio della gestione all’INPS. L’Istante ritiene, pertanto, non dovute le imposte arretrate con le relative addizionali regionale e comunale, relative al periodo 2016 giugno 2022 (di seguito il periodo di riferimento).
L’Istante, inoltre, fa presente che tale richiesta di imposte arretrate, da parte delle Autorità fiscali italiane su redditi già tassati in Francia, comporterebbe una doppia imposizione senza possibilità, per alcune annualità, di rimborso in Francia, in quanto in tale Stato il periodo in cui si può ottenere il rimborso è limitato a tre anni.
Il Contribuente comunica, inoltre, che in Francia non potrebbero essere rimborsate le addizionali regionale e comunale, applicate in Italia.
Pertanto, la pretesa del fisco italiano al recupero delle imposte non versate nel periodo di riferimento comporterebbe, a giudizio dell’Istante, una violazione della Convenzione Italia Francia, il cui scopo è quello di evitare le doppie imposizioni, nonché dei principi di libertà di circolazione e di soggiorno stabiliti nel Diritto dell’Unione Europea.
Riguardo al terzo quesito, il Contribuente ritiene che le imposte IRPEF in trattazione non potrebbero, in ogni caso, essere maggiorate da interessi e sanzioni che non sono dovute da parte del Contribuente, proprio in virtù dell’obiettiva ”incertezza normativa tributaria” come, peraltro, affermato dalla Corte Costituzionale e dalla Corte di Cassazione.
Parere dell’Agenzia delle Entrate
In via preliminare, si evidenzia che l’accertamento dei presupposti per stabilire l’effettiva residenza fiscale costituisce una questione di fatto che non può essere oggetto di istanza di interpello ai sensi dell’articolo 11 della legge n. 212 del 2000 (cfr. circolare n. 9/E del 1° aprile 2016); pertanto, la seguente risposta si basa sui fatti e sui dati così come prospettati nell’istanza di interpello, fermo restando, in capo al competente Ufficio finanziario, l’ordinario potere di verifica e di accertamento dell’effettiva residenza all’estero del Contribuente.
Tanto chiarito, la scrivente fornisce di seguito il parere nel presupposto (qui assunto acriticamente) di una residenza fiscale in Francia dell’Istante, a decorrere dall’anno d’imposta X fino al maggio 2022, poiché questa è la fattispecie rappresentata nell’istanza.
Per quel concerne il primo quesito, occorre far riferimento ai chiarimenti già forniti dall’Agenzia delle Entrate con il Principio di Diritto n. 2/2022.
In particolare, si ricorda che l’articolo 49, comma 2, lettera a), del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), stabilisce che costituiscono redditi di lavoro dipendente e sono, quindi, imponibili ai fini IRPEF, «le pensioni di ogni genere e gli assegni ad esse equiparate».
Ai fini dell’applicazione dell’IRPEF nei confronti dei soggetti non residenti, ai sensi dell’articolo 23, comma 2, lettera a), del TUIR, le pensioni e gli assegni ad esse assimilabili si considerano prodotti nel territorio dello Stato «se corrisposti dallo Stato, da soggetti residenti nel territorio dello Stato o da stabili organizzazioni nel territorio stesso di soggetti non residenti».
In base all’ordinamento tributario interno, dunque, le pensioni sono attratte a tassazione in Italia per il solo fatto di essere erogate dallo Stato, da soggetti residenti nel territorio dello Stato o da stabili organizzazioni nel territorio stesso di soggetti non residenti.
La normativa interna deve, tuttavia, essere coordinata con le disposizioni internazionali contenute nei Trattati.
Nel caso di pensionati residenti in Francia, occorre fare riferimento all’articolo 18 della Convenzione per evitare le doppie imposizioni tra l’Italia e la Francia, firmata a Venezia il 5 ottobre 1989 e ratificata con legge 7 gennaio 1992, n. 20, secondo cui:
– «fatte salve le disposizioni del paragrafo 2 dell’articolo 19, le pensioni e le altre remunerazioni analoghe, pagate ad un residente di uno Stato in relazione ad un cessato impiego, sono imponibili soltanto in questo Stato» (paragrafo 1);
– «nonostante le disposizioni del paragrafo 1, le pensioni ed altre somme pagate in applicazione della legislazione sulla sicurezza sociale di uno Stato, sono imponibili in detto Stato» (paragrafo 2).
La norma convenzionale stabilisce, in sostanza, che le pensioni pagate in relazione ad un impiego privato sono imponibili soltanto nello Stato di residenza del percettore, fatta eccezione per le pensioni e le altre somme pagate in applicazione della legislazione sulla sicurezza sociale di uno Stato, le quali sono imponibili in detto Stato.
Con riferimento all’applicazione della normativa convenzionale in questione, si fa presente che con l’Accordo Amichevole tra le Amministrazioni finanziarie italiana e francese, intervenuto al termine della Procedura prevista dall’articolo 26 della Convenzione e formalizzato con uno scambio di lettere tra Francia e Italia nel dicembre 2000, è stata definita l’interpretazione da attribuire all’espressione ”sicurezza sociale”, di cui al citato paragrafo 2 dell’articolo 18. A tal fine è stato concordato, sulla base di una ricognizione effettuata, sia da parte italiana che da parte francese, un elenco di prestazioni pensionistiche da considerarsi ricomprese nei regimi di sicurezza sociale previsti dalle rispettive legislazioni nazionali.
Pertanto, qualora le pensioni erogate rientrino nella suddetta elencazione, le stesse saranno imponibili in Italia ai fini IRPEF ai sensi del combinato disposto degli articoli 23, comma 2, lettera a), e 49, comma 2, lettera a), del TUIR.
Ciò posto, si ritiene che la pensione professionale corrisposta al Contribuente rientri nell’ambito applicativo dell’articolo 18, paragrafo 2, del suddetto Trattato internazionale, con conseguente imposizione concorrente in Italia, Stato della fonte del reddito ed in Francia, Stato di residenza del Contribuente (nel presupposto, che come già evidenziato non è verificabile in questa sede, della veridicità delle affermazioni dell’Istante, ovvero che il Contribuente risulti effettivamente residente in Francia dal periodo d’imposta X al maggio 2022). Ciò in quanto le pensioni erogate dallo specifico Istituto previdenziale sono ricomprese nella elencazione allegata al citato Accordo Amichevole tra Italia e Francia del 20 dicembre 2000.
In merito alla mancata pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell’Accordo Amichevole in esame, si osserva che il medesimo, quale Accordo amministrativo, non doveva essere ivi pubblicato né tantomeno approvato dal Parlamento. Il testo dell’Accordo è, tuttavia, di pubblico dominio (da diversi anni risulta, ad esempio, disponibile sul sito dell’Ambasciata d’Italia a Parigi).
Da quanto sopra rappresentato consegue che gli emolumenti pensionistici erogati all’Istante nel periodo anno X maggio 2022 siano da assoggettare ad imposizione nel nostro Paese, ai sensi della citata normativa italiana, applicando anche le addizionali regionale e comunale all’IRPEF.
Al riguardo, si rileva come l’articolo 2, paragrafo 3, lettera (a), della Convenzione preveda che il suddetto Trattato internazionale si applichi all’IRPEF, non menzionando, peraltro, le addizionali regionale e comunale.
Tuttavia, occorre considerare che il citato articolo 2 aggiunge, al paragrafo 4, che la Convenzione si applicherà alle imposte di natura identica o analoga istituite dopo la data della firma della medesima, in aggiunta o in sostituzione delle imposte esistenti.
Al riguardo, si ricorda che le addizionali regionale e comunale all’IRPEF sono state istituite, rispettivamente, con l’articolo 50 del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 e con D.Lgs. 28 settembre 1998, n. 360, quindi in data successiva alla firma (5 ottobre 1989) del Trattato internazionale in esame.
Le addizionali regionale e comunale sono, pertanto, incluse nell’ambito applicativo della Convenzione e la potestà impositiva italiana su di esse è, nella fattispecie in esame, parimenti riconosciuta dall’articolo 18, paragrafo 2, della Convenzione.
Si segnala, infine, che la determinazione delle aliquote delle addizionali regionale e comunale e degli enti locali a favore dei quali effettuare i versamenti avviene in rapporto al domicilio fiscale del contribuente, stabilito a norma nell’articolo 58, comma 2, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, il quale prevede che le persone fisiche non residenti hanno il domicilio fiscale nel Comune in cui si è prodotto il reddito.
Nel caso di specie, trattandosi di pensioni corrisposte ad un soggetto non residente, il luogo di produzione del reddito deve essere individuato, in conformità a quanto stabilito dall’articolo 23, comma 2, lett. a), del TUIR, in base al luogo in cui è ubicata la sede legale dell’Istituto previdenziale erogante (cfr. Risoluzione dell’Agenzia delle entrate del 21 settembre 2007, n. 261).
In base alle predette considerazioni, si rileva che spetta al sostituto d’imposta effettuare le ritenute alla fonte (comprese le ritenute corrispondenti alle suddette addizionali) sui predetti emolumenti pensionistici, con le modalità previste dall’articolo 23 del DPR del 29 settembre 1973, n. 600.
Considerato che la prima gestione previdenziale non ha provveduto ad effettuare alcuna ritenuta sugli emolumenti pensionistici in esame, lo stesso sostituto dovrebbe, pertanto, regolarizzare l’inadempimento (versando le imposte, gli interessi e le sanzioni; procedendo altresì a ritrasmettere le Certificazioni Uniche sostitutive delle precedenti già inoltrate, nonché a presentare il Modello 770 integrativo con riferimento alle dichiarazioni del sostituto d’imposta già trasmesse).
Riguardo al secondo quesito, si fa presente che, in assenza di ricezione delle corrette Certificazioni Uniche sostitutive delle precedenti, permanendo l’inadempimento da parte del sostituto, grava sull’Istante l’obbligo di corrispondere, con le modalità previste dalla vigente normativa interna italiana previa presentazione della propria dichiarazione dei redditi , le imposte e le addizionali regionale e comunale non versate, relative ai redditi di pensione corrisposti dalla prima gestione previdenziale in tutti gli anni d’imposta per i quali non siano ancora spirati i termini previsti per l’accertamento (dall’articolo 43 del D.P.R. del 29 settembre 1973, n. 600). Nella diversa ipotesi, invece, di ricezione delle nuove Certificazioni Uniche circostanza che postula evidentemente il versamento della ”ritenuta”, ancorché tardivo, da parte del sostituto solo in presenza di altri redditi di fonte italiana, sempre previa presentazione della propria dichiarazione dei redditi, l’Istante è tenuto a versare l’eventuale imposta residua.
Una volta pagate, a titolo definitivo, le suddette imposte in Italia, spetterà alla Francia (Stato di residenza del Contribuente per le annualità interessate) evitare la doppia imposizione mediante la concessione, ai sensi dell’articolo 24, paragrafo 2, lettera a), della Convenzione, di un credito d’imposta (relativo, per le anzidette ragioni, oltre che all’IRPEF, anche alle addizionali regionale e comunale che, parimenti, rientrano nell’ambito applicativo del suddetto Trattato internazionale).
Nell’ipotesi, avanzata dall’Istante, in cui, in base alla vigente normativa interna francese, per talune annualità siano già decorsi i termini per richiedere il rimborso ed in cui, pertanto, le competenti Autorità estere respingano le relative istanze, il Contribuente potrà richiedere, con le modalità previste dall’articolo 26, paragrafo 3, della Convenzione, l’avvio di una Procedura Amichevole alle competenti Autorità fiscali dello Stato in cui si trova il suo domicilio. Si sottolinea, al riguardo, che per l’esperimento di tale rimedio è condizione necessaria che, al momento della presentazione della relativa istanza, il domicilio del Signor X sia ubicato in Italia o in Francia.
In merito al terzo quesito, si rileva che sulle imposte arretrate dovranno essere applicati gli interessi legali calcolati in base alla normativa vigente.
Invece, con specifico riferimento alle sanzioni, si osserva che, nel commentare l’articolo 5 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, la circolare 10 luglio 1998, n. 180/E, ha chiarito che, ai fini dell’applicazione delle sanzioni tributarie, «per potersi avere responsabilità, è necessario che la violazione sia stata commessa quanto meno con colpa», con la precisazione che «sussista colpa ogni qualvolta le violazioni siano conseguenza di insufficiente attenzione o di inadeguata organizzazione rispetto ai doveri imposti dalla legge fiscale (negligenza), ovvero di atteggiamenti o decisioni avventate, assunte cioè senza le cautele consigliate dalle circostanze, nei comportamenti intesi ad adempiere gli obblighi tributari (imprudenza), ovvero in una insufficiente conoscenza degli obblighi medesimi che si possa però far risalire ad un difetto di diligenza in relazione alla preparazione media riferibile ad un soggetto i cui comportamenti rilevano ai fini fiscali (imperizia)».
In proposito, il Giudice di legittimità, con la pronuncia 11 maggio 2021, n. 12409 ha chiarito che: «In tema di sanzioni amministrative per violazioni tributarie, ai fini dell’esclusione di responsabilità per difetto dell’elemento soggettivo, grava sul contribuente, ai sensi dell’art. 5 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, la prova dell’assenza assoluta di colpa, con conseguente esclusione della rilevabilità d’ufficio, occorrendo a tal fine la dimostrazione di versare in stato di ignoranza incolpevole, non superabile con l’uso dell’ordinaria diligenza. Conseguentemente, non è sufficiente la mera volontarietà del comportamento sanzionato, essendo richiesta anche la consapevolezza del contribuente, a cui deve potersi rimproverare di aver tenuto un comportamento, se non necessariamente doloso, quantomeno negligente».
Nella fattispecie rappresenta dall’Istante, ricorrono, a giudizio della scrivente, le condizioni per l’esclusione di responsabilità per difetto dell’elemento soggettivo.
In ragione del legittimo affidamento sulle indicazioni ricevute e della condotta del primo istituto previdenziale che agisce sotto la vigilanza del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale e del Ministero del Tesoro che avrebbe dovuto operare e versare le ritenute in Italia, appare difficile avanzare, a carico dell’Istante, alcun ”rimprovero” per ”omessa diligenza”.
Al riguardo, la Corte di cassazione, con la pronuncia 6 ottobre 2006, n. 21513, ha chiarito che «il principio di tutela del legittimo affidamento del cittadino, reso esplicito in materia tributaria dalla L. n. 212 del 2000, articolo 10, comma 1, (Statuto dei diritti del contribuente), trovando origine nella Costituzione, e precisamente negli articoli 3, 23, 53 e 97 Cost., espressamente richiamati dall’articolo 1 del medesimo Statuto, è immanente in tutti i rapporti di diritto pubblico e costituisce uno dei fondamenti dello Stato di diritto nelle sue diverse articolazioni, limitandone l’attività legislativa e amministrativa». L’assenza di colpevolezza e la ”buona fede” principio consacrato al pari del ”legittimo affidamento” dall’articolo 10 della legge 27 luglio 2000, n. 212 possono essere desunte altresì dalla circostanza che le imposte sono state versate in Francia dall’Istante.