La sospensione degli obblighi di assunzioni di lavoratori disabili – accordata nell’ambito di una procedura di licenziamento collettivo – non consente di licenziare il disabile già assunto in violazione della quota di riserva.
Nota a Cass. (ord.) 29 novembre 2022, n. 35035
Fabrizio Girolami
Il licenziamento del lavoratore disabile assunto in ottemperanza alla L. n. 68/1999 sul collocamento mirato – intimato in pendenza del regime di sospensione degli obblighi di assunzione di disabili accordato dai servizi competenti nell’ambito di una procedura di licenziamento collettivo ex L. n. 223/1991 – è illegittimo.
Se da un lato, infatti, la sospensione degli obblighi di assunzione consente all’azienda di non assumere lavoratori con disabilità per mantenere o per reintegrare la “quota di riserva” obbligatoria ex art. 3, co. 1, L. n. 68/1999 (e, quindi, di trovarsi legittimamente al di sotto della medesima quota), dall’altro non la legittima a effettuare licenziamenti di lavoratori disabili precedentemente assunti.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 35035 del 29 novembre 2022, a conferma della statuizione operata dalla sentenza di merito della Corte di Appello di Roma n. 4840/2019.
Nel caso di specie, una lavoratrice disabile era stata licenziata da Compagnia Aerea Italiana S.p.A. (CAI S.p.A.) in esito a una procedura collettiva di riduzione di personale attivata ai sensi della L. n. 223/1991 e in relazione alla quale l’azienda aveva ottenuto la sospensione degli obblighi di assunzione di lavoratori disabili (ex art. 3, co. 5, L. n. 68/1999). Successivamente all’intimato licenziamento, le attività della CAI S.p.A. erano state rilevate, a decorrere dal 1° gennaio 2015, da Alitalia – Società Aerea Italiana S.p.A. (Alitalia S.A.I. S.p.A.), società controllata da CAI S.p.A., all’esito di un trasferimento d’azienda ex art. 2112 c.c.
La lavoratrice, nel giudizio di merito, aveva convenuto sia la cedente che la cessionaria, chiedendo la declaratoria di illegittimità del licenziamento intimato da CAI S.p.A. e la ricostituzione del rapporto di lavoro presso la cessionaria Alitalia S.A.I. S.p.A., in quanto divenuta l’unica titolare del rapporto di lavoro per effetto del trasferimento d’azienda intervenuto successivamente al licenziamento.
La società aveva contestato la richiesta della lavoratrice, ritenendo che la sospensione dagli obblighi di assunzione dei disabili, di cui beneficiava, non solo la esonerava dall’obbligo di assumere lavoratori invalidi al fine di conseguire la quota di riserva ex art. 3, L n. 68/1999, ma del pari la autorizzava a non mantenerla (non introducendo la sospensione alcun limite al licenziamento dell’invalido già assunto).
Il Tribunale di Civitavecchia aveva dichiarato l’illegittimità del licenziamento intimato da CAI S.p.A., condannando Alitalia S.A.I. Sp.A. a reintegrare la lavoratrice (ex art. 18, co. 4, Stat. Lav.) e a corrisponderle una indennità quantificata in 12 mensilità di retribuzione e accertando la responsabilità solidale di entrambe le società per tutte le obbligazioni maturate in seguito alla reintegrazione.
La Corte d’Appello di Roma, investita del reclamo da parte delle società, li aveva respinti confermando la sentenza di primo grado, evidenziando che “la sospensione dagli obblighi di assunzione degli invalidi (…) incide sull’obbligo di assunzione ma non sul limite al licenziamento dell’invalido già assunto”.
Nel giudizio di legittimità, la Cassazione ha rigettato il ricorso principale di Compagnia Aerea Italiana S.p.A., confermando la sentenza impugnata, asserendo quanto segue:
- l’art. 10, co. 4, L. n. 68/1999 dispone che “il recesso di cui all’articolo 4, comma 9, della legge 23 luglio 1991, n. 223, ovvero il licenziamento per riduzione di personale o per giustificato motivo oggettivo, esercitato nei confronti del lavoratore occupato obbligatoriamente, sono annullabili qualora, nel momento della cessazione del rapporto, il numero dei rimanenti lavoratori occupati obbligatoriamente sia inferiore alla quota di riserva prevista all’articolo 3 della presente legge”. Pertanto, nelle ipotesi previste dalla suddetta disposizione, il disabile è licenziabile solo quando il numero dei dipendenti residui disabili è divenuto maggiore o uguale alla quota di riserva;
- la ratio della norma, nel quadro delle azioni di “promozione dell’inserimento e della integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del lavoro” è quella “di evitare che, in occasione di licenziamenti individuali o collettivi motivati da ragioni economiche, l’imprenditore possa superare i limiti imposti alla presenza percentuale nella sua azienda di personale appartenente alle categorie protette, originariamente assunti in conformità ad un obbligo di legge”. Tale divieto è in parte compensato dalla disposizione di cui all’art. 3, co. 5, L. n. 68/1999, che consente la “sospensione degli obblighi di assunzione” per le aziende che usufruiscono degli interventi straordinari di integrazione salariale (CIGS) ovvero che abbiano attivato procedure di mobilità o di licenziamento collettivo ex n. 223/1991, “sicché in caso di crisi l’impresa è esonerata dall’assumere nuovi invalidi, ma non può coinvolgere quelli già assunti in recessi connessi a ragioni di riduzione del personale, ove ciò venga ad incidere sulle quote di riserva”;
- nel caso di licenziamento collettivo, la declaratoria di illegittimità del licenziamento del disabile per violazione della quota di riserva (ex 3, co. 1, L. n. 68/1999) comporta l’applicazione della tutela reintegratoria ex art. 18, co. 4, L. n. 300/1970 (come modificato dall’art. 1, co. 46, L. Fornero n. 92/2012), essendo la fattispecie sussumibile in quella della “violazione dei criteri di scelta” del lavoratore da licenziare ex art 5, L. n. 223/1991. Tale opzione interpretativa è “rispettosa del dettato normativo e conforme alla finalità della disciplina – anche sovranazionale – in materia, posta a speciale protezione del disabile”.