Antisindacale l’applicazione, nell’ambito di un’azienda ospedaliera universitaria, del CCNL della Sanità in luogo di quello dell’Istruzione e Ricerca
Nota a Trib. Napoli 23 novembre 2022, n. 6091
Paolo Pizzuti
L’applicazione del CCNL della Sanità in luogo di quello dell’Istruzione e Ricerca, nell’ambito di un’azienda ospedaliera universitaria, integra gli estremi della condotta antisindacale.
Lo afferma il Tribunale di Napoli (23 novembre 2022, n. 6091) in relazione al ricorso di una organizzazione sindacale che sosteneva l’antisindacalità del comportamento posto in essere dalla Azienda Ospedaliera che, pur essendo tenuta, in base al quadro normativo vigente, ad applicare ai rapporti di lavoro con i suoi dipendenti il CCNL del Comparto Istruzione e ricerca, aveva indetto una procedura concorsuale per la copertura di sessanta posti a tempo indeterminato di operatore socio sanitario, con inquadramento nel CCNL relativo al Personale del Comparto Sanità.
Il sindacato ricorrente lamentava la lesione della propria libertà sindacale, non potendo rappresentare i lavoratori neoassunti, né trattare in sede di contrattazione collettiva decentrata a tutela degli interessi degli stessi.
Il giudice, nell’affermare la natura antisindacale della condotta denunziata, ne ribadisce le caratteristiche e ripercorre i principi basilari in merito alla disciplina legale della contrattazione collettiva nel settore pubblico.
A) Quanto alla nozione di comportamento antisindacale, contenuta nell’art. 28 Stat. Lav., il Tribunale, in linea con gli orientamenti consolidati della dottrina e della giurisprudenza, rileva che:
– la disposizione statutaria contiene una definizione teleologica della condotta in questione in funzione della sua idoneità a ledere i beni protetti, ossia la libertà, l’attività sindacale ed il diritto di sciopero;
– l’espressione “comportamento diretto” utilizzata nell’art. 28 dello Stat. Lav. non significa intenzionalmente finalizzato a ledere i beni protetti, dovendosi interpretare come “comportamento oggettivamente idoneo a produrre la lesione di tali beni, senza che sia necessario uno specifico intento lesivo” (in tal senso, v. già Cass. SU n. 5295/1997; e Cass. 13726/2014).
– il requisito della attualità della condotta antisindacale, non previsto dalla legge, ma ricavato in via interpretativa dalle pronunce della Cassazione, “è soddisfatto quando il comportamento sia tuttora persistente ed idoneo a produrre effetti durevoli nel tempo, sia per la sua portata intimidatoria sia per la situazione di incertezza che ne consegue, tale da determinare una restrizione o un ostacolo al libero svolgimento della attività sindacale “(Cass. 22 maggio 2018 n.12551).
B) Per ciò che concerne la disciplina legale della contrattazione collettiva nel settore pubblico, come noto, l’art. 40, co.2, d.lgs. n. 165/2001 prevede, in riduzione rispetto ai dieci precedenti, solo quattro comparti, cioè quattro ambiti di applicazione dei contratti nazionali: Funzioni Centrali, Funzioni locali, Istruzione e Ricerca, Sanità. Sono stati cioè riaccorpati in macro-aree i settori omogenei o affini della pubblica amministrazione, raggruppati, in passato, in dieci comparti. Gli attuali comparti sono definiti in appositi Accordi Quadro tra l’ARAN-Agenzia per la Rappresentanza Negoziale e le Confederazioni rappresentative.
Per ogni comparto vi è un unico contratto collettivo, all’interno del quale, oltre alla parte generale applicabile all’intero comparto, si prevedono Sezioni speciali; ad esempio, il CCNL del comparto Istruzione e Ricerca comprende tre sezioni: scuola; università ed aziende ospedaliero-universitarie; enti di ricerca e sperimentazione. Pertanto, diversamente da quanto accade nel settore privato è precluso al singolo datore di lavoro di individuare unilateralmente quale contratto collettivo nazionale applicare ai rapporti di lavoro dei propri dipendenti. Ciò poiché l’art. 40, co. 2, d.lgs. cit., attribuisce al CCNL – e dunque alle parti individuate dalla medesima legge – la definizione degli ambiti negoziali dei diversi comparti.
I rapporti di lavoro instaurati dalle p.a. in uno specifico comparto sono regolamentati dal contratto collettivo nazionale di comparto, il quale esplica efficacia generale, non prevista espressamente dalla legge, ma ritenuta esistente da parte della dottrina in considerazione di due strumenti che la realizzano seppur indirettamente: a) l’attribuzione della rappresentanza legale delle p.a. all’ARAN che stipula dalla parte dei datori dei contratti collettivi i cui effetti si estendono necessariamente a tutte le amministrazioni del comparto interessato (art 46 co. 1, d.lgs. 165/2001), le quali, a mente dell’art 40, co. 4, d.lgs. n. 165/2001 adempiono agli obblighi assunti con i contratti collettivi nazionali o integrativi; b) l’obbligo per le p.a. di garantire ai propri dipendenti la parità di trattamento contrattuale.
In definitiva, dunque, secondo il Tribunale, nella fattispecie, le Aziende Ospedaliere Universitarie di cui all’art. 2, co. 2, lett. a) del d.lgs. 21 dicembre 1999, n. 517, integrate con il Sistema Sanitario, vanno ricondotte al Comparto Istruzione e Ricerca, alla Sezione denominata, appunto, «Università e Aziende Ospedaliero-Universitarie» del relativo contratto collettivo; il personale dell’Azienda Ospedaliera Universitaria integrata con il Servizio Sanitario Regionale, va pertanto inquadrato nei profili professionali contemplati dal CCNL Comparto Istruzione e Ricerca (2016-2018, sottoscritto in data 13 luglio 2016 dall’ARAN e dalle Confederazioni Sindacali).
Di conseguenza, l’assunzione di personale da parte della azienda convenuta con applicazione del CCNL sanità deve considerarsi illegittima in quanto antisindacale poiché viola il CCNL del 2016 ed in via indiretta l’art. 40 del d.lgs n 165 del 2001, nonché la libertà sindacale della organizzazione ricorrente privata in radice della possibilità di rappresentare sindacalmente il gruppo di dipendenti de quibus “sin dal proselitismo”. Tale applicazione risulta altresì idonea a produrre una situazione di incertezza sul perimetro dei lavoratori dipendenti della A.O.U. tale da determinare una restrizione al libero svolgimento della attività sindacale. La condotta appare inoltre attuale, stante la sua persistente efficacia.