Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 23 gennaio 2023, n. 1940
Lavoro, Avvocati, Gestione separata, Principio di universalizzazione della copertura assicurativa, Occasionalità dell’attività di lavoro, Requisito dell’abitualità nello svolgimento della professione, Presunzioni, Rigetto
Rilevato che
– con sentenza depositata il 21 ottobre 2021, la Corte d’appello di Palermo, nel ridurre l’importo delle sanzioni applicate, ha rigettato la domanda proposta in primo grado da (…) volta ad ottenere la dichiarazione dell’insussistenza dell’obbligo contributivo ascritto dall’INPS al medesimo per l’anno 2010;
– la Corte, in particolare, ha ritenuto che non potesse in linea generale dubitarsi dell’obbligatorietà dell’iscrizione alla Gestione separata per gli esercenti la professione di avvocato che non fossero tenuti a iscriversi presso la Cassa Nazionale Forense e che l’obbligo di iscrizione alla Gestione separata non presupponesse la produzione da parte del professionista di un reddito superiore alla soglia di € 5.000,00, ex art. 44, d.l. n. 269/2003 (conv. con l. n. 326/2003);
– per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso per cassazione assistito da memoria (…), affidandolo a cinque motivi;
– l’INPS ha presentato delega in calce alla copia notificata del ricorso.
– la proposta del relatore è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.;
Considerato che
– con il primo motivo di censura si denunzia la violazione dell’art. 44 D.L. n. 269 del 2003 per aver la Corte escluso l’occasionalità dell’attività di lavoro, producente un reddito di gran lunga sotto la soglia minima di 5000.00 euro, per l’anno 2010;
– con il secondo motivo si denunzia la violazione dell’art. 2697 cod. civ., per aver la Corte invertito l’onere probatorio fra le parti circa la insussistenza del carattere abituale dell’attività espletata;
– con il terzo motivo si allega l’omesso esame di un documento decisivo con riguardo al prospetto sintetico della situazione contributiva del ricorrente;
– con il quarto motivo si denunzia la violazione dell’art. 132 comma II c.p.c. e dell’art. 111 Cost. in relazione all’art. 360 comma IV c.p.c. per l’illogicità ed apparenza della motivazione;
– con il quinto motivo si censura la sentenza per violazione degli artt. 2, commi 25 e 26, e art. 3, comma 12, l. n. 335/1995, art. 18, commi 11 e 12, d.l. 98/2011, artt. 1 e 3 d.lgs. 103/1996, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod.proc.civ.
Esaminando con priorità per ragioni di ordine logico questo ultimo motivo di ricorso, esso è manifestamente infondato alla luce dell’ormai consolidato orientamento di questa Corte di cassazione, la quale ha da ultimo ribadito che, a seguito dell’entrata in vigore dell’art.18, co.12 d. I. n.98/11, l’art.2, co.26 l. n. 335/95 deve essere interpretato nel senso che il professionista non iscritto alla cassa previdenziale di categoria e non tenuto a versare il contributo c.d. soggettivo deve essere iscritto alla Gestione separata presso l’Inps (Cass. 30344/2017, Cass. 32166/18, Cass. 32608/18, Cass. 5826/21). In particolare, se il professionista non supera la soglia di reddito tale da rendere obbligatoria l’iscrizione alla cassa – come è nel caso di specie – lo stesso è tenuto all’iscrizione presso la Gestione separata in virtù del principio di universalizzazione della copertura assicurativa, cui risulta funzionale l’art.2, co.26 I. n.335/95 (Cass. 32508/18, Cass. 519/19). Tale assetto interpretativo dell’art.2, co.26 I. n.335/95 nella formulazione successiva al d.l. n.98/11, al quale la Corte d’appello si è uniformata, è stato da ultimo ritenuto costituzionalmente legittimo dalla Corte Costituzionale, con la sentenza n.104/22. Da esso non vi è alcun motivo di discostarsi, con conseguente rigetto del quinto motivo (da ultimo Cass. 30407/2022; Cass. 29272/2022).
Manifestamente infondati sono anche gli altri motivi di ricorso.
Con particolare riguardo alla violazione dell’art. 132 cod. proc. civ., va rilevato che questa Corte ha affermato che, in caso di censura per omesso esame di un fatto decisivo, spetta al ricorrente allegare in modo non generico il “fatto storico” non valutato, il “dato” testuale o extratestuale dal quale esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale e la sua “decisività” per la definizione della vertenza (Cass. n. 13578 del 02/02/2020) e, d’altra parte, per aversi motivazione apparente, o apparente o perplessa occorre che la stessa, pur se graficamente esistente ed eventualmente sovrabbondante nella descrizione astratta delle norme che regola la fattispecie dedotta in giudizio, non consente alcun controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento decisorio, così da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 comma 6 Cost. (sul punto, fra le altre, Cass. n. 13248 del 30/06/2020). Relativamente, poi, alla denunziata violazione dell’art. 2697 cod. civ., se è pur vero che la Corte ha, in un passaggio della sua motivazione, affermato che “il professionista non ha qui allegato elementi di fatto, ulteriori rispetto all’importo del reddito prodotto, dai quali possa inferirsi, secondo i criteri forniti dal giudice di legittimità, la scelta “ex ante” di volere esercitare la professione forense con carattere di occasionalità” -, così ponendosi (ma solo astrattamente) in contrasto con l’orientamento consolidato di questa Corte, secondo cui l’onere della prova grava sull’ente previdenziale che esige i contributi, è altrettanto vero che la stessa Corte ha poi affermato di voler dare decisivo rilievo alla “circostanza che lo stesso si sia iscritto all’albo professionale solo nel 2009 e che abbia aperto la partita IVA nel 2010, dovendo il modesto importo dei redditi prodotti nello stesso anno imputarsi allo stadio ancora iniziale dell’avvio della propria attività professionale piuttosto che ad una scelta ex ante di svolgerla in modo occasionale”, ed ha concluso affermando che “tali elementi (iscrizione all’albo professionale, apertura della partita IVA, unitamente all’avvenuta dichiarazione dei redditi prodotti nel quadro CM quale redditi da lavoro autonomo non occasionale), valgono a costituire un quadro indiziario sufficientemente adeguato a provare il carattere non occasionale dell’attività professionale”.
La lettura complessiva della sentenza induce a ritenere che la Corte territoriale abbia accertato in concreto il carattere non occasionale dell’attività svolta dall’odierno ricorrente, indipendentemente dall’origine e provenienza delle prove e dai criteri di ripartizione degli oneri probatori.
Giova infatti ricordare che nel processo civile vige il principio di acquisizione, secondo il quale le risultanze istruttorie, comunque ottenute e quale che sia la parte ad iniziativa o ad istanza della quale sono formate, concorrono tutte, indistintamente, alla formazione del convincimento del giudice, senza che la diversa provenienza possa condizionare tale formazione in un senso o nell’altro (Cass. 739 del 19/01/2010).
Emerge così che la Corte ha operato una valutazione degli elementi di fatto, totalmente sottratta al sindacato di legittimità, in quanto, in seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5 del cod. proc. civ., al di fuori dell’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, il controllo del vizio di legittimità rimane circoscritto alla sola verifica della esistenza del requisito motivazionale nel suo contenuto “minimo costituzionale” (fra le più recenti, Cass. n. 13428 del 2020; Cass. n. 23940 del 2017).
Va poi rilevato che l’iter motivazionale seguito dalla sentenza impugnata è corretto alla luce dell’ormai consolidato orientamento di questa Corte;
– nell’intento del legislatore, reso palese dalla lettera delle disposizioni citate, l’obbligatorietà dell’iscrizione presso la Gestione separata da parte di un professionista iscritto ad albo o elenco è collegata all’esercizio abituale, ancorché non esclusivo, di una professione che dia luogo ad un reddito non assoggettato a contribuzione da parte della cassa di riferimento;
– la produzione di un reddito superiore alla soglia di euro 5.000,00 costituisce invece il presupposto affinché anche un’attività di lavoro autonomo occasionale possa mettere capo all’iscrizione presso la medesima Gestione, restando invece normativamente irrilevante qualora ci si trovi in presenza di un’attività lavorativa svolta con i caratteri dell’abitualità;
– deve, quindi, ritenersi dirimente il modo in cui è svolta l’attività libero-professionale, se in forma abituale o meno;
– nell’accertamento di fatto di tale requisito ben possono rilevare le presunzioni ricavabili, ad es., dall’iscrizione all’albo, dall’accensione della partita IVA o dall’organizzazione materiale predisposta dal professionista a supporto della sua attività ma va rilevato che si tratta di presunzioni che non impongono all’interprete conclusioni indefettibili, ma semplici regole di esperienza per risalire al fatto ignoto da quello noto;
– ciò che rileva è che il requisito dell’abitualità dev’essere accertato in punto di fatto, valorizzando all’uopo i sopra mentovati indici e fra di essi la percezione da parte del libero professionista di un reddito annuo di importo inferiore a euro 5.000,00 può semmai rilevare quale indizio – da ponderare adeguatamente con gli altri che siano stati acquisiti al processo – per escludere che, in concreto, l’attività sia stata svolta con carattere di abitualità;
– tale abitualità (cfr., sul punto Cass. n. 4419 del 2021 cit.) dev’essere apprezzata nella sua dimensione di scelta ex ante del libero professionista, coerentemente con la disciplina ch’è propria delle gestioni dei lavoratori autonomi, e non invece come conseguenza ex post desumibile dall’ammontare di reddito prodotto, dal momento che ciò equivarrebbe a tornare ad ancorare il requisito dell’iscrizione alla Gestione separata alla produzione di un reddito superiore alla soglia di cui all’art. 44, d.l. n. 269/2003, cit., che invece, come detto, rileva ai fini dell’assoggettamento a contribuzione di attività libero-professionali svolte in forma occasionale;
– come si è su osservato, nel caso di specie tale accertamento è stato compiuto dalla Corte d’appello di Palermo, nei sensi su indicati;
– in particolare, l’iscrizione all’albo professionale, apertura della partita IVA, unitamente all’avvenuta dichiarazione dei redditi prodotti nel quadro CM quale redditi da lavoro autonomo non occasionale, valgono, secondo la Corte, a costituire un quadro indiziario sufficientemente adeguato a provare il carattere non occasionale dell’attività professionale e tale valutazione deve ritenersi sottratta al sindacato di legittimità;
– alla luce delle suesposte argomentazioni, il ricorso deve, quindi, essere respinto;
– nulla quanto alle spese, atteso il mancato spiegamento di attività difensiva da parte dell’Istituto;
– sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 1 – bis dello stesso articolo 13 (ndr comma 1 – bis dello stesso articolo 13), se dovuto.
P.Q.M.
Respinge il ricorso. Nulla spese.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 1 – bis dello stesso articolo 13 (ndr comma 1 – bis dello stesso articolo 13), se dovuto.