Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 03 febbraio 2023, n. 3351

Lavoro, Credito per indennità sostitutiva di mancato preavviso, Opposizione allo stato passivo, Insinuazione al passivo di crediti di lavoro, Cessazione del rapporto di lavoro a seguito di dichiarazione di fallimento, Natura indennitaria e non risarcitoria del preavviso, Accoglimento

 

Rilevato che

 

1. con decreto 7 marzo 2016, il Tribunale di Vicenza ha rigettato l’opposizione proposta da D.R.S., ai sensi dell’art. 98 l. fall., allo stato passivo del F.C.V. s.p.a., al quale aveva insinuato vari crediti di lavoro e dal quale era stato escluso per il credito per indennità sostitutiva di mancato preavviso;

2. esso gliene ha negato la spettanza sul presupposto dell’inconfigurabilità della dichiarazione di fallimento della società datrice, alla base dello scioglimento del rapporto di lavoro, alla stregua di fatto né volontario né illecito e pertanto circostanza non produttiva di alcun diritto risarcitorio, a norma dell’art. 72 l. fall., quand’anche si voglia riconoscere una tale natura a detta indennità;

3. con atto notificato il 4 aprile 2016, il lavoratore ha proposto ricorso per cassazione con unico motivo, cui la curatela fallimentare ha resistito con controricorso;

4. entrambe le parti hanno comunicato memoria ai sensi dell’art. 380 bis1 c.p.c.

 

Considerato che

 

1. il lavoratore ha dedotto violazione e falsa applicazione degli artt. 2118, secondo comma, 2119, secondo comma c.c., 72, primo e quarto comma, 104 l. fall., per l’erronea esclusione dallo stato passivo del Fallimento dell’indennità di mancato preavviso, per la sua natura non risarcitoria, ma indennitaria retributiva, spettantegli a fronte della risoluzione della curatela, con lettera raccomandata del 1° agosto 2014 (unico motivo);

2. esso è fondato;

3. occorre premettere che, come tutti i rapporti che non siano cessati prima della dichiarazione di fallimento, anche il rapporto di lavoro ancora in corso a tale data, salvo che sia autorizzato l’esercizio provvisorio, entra in una fase di sospensione, sicché il lavoratore non ha diritto di insinuarsi al passivo per le retribuzioni spettanti nel periodo compreso tra l’apertura del fallimento e la data in cui il curatore abbia effettuato la dichiarazione prevista dall’art. 72, primo comma, ult. parte l.fall., in quanto il diritto alla retribuzione non sorge in ragione dell’esistenza e del protrarsi del rapporto di lavoro ma presuppone, in conseguenza della natura sinallagmatica del contratto, la corrispettività delle prestazioni (Cass. 14 maggio 2012, n. 7473; Cass. 30 maggio 2018, n. 13693);

3.1. d’altro canto, è noto che la dichiarazione di fallimento non integri, ai sensi dell’art. 2119, secondo comma c.c., una giusta causa di risoluzione del rapporto, sicché esso non si risolve ex lege, per effetto dell’apertura della procedura concorsuale, entrando appunto, come anticipato, in una fase di sospensione, così deviando dall’ordinario principio di diritto comune, che attribuisce una tale tutela alla parte non inadempiente, in virtù dell’eccezione di inadempimento (art. 1460 c.c.), ovvero alla parte non insolvente, in virtù della facoltà di sospensione della propria prestazione (art 1461 c.c.). Ed essa si giustifica perché il curatore, a tutela della soddisfazione delle ragioni dei creditori cui la procedura fallimentare è finalizzata, abbia un tempo per valutare la convenienza di una scelta, autorizzata dal comitato dei creditori, tra il subentro nel rapporto, assumendone tutti gli obblighi dell’imprenditore (per quanto qui interessa: datore di lavoro) fallito ovvero lo scioglimento dal rapporto medesimo, senza assumerne alcun obbligo (art. 72, primo comma, ult. parte l. fall.);

3.2. qualora, il curatore fallimentare opti (come nel caso di specie, con la lettera raccomandata del 1° agosto 2014) per lo scioglimento del rapporto, esso cessa per effetto, non già della dichiarazione di fallimento ex se, bensì, in presenza di un giustificato motivo oggettivo quale, come nel caso in esame, la cessazione dell’attività di impresa, per effetto dell’esercizio di una facoltà comunque sottoposta al rispetto delle norme limitative dei licenziamenti individuali e collettivi (Cass. 11 gennaio 2018, n. 522; Cass. 28 maggio 2019, n. 14503);

3.3. se il rapporto si scioglie in tal modo, in assenza di un periodo di preavviso nel quale il lavoratore abbia potuto prestare la propria attività, egli matura, così come stabilito dall’art. 2118, secondo comma c.c., il diritto alla relativa indennità sostitutiva (Cass. 31 luglio 2019, n. 20647);

3.4. né infine si configura incompatibilità alcuna con l’esercizio della facoltà di scioglimento del curatore, ostativa ad effetti risarcitori conseguenti ad esso (art. 72, quarto comma l. fall.), posto che l’istituto del preavviso ha natura, non già risarcitoria, ma indennitaria, in quanto finalizzato a porre rimedio alla mera eventualità del mancato rinvenimento di una nuova occupazione, nonché a tutelare la parte che subisce l’improvvisa interruzione del rapporto, attenuandone le conseguenze (Cass. 21 settembre 2016, n. 18508; Cass. 3 ottobre 2018, n. 24106);

4. pertanto il ricorso deve essere accolto, con la cassazione del decreto impugnato e decisione nel merito, ai sensi dell’art. 384, secondo comma, ult. parte c.p.c., di ammissione del lavoratore allo stato passivo del F.C.V. s.p.a. in via privilegiata ai sensi dell’art. 2751 bis n. 1 c.c. per l’ulteriore credito di € 19.114,67, oltre rivalutazione ed interessi legali ai sensi dell’art. 55, ult. comma l. fall.; con posizione delle spese dei giudizi davanti al Tribunale e in sede di legittimità a carico della curatela soccombente.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso; cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, ammette il lavoratore allo stato passivo del F.C.V. s.p.a. in via privilegiata ai sensi dell’art. 2751 bis n. 1 c.c. per l’ulteriore credito di € 19.114,67, oltre rivalutazione ed interessi legali ai sensi dell’art. 55, ult. comma l. fall.

Condanna il Fallimento alla rifusione, in favore del lavoratore, delle spese di giudizio, che liquida: davanti al Tribunale, in € 100,00 per esborsi e € 3.000,00 per compensi professionali;

in sede di legittimità, in € 200,00 per esborsi e € 4.000,00 per compensi professionali; tutto oltre rimborso per spese generali in misura del 15% ed accessori di legge.

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