Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 08 febbraio 2023, n. 3853

Lavoro, Contribuzione figurativa prevista dall’art. 31, comma terzo, L. n. 300/1970, Attività sindacale svolta a favore del proprio datore di lavoro, Collocamento in aspettativa non retribuita per la durata del mandato sindacale, Richiesta in forma scritta, Accoglimento

 

Fatti di causa

 

Si controverte del diritto di A.M. (dipendente della Filca CISL LIGURIA dal 2008 ed eletto rappresentante sindacale della medesima associazione nel 2009) ad ottenere, nei confronti dell’INPS, l’accredito della contribuzione figurativa prevista dall’art. 31, comma terzo, l. n. 300 del 1970 per gli anni 2012 – 2015.

Il M. aveva chiesto il riconoscimento della contribuzione figurativa dal 2012 sostenendo che solo da tale epoca aveva svolto l’attività sindacale a tempo pieno e la stessa richiesta, con domanda del 28.11.2011, fu avanzata dalla FILCA CISL LIGURIA che aveva preteso anche la restituzione della contribuzione versata dal 2009.

Inizialmente, l’INPS accolse la richiesta del lavoratore, quanto agli anni 2012 e 2014, ma per quelli successivi respinse la domanda in ragione del disposto dell’art. 3, comma 1, d.lgs n. 564 del 1996, interpretato nel senso che il beneficio non spetti nell’ipotesi in cui l’attività sindacale è svolta a favore del proprio datore di lavoro.

A seguito del diniego e della revoca degli accreditamenti inizialmente riconosciuti, il M. propose ricorso giudiziario nei confronti dell’INPS ed il Tribunale di Genova, dopo aver disposto l’integrazione del contraddittorio con la FILCA CISL LIGURIA, rigettò la domanda sulla base della preliminare ed assorbente considerazione che non vi era prova che il lavoratore avesse chiesto per gli anni in questione di essere collocato in aspettativa non retribuita per la durata del mandato sindacale, come previsto dall’art. 31 l. n. 300 del 1970 e 3, comma 1, d. lgs n. 564 del 1996. Non era utile allo scopo la lettera della FILCA CISL LIGURIA, che in effetti aveva confermato la chiamata a tempo pieno a ricoprire l’incarico di dirigente sindacale componente del Consiglio Generale a decorrere dal 1/1/2011, in quanto l’impegno assoluto senza retribuzione era smentito dal fatto che il lavoratore era stato sempre retribuito regolarmente mediante corresponsione di tutti gli istituti diretti ed indiretti, come era emerso dall’acquisizione delle buste paga.

La Corte territoriale, su impugnazioni separate e poi riunite del M. e della FILCA CISL LIGURIA, ha accolto gli appelli. In particolare, puntualizzata l’illegittimità della motivazione addotta dall’INPS in sede amministrativa, relativa alla circostanza che la contribuzione non era accreditabile quando l’attività sindacale era svolta presso lo stesso datore di lavoro, in quanto contrastante con la giurisprudenza di legittimità espressa sin da Cass. n. 1454 del 1984, la Corte d’appello ha rilevato che il giudice di primo grado nell’ accertare, come è doveroso, i presupposti di applicazione della fattispecie, avrebbe dovuto rilevare che nel caso di specie l’INPS non aveva mai contestato in fatto che il M. avesse richiesto ed ottenuto l’aspettativa non retribuita per svolgere l’incarico sindacale. Dunque, il Tribunale non avrebbe potuto d’ufficio verificare la mancanza della richiesta scritta di sospensione dell’attività lavorativa e della retribuzione da parte del lavoratore, così come la mancanza di un formale provvedimento della datrice di lavoro di collocamento in aspettativa, richiesto dalla legge a pena di inefficacia. Ancora, aveva errato il primo giudice a ritenere che deponevano in senso contrario alla sussistenza dei presupposti i dati emergenti dal rilascio di buste paga percepite regolarmente durante il periodo oggetto di domanda.

Infatti, con documentazione ritenuta ammissibile perché giustificata dalle difese avversarie, la FILCA CISL LIGURIA aveva dimostrato che la percezione della retribuzione piena durante l’aspettativa sindacale era prevista dallo Statuto. In definitiva, la Corte territoriale ha ritenuto idoneamente provato l’effettivo espletamento dell’incarico e non ostativa la mancanza di forma.

Avverso tale sentenza, ricorre per cassazione l’INPS sulla base di un motivo.

Resistono con separati controricorsi, illustrati da successivi memorie, A.M. e FILCA CISL LIGURIA.

Il Procuratore Generale ha depositato memoria contenente le proprie conclusioni.

 

Ragioni della decisione

 

Con l’unico motivo di ricorso, l’INPS deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 1, d.lgs. n. 564 del 1996 e lamenta che la sentenza impugnata avrebbe errato nel riconoscere il diritto del M. all’accreditamento da parte dell’Istituto dei contributi figurativi per gli anni compresi tra il 2012 ed il 2015, in relazione all’incarico sindacale dal medesimo svolto presso il proprio datore di lavoro Filca Cisl Liguria, nonostante fosse assente un provvedimento adottato in forma scritta di collocamento in aspettativa non retribuita, richiesto a pena di efficacia ai fini dell’accreditamento della contribuzione figurativa, dall’art. 3 del d.lgs. n. 564 del 1996.

Il motivo, come evidenziato anche dal Procuratore generale, è fondato.

La disposizione appena citata prevede: < 1. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, e senza pregiudizio per le situazioni in atto, i provvedimenti di collocamento in aspettativa non retribuita dei lavoratori chiamati a ricoprire funzioni pubbliche elettive o cariche sindacali sono efficaci, ai fini dell’accreditamento della contribuzione figurativa ai sensi dell’art. 31 della legge 20 maggio 1970, n. 300, se assunti con atto scritto e per i lavoratori chiamati a ricoprire cariche sindacali dopo che sia decorso il periodo di prova previsto dai contratti collettivi e comunque un periodo non inferiore a sei mesi >.

Nei successivi commi, per quanto qui di interesse, si rinviene la disciplina delle retribuzioni figurative accreditabili ai sensi dell’art. 8, ottavo comma, l. 23 aprile 1981, n. 155. La normativa, nella sostanza, individua un parametro univoco della contribuzione accreditabile, che sostituisce quello ordinario, nel caso in cui l’aspettativa sindacale non preveda la corresponsione di emolumenti. Ci si riferisce, infatti, alle retribuzioni “figurative” previste dai contratti collettivi di lavoro della categoria, non comprendendovi emolumenti collegati alla effettiva prestazione dell’attività lavorativa oppure condizionati ad una determinata produttività o risultato di lavoro, ovvero incrementi o avanzamenti che non siano legati alla sola maturazione dell’anzianità di servizio.

L’art. 3 cit., al comma 5, prevede anche la possibilità di versare una contribuzione aggiuntiva sull’eventuale differenza tra le somme corrisposte per lo svolgimento dell’attività sindacale ai lavoratori collocati in aspettativa ai sensi dell’art. 31 della citata legge n.300 del 1970 e la retribuzione di riferimento per il calcolo del contributo figurativo di cui all’art. 8, ottavo comma, della legge n. 155 del 1981. Tale facoltà può essere esercitata dalla organizzazione sindacale, previa richiesta di autorizzazione al fondo o regime pensionistico di appartenenza del lavoratore.

Il contributo aggiuntivo, che va versato entro lo stesso termine previsto per la domanda di accredito figurativo di cui al comma 3, art. 3 cit., risulta pari all’aliquota di finanziamento del regime pensionistico a cui il lavoratore è iscritto ed è riferito alla differenza tra le somme corrisposte dall’organizzazione sindacale e la retribuzione figurativa accreditata.

Si tratta, come è evidente, della fissazione di regole procedimentali mediante le quali il legislatore delegato ha razionalizzato ed armonizzato il diritto alla contribuzione figurativa previsto dall’art. 31 l. n. 300 del 1970, vantato dal soggetto investito della funzione sindacale, senza retribuzione, nei confronti dell’Istituto gestore della propria posizione previdenziale. Proprio guardando all’assunzione dell’onere finanziario sotteso al riconoscimento della contribuzione figurativa, ci si è preoccupati di calibrare ad una retribuzione figurativa l’intervento pubblico nell’ ipotesi del collocamento in aspettativa senza corresponsione di retribuzione. E’ pure possibile il versamento di una contribuzione “aggiuntiva”, rispetto a quella accreditata sulla retribuzione figurativa, in favore del soggetto collocato in aspettativa sindacale che percepisce somme per lo svolgimento dell’attività sindacale svolta ai sensi dell’art. 31 della citata legge n. 300 del 1970 (comma 5, art. 3 d.lgs. n. 564 del 1996).

A tali forme di contribuzione si aggiunge anche, al comma 6 dello stesso articolo, la previsione secondo cui la facoltà di integrazione di cui al comma 5, della retribuzione base in godimento, si estende negli stessi termini e con le stesse modalità ivi previste per gli emolumenti e le indennità corrisposti dall’organizzazione sindacale ai lavoratori collocati in distacco sindacale con diritto alla retribuzione erogata dal proprio datore di lavoro.

Rispetto a tale complesso normativo, riferito a diritti da far valere nei confronti della pubblica amministrazione, il comma 1 dell’art. 3 cit. non può che leggersi nel senso della necessità della forma scritta del provvedimento di collocamento in aspettativa sindacale senza retribuzione ex art. 31 l. n. 300 del 1970, sin dal momento della sua assunzione.

Il ricorrente, dunque, ha fondatamente criticato la sentenza impugnata in ragione del fatto che la stessa ha ritenuto mero formalismo, superabile con l’accertamento in concreto dell’effettivo espletamento dell’attività di rappresentanza sindacale, a seguito di sospensione dell’attività di lavoro, ritenere necessario il rispetto della forma scritta del provvedimento di collocamento in aspettativa senza retribuzione.

In effetti, l’esegesi dell’art. 3, comma 1, cit. evidenzia già sul piano testuale che l’intenzione del legislatore del 1996, conformandosi alle indicazioni contenute nella legge delega all’art. 1, comma 39, l. n. 335 del 1995 finalizzate a riordinare, armonizzare e razionalizzare, nell’ambito delle vigenti risorse finanziarie, le discipline dei diversi regimi previdenziali in materia di contribuzione figurativa, ha esplicitamente posto la forma scritta dell’atto di collocamento in aspettativa senza retribuzione del rappresentante sindacale ex art. 31 l. n. 300 del 1970, quale condizione di efficacia al fine dell’ottenimento dell’accredito figurativo.

Si tratta, quindi, di un intervento normativo esplicito nel senso di condizionare l’effetto dell’accredito figurativo alla forma scritta all’atto datoriale proprio in quanto tale atto assume rilievo centrale nel procedimento amministrativo scandito dalle disposizioni in esame.

In tale prospettiva, l’interprete non può trascurare che l’interesse protetto dalla disposizione non è certo quello di ciascuna delle parti all’effettivo espletamento dell’attività di rappresentanza sindacale, che evidentemente non giustificherebbe di per sé il rispetto di stringenti oneri formali, ma quello dello Stato a che l’intervento finanziario sotteso all’accredito della contribuzione figurativa corrisponda alle effettive situazioni per le quali essa è prevista e che le stesse siano effettivamente facilmente e tempestivamente verificabili dall’autorità preposta.

Solo da una chiara ed evidente indicazione del collocamento in aspettativa sindacale e del suo regime economico, palesemente non predicabile ammettendo la possibilità di provare comunque il medesimo, può discendere la razionale applicazione della complessa disciplina previdenziale introdotta dal d.lgs. n. 564 del 1996.

La ratio dell’imposizione della forma scritta ad substantiam è dunque quella di garantire la tempestiva conoscenza e la certezza dei fatti posti a fondamento del riconoscimento dell’obbligazione pubblica in cui si risolve l’accredito della contribuzione figurativa che questa Corte di cassazione ha sempre evidenziato, come da ultimo con le pronunce n. 13767 del 2022 e n. 7698 del 2020.

A fronte dell’interpretazione appena indicata dell’art. 3, comma 1, d.lgs. n. 564 del 1996, la sentenza impugnata ha invece adottato diversa interpretazione per cui il motivo va accolto e la sentenza va cassata.

La causa inoltre può essere decisa nel merito – ai sensi dell’art. 384, secondo comma, c.p.c. – con il rigetto della originaria domanda proposta da A.M..

In particolare, va considerato che la sentenza impugnata ha esplicitamente affermato (alla pagina 13) che < […] Nella fattispecie in esame effettivamente non è stata prodotta agli atti una richiesta di aspettativa inviata dal M. a FILCA quale suo datore di lavoro, né vi è un formale provvedimento di collocamento in aspettativa da parte di quest’ultimo […]> e gli stessi controricorrenti indicano quale atto a loro avviso idoneo a soddisfare i requisiti di legge il documento datato 30.11.2012, allegato al fascicolo della FILCA CISL, di mera conferma del conferimento dell’incarico di dirigente sindacale a tempo pieno, evidentemente assunto in precedenza in forma non scritta e senza peraltro indicare che l’aspettativa era stata disposta senza erogazione della retribuzione.

In definitiva, il ricorso va accolto, la sentenza va cassata e, decidendo nel merito, la domanda di A.M. va rigettata.

Le spese dell’intero processo, posto che non si rinvengono precedenti specifici di legittimità in ordine alla natura ad substantiam della forma del provvedimento di collocamento in aspettativa, prevista dall’art. 3, comma 1, d.lgs n. 564 del 1996, vanno compensate.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta da A.M.. Dichiara compensate le spesedell’intero processo.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 08 febbraio 2023, n. 3853
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