Per quanto riguarda il rapporto di lavoro, la società a partecipazione pubblica è assoggettata al regime privatistico salvo esplicite deroghe, come quelle per il reclutamento del personale, non riguardanti la materia delle qualifiche e mansioni. Tale applicabilità non si pone in contrasto con gli obblighi gravanti in materia di assunzione, data l’ontologica diversità dei due istituti, stante natura della società a partecipazione pubblica e la qualificazione dei rapporti di lavoro che con la stessa si instaurano.
Nota a Cass. 1° dicembre 2022, n. 35421
Francesca Albiniano
“Il rapporto di lavoro alle dipendenze delle società a controllo pubblico non è disciplinato dal D.Lgs. n. 165 del 2001, bensì dalle norme del codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro alle dipendenze di privati, che trovano applicazione in assenza di una disciplina speciale derogatoria. Il D.L. n. 112 del 2008, art. 18 e la legislazione della Regione Sicilia che fa divieto alle società a partecipazione totale o maggioritaria della Regione di procedere all’assunzione di nuovo personale ed impone il contenimento della spesa per il personale non comportano una deroga all’applicazione, quanto alla disciplina delle mansioni, dell’art. 2103 c.c.”.
Lo afferma la Corte di Cassazione (1 dicembre 2022, n 35421; diff. da App. Messina n. 52/2020) in relazione al caso di un dipendente di una società per azioni a totale partecipazione pubblica, il quale rivendicava la qualifica superiore in ragione delle mansioni concretamente svolte per alcuni anni. I giudici di merito avevano riconosciuto solo le differenze retributive conseguenti alle più elevate mansioni svolte, ma non la qualifica superiore, ritenendo incompatibili con l’applicazione dell’art. 2103 c.c. la circostanza che le leggi statali e regionali (v. D.L. n. 112 del 2008, art. 18, nel testo vigente ratione temporis, nonché le L.R. Siciliana n. 25 del 2008 e L.R. Siciliana n. 11 del 2010), hanno esteso alle società partecipate i vincoli procedurali imposti alle amministrazioni pubbliche per l’assunzione del personale e ritenendo, alla luce di ciò, incompatibile l’applicazione dell’art. 2103.
La Cassazione dà atto che in materia esistono nella giurisprudenza di merito e nella dottrina orientamenti contrastanti e opta decisamente per la soluzione dell’applicabilità dell’art. 2103 c. c. Viene perciò negata la tesi secondo cui dalla natura sostanzialmente pubblica del capitale impiegato dalla società controllata discende l’applicazione dei medesimi principi che nell’impiego pubblico contrattualizzato e che impediscono l’attribuzione della qualifica superiore per effetto dello svolgimento di fatto delle corrispondenti mansioni.
La Corte rileva altresì come le S.U. della Cassazione (in linea con la giurisprudenza amministrativa) abbiano affermato che “la partecipazione pubblica non muta la natura di soggetto privato della società, la quale resta assoggettata al regime giuridico proprio dello strumento privatistico adoperato, salve specifiche disposizioni di segno contrario o ragioni ostative di sistema che portino ad attribuire rilievo alla natura pubblica del capitale impiegato e del soggetto che possiede le azioni della persona giuridica” (cfr. fra tante Cass. S.U. n. 29078/2019, Cass. S.U. n. 21299/2017, Cass. S.U. n. 7759/2017, Cass. S.U. n. 26591/2016; v. anche Cons. Stat. Ad. Plen. n. 10/2011).
Tale orientamento si uniforma alla previsione legislativa contenuta nell’art. 4, DL. n. 95/2012, conv. dalla L. n. 135/2012, secondo cui “le disposizioni del presente articolo e le altre disposizioni, anche di carattere speciale, in materia di società a totale o parziale partecipazione pubblica si interpretano nel senso che, per quanto non diversamente stabilito e salvo deroghe espresse, si applica comunque la disciplina del codice civile in materia di società di capitali”.
Tale indirizzo è stato ribadito dal D.Lgs. n. 175 del 2016 il quale dispone che: “per tutto quanto non derogato dalle disposizioni del presente decreto, si applicano alle società a partecipazione pubblica le norme sulle società contenute nel codice civile e le norme generali di diritto privato” (art. 1, co.3) ed aggiunge, con specifico riferimento al rapporto di lavoro, che “salvo quanto previsto dal presente decreto, ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle società a controllo pubblico si applicano le disposizioni del capo I, titolo II, del libro V del codice civile, dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa, ivi incluse quelle in materia di ammortizzatori sociali, secondo quanto previsto dalla normativa vigente, e dai contratti collettivi” (art. 19, co.1).