Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 16 febbraio 2023, n. 4842

Lavoro, Riliquidazione della pensione di anzianità, Beneficio della rivalutazione contributiva per pregressa esposizione ad amianto, Neutralizzazione dei contributi meno favorevoli dell’ultimo quinquennio, Decadenza, Inammissibilità

 

Fatti di causa

 

Con sentenza depositata il 4.10.2019, la Corte d’appello di Torino ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva accolto la domanda di P.R. volta alla riliquidazione della pensione di anzianità previa neutralizzazione delle ultime 57 settimane di contribuzione meno favorevoli e sostituzione di esse con altre rivenienti dal beneficio della rivalutazione contributiva per pregressa esposizione ad amianto.

La Corte, dato preliminarmente atto che il pensionato rientrava nel novero di coloro che alla data del 31.12.1995 avevano già conseguito un’anzianità contributiva pari o superiore a 18 anni e dunque avevano diritto ad aver mantenuto il previgente sistema di calcolo retributivo per le anzianità maturate fino al 31.12.2011, ha ritenuto che la retribuzione annua pensionabile dovesse determinarsi con l’applicazione dei criteri previsti dall’art. 3, comma 8°, l. n. 297/1982, avuto riguardo rispettivamente alle ultime 260 e 520 settimane antecedenti la decorrenza della pensione, e ha pertanto ritenuto applicabili i principi più volte affermati dalla Corte costituzionale in merito alla ratio di favore sottesa alla selezione dell’arco temporale di riferimento per il calcolo della pensione, dichiarando nel caso di specie il diritto alla neutralizzazione dei contributi meno favorevoli dell’ultimo quinquennio.

Avverso tale pronuncia l’INPS ha proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi di censura, successivamente illustrati con memoria. P.R. ha resistito con controricorso, eccependo preliminarmente l’improcedibilità e inammissibilità del ricorso per cassazione e, nel merito, la sua infondatezza.

Il Pubblico ministero ha depositato conclusioni scritte con cui ha chiesto l’accoglimento del secondo motivo di ricorso.

 

Ragioni della decisione

 

Con il primo motivo di censura, l’INPS denuncia violazione dell’art. 47, d.P.R. n. 639/1970, come novellato dall’art. 38, d.l. n. 98/2011 (conv. con l. n. 111/2011), per non avere la Corte di merito rilevato la decadenza dalla domanda di riliquidazione, siccome proposta oltre tre anni dopo la data di liquidazione della pensione per cui è causa.

Con il secondo motivo, l’INPS lamenta violazione dell’art. 3, l. n. 297/1982, e 13, l. n. 257/1992, per avere la Corte territoriale accolto la domanda nonostante che le 57 settimane oggetto di neutralizzazione fossero necessarie per il conseguimento della pensione di anzianità, non potendo ammettersi che il beneficio della rivalutazione contributiva di cui all’art. 13, l. n. 257/1992, possa operare in eccesso rispetto all’anzianità contributiva massima e segnatamente, come nella specie, per sostituire periodi meno favorevoli di contribuzione.

Ciò posto, è fondata la preliminare eccezione d’inammissibilità del ricorso.

Risulta dalla documentazione allegata al controricorso che, anteriormente alla notifica di cui si dice nella memoria depositata dall’INPS ex art. 378 c.p.c., la sentenza impugnata è stata notificata telematicamente all’odierno ricorrente in data 7.10.2019, presso il procuratore costituito presso il giudizio di appello, come risulta dalla ricevuta di avvenuta consegna nella casella di destinazione di quest’ultimo. E poiché è ormai consolidato il principio secondo cui la notificazione della sentenza d’appello diretta alla parte ed effettuata presso il suo procuratore costituito domiciliatario ex lege è idonea a determinare la decorrenza del termine breve per la proposizione del ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 325, comma 2°, c.p.c., indipendentemente dal fatto che il provvedimento sia stato notificato in forma esecutiva (così da ult. Cass. n. 2974 del 2020), affatto tardiva deve reputarsi l’impugnazione in questa sede di legittimità proposta dall’INPS con il ricorso notificato in data 3.6.2020.

Il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano e distraggono come da dispositivo. Tenuto conto della declaratoria d’inammissibilità del ricorso, sussistono inoltre i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso.

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna l’INPS alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in € 3.200,00, di cui € 3.000,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge, e si distraggono in favore dei difensori di parte controricorrente.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 16 febbraio 2023, n. 4842
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