Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 16 febbraio 2023, n. 4840

Lavoro, Pensione di vecchiaia, Retrodatazione, Decorrenza della pensione di vecchiaia ai sensi dell’art. 6 della Legge n. 155/1981, Perfezionamento del requisito assicurativo e contributivo avvenuto per effetto di una normativa successiva alla data del compimento dell’età pensionabile, Accredito figurativo dei periodi corrispondenti al congedo di maternità fuori dal rapporto di lavoro, Divieto di irretroattività della Legge, Rigetto

 

Fatti di causa

 

1. La Corte di appello di Lecce ha respinto il gravame avverso la decisione di primo grado con la quale era stata rigettata la domanda dell’odierna ricorrente volta ad ottenere la retrodatazione, al primo giorno del mese successivo alla data del compimento del cinquantesimo anno di età, della pensione di vecchiaia in qualità di ex lavoratrice dipendente, riconosciuta, invece, dall’Inps a far data dall’ 1 maggio 2001 ( primo giorno del mese successivo a quello di entrata in vigore dell’art. 25 del d.Lgs. nr. 151 del 2001) in seguito all’accredito dei periodi corrispondenti all’astensione obbligatoria per maternità avvenuta al di fuori del rapporto di lavoro nonché al riscatto del periodo di astensione facoltativa ai fini del completamento del requisito contributivo di 15 anni di attività, ai sensi della legge nr. 503 del 1992.

2. A fondamento della decisione, la Corte territoriale, premesso che la questione controversa riguardava l’individuazione della data di decorrenza della pensione di vecchiaia, coincidente, secondo la parte privata, con il compimento dell’età pensionabile e, secondo l’istituto, con il primo giorno del mese successivo all’entrata in vigore della norma che aveva riconosciuto la contribuzione figurativa utile ai fini di causa, ha osservato come l’interpretazione suggerita dall’appellante (id est: dall’assicurata) dell’art. 25 cit. non trovasse fondamento nel richiamo, contenuto nella norma, all’art.8 della legge nr. 155 del 1988, finalizzato solo a determinare le modalità di calcolo dei contributi, secondo le regole di disciplina dei periodi di competenza, e non certo per «attribuire prestazioni pensionistiche retroattivamente e per un numero imprecisato di anni».

3. Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione A.P. con due motivi. Ha resistito, con controricorso, l’INPS. Il Pubblico Ministero ha depositato memoria con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.

 

Ragioni della decisione

 

4. Con il primo motivo, la ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 cod.proc.civ. perché il punto controverso era la decorrenza della pensione di vecchiaia ai sensi dell’art. 6 della legge nr. 155 del 1981 e non la questione dell’accredito della contribuzione figurativa, valutata dalla Corte territoriale.

5. Con il secondo motivo, la ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 6 della legge nr 155 del 1981, perché la Corte di appello avrebbe erroneamente negato il diritto della ex lavoratrice alla retrodatazione degli effetti prodotti dall’intervento legislativo del 2001 sino al primo giorno del mese successivo a quello del compimento dell’età pensionabile (1° settembre 1990).

6. Il complesso delle censure è, nel suo insieme, infondato.

7. In primo luogo, non è dubbio che l’azione fosse rivolta ad ottenere la retrodatazione della pensione di vecchiaia al giorno del compimento del cinquantacinquesimo anno di età, come chiaramente espresso sin dall’incipit della pronuncia impugnata e reso evidente dal percorso motivazionale adottato.

8. Il profilo dell’accredito contributivo di cui all’art. 25 della legge nr. 155 del 1981, sviluppato nella sentenza impugnata, rappresenta solo un passaggio del ragionamento argomentativo volto a negare esattamente il bene della vita richiesto e, come tale, riconducibile al perimetro del petitum.

9. E’, infatti, solo il caso di ricordare che il vizio di ultrapetizione o extrapetizione ricorre quando il giudice del merito, interferendo nel potere dispositivo delle parti, alteri gli elementi obiettivi dell’azione (petitum e causa petendi) e, sostituendo i fatti costitutivi della pretesa, emetta un provvedimento diverso da quello richiesto (petitum immediato), ovvero attribuisca o neghi un bene della vita diverso da quello conteso (petitum mediato), e non compreso, nemmeno implicitamente o virtualmente, nell’ambito della domanda o delle richieste delle parti.

10. Ne consegue che non incorre nel vizio di ultrapetizione il giudice che, come si assume avvenuto nella specie, esamini una questione non espressamente formulata, tutte le volte che questa debba ritenersi tacitamente proposta, in quanto in rapporto di necessaria connessione con quelle espressamente formulate (v., tra le altre, Cass. nr. n.17897 del 2019 con il richiamo a Cass. nr. 22595 del 2009).

11. Ciò posto, la questio iuris devoluta alla Corte attiene alla decorrenza del trattamento pensionistico quando il perfezionamento del requisito assicurativo e contributivo sia avvenuto per effetto di una normativa successiva alla data del compimento dell’età pensionabile.

12. E’ opportuno ribadire che, alla data del compimento dell’età pensionabile, la lavoratrice non poteva godere della pensione di vecchiaia, per mancanza del requisito dell’anzianità assicurativa e contributiva di almeno 15 anni, secondo la disciplina di riferimento. Ratione temporis (id est: al momento del compimento dell’età pensionabile: 27.8.1990), infatti, la normativa non riconosceva, ai fini dell’anzianità contributiva, l’accredito figurativo dei periodi corrispondenti al congedo di maternità fuori dal rapporto di lavoro, nella specie necessari per il perfezionamento del diritto a pensione: il trattamento pensionistico è stato, infatti, liquidato grazie al determinante e decisivo apporto dei contributi riconosciuti ex art. 25, comma 2, D.Lgs. nr. 151 del 2001 e di quelli riscattati, dalla ricorrente, ai sensi dell’art. 35, comma 5, del medesimo D.Lgs. n. 151, con onere finanziario a carico dell’interessata.

13. Ciò chiarito, giova precisare che la contribuzione figurativa per i periodi corrispondenti all’astensione obbligatoria dal lavoro per gravidanza e puerperio e la facoltà di riscattare i periodi corrispondenti all’astensione facoltativa, in assenza di rapporto di lavoro, era già prevista dal D.Lgs. nr. 503 del 1992, art. 14, tuttavia, limitatamente ai periodi di astensione successivi al primo gennaio 1994.

14. Il ristretto ambito temporale è stato abrogato dal D.Lgs. n. 151 che, con gli artt. 25, comma 2, e 35, comma 5, ha dato rilievo, in presenza di specifici presupposti, alla maternità, indipendentemente dalla collocazione temporale della stessa, avvenuta al di fuori del rapporto di lavoro, e quindi ad eventi che, come nella specie, erano precedenti al primo gennaio 1994.

15. La fictio juris di ritenere coperte le maternità, non in costanza di rapporti di lavoro, al pari delle maternità nel corso dei rapporti lavorativi, è stata, dunque, introdotta, in via generale, solo nel 2001, anche per eventi lontani nel tempo, e ricadenti in epoca in cui l’ordinamento non apprestava ancora alcuna tutela, consentendo alla lavoratrice di acquisire una provvista contributiva utile e spendibile agli effetti dell’acquisizione del diritto a pensione.

16. Ne deriva, ritornando alla specifica posizione previdenziale che, solo nel 2001, sono venuti ad esistenza i due presupposti (anagrafico e contributivo) necessari per il perfezionamento del diritto e per la decorrenza del trattamento pensionistico, ai sensi e per gli effetti dell’art. 6 della legge nr. 155 del 1981, in base al quale: «La pensione di vecchiaia […] decorre dal primo giorno del mese successivo a quello nel quale l’assicurato ha compiuto l’età pensionabile, ovvero, nel caso in cui a tale data non risultino soddisfatti i requisiti di anzianità assicurativa e contributiva, dal primo giorno del mese successivo a quello in cui i requisiti suddetti vengono raggiunti».

17. L’anticipazione del beneficio al momento di compimento dell’età pensionabile non ha alcun aggancio normativo né, a tale riguardo, appare pertinente il richiamo all’autorevole precedente di questa Corte (Cass., sez. un., 28 marzo 1995, n. 3667) relativo a fattispecie che riguardava il riscatto dei periodi di lavoro prestati all’estero, ai fini della decorrenza del trattamento pensionistico.

18. Come già osservato da questa Corte, in un caso sostanzialmente analogo al presente (v. Cass. nr. 13969 del 2018, §§ 13 e 14) il precedente di legittimità (confermato da altri successivi) non involge il tema qui esaminato, relativo ad eventi diversi, ai quali, si ripete, solo nel 2001, il legislatore ha attribuito giuridica rilevanza.

19. La retrodatazione pretesa dalla parte ricorrente impatterebbe con il divieto di irretroattività della legge, in quanto si tratterebbe non solo di retrodatare (rispetto alla domanda di pensione nonché di accredito della contribuzione figurativa ex art. 25 e di riscatto ex art. 35 citati, pacificamente presentate nel 2009), al fatto giuridico considerato dalle norme (id est: maternità al di fuori del rapporto di lavoro) gli effetti da esse previsti (id est: accredito contributivo) ma di retrodatare l’efficacia della legge istitutiva della fictio iuris ad un momento antecedente alla sua entrata in vigore, in assenza di una specifica previsione.

20. Correttamente, in definitiva, l’Inps ha riconosciuto il diritto dal 2001 e, cioè, dal momento in cui l’ordinamento ha consentito di attribuire, alla maternità della ricorrente, un rilievo contributivo ai fini del rapporto previdenziale.

21. Sulla base delle esposte considerazioni, il ricorso va rigettato.

22. Nulla deve provvedersi in ordine alle spese del presente giudizio, stante la rituale dichiarazione di esenzione ex art. 152 disp.att.cod.proc.civ.

23. Sussistono invece i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

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