Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 20 febbraio 2023, n. 5273
Lavoro, Conguaglio operato per l’eccedenza di retribuzione corrisposta, Ferie fruite dopo la cessazione dell’integrazione salariale, Contratti di solidarietà difensivi, Cd. riproporzionamento della retribuzione feriale, Tardività del ricorso, Accoglimento
Fatti di causa
1. Con sentenza del 21.1.2021 la Corte d’appello di Palermo ha rigettato l’appello di A.C. s.p.a. avverso la sentenza di primo grado, che aveva dichiarato insussistente l’obbligo di restituzione ed illegittimo il recupero attivato dalla società (con la sua condanna alla restituzione di quanto indebitamente trattenuto), nei confronti dei propri dipendenti, indicati in epigrafe quali controricorrenti, in relazione al conguaglio operato per l’eccedenza di retribuzione loro corrisposta per i periodi di ferie fruiti dopo la cessazione dell’integrazione salariale a carico dell’Inps, ancorché maturati in costanza del periodo di vigenza dei contratti di solidarietà cd. difensivi (in base ad accordi relativi al periodo 2013 – 2016, implicanti una riduzione dell’orario di lavoro su base verticale e a livello mensile, con relativo “riproporzionamento” degli istituti contrattuali e retributivi) del tipo A (con intervento in percentuale dell’integrazione salariale a carico dell’Inps), divenuti dal 1° dicembre 2015 al 31 maggio 2016 di tipo B (senza più integrazione salariale).
2. Preliminarmente illustrata la natura e gli effetti dei contratti di solidarietà, la Corte territoriale ha ritenuto, in condivisione con il Tribunale, la spettanza dell’onere probatorio, come sempre per chi agisca in ripetizione di un pagamento che assuma indebito ancorché convenuto (come nel caso di specie per l’iniziativa del lavoratore) in un giudizio di accertamento negativo, a carico della società datrice. E parimenti ha escluso che essa avesse documentato (come ben avrebbe potuto con le buste paga emesse nei corrispondenti periodi contrattuali, non prodotte, con la conseguente impossibilità di comparazione tra le poste in contestazione) la corresponsione di una retribuzione maggiore di quella dovuta per effetto della fruizione dai lavoratori delle ferie, maturate in costanza del periodo di solidarietà, in epoca successiva.
3. Né, infine, essa ha ravvisato nella richiesta restitutoria di A.C. s.p.a. alcun interesse meritevole di tutela, per la garanzia costituzionale del diritto del lavoratore alle ferie, regolato per legge, avendo essa scelto unilateralmente, in base ad un proprio atto di gestione imprenditoriale maggiormente rispondente ai propri interessi, di impiegare i lavoratori durante il periodo di solidarietà, fruendo in esso del cd. riproporzionamento della retribuzione; senza potersi ulteriormente avvantaggiare della riduzione di quanto loro dovuto per il periodo feriale maturato in detto periodo, ma goduto dai lavoratori dopo, una volta totalmente ripristinati gli obblighi giuridici (di prestazione e di corrispettiva retribuzione) del rapporto di lavoro.
4. Con atto notificato il 3.6.2021 la società ha proposto ricorso per cassazione con sei motivi, rilevando in via preliminare l’intervenuta cessazione della materia del contendere nei confronti di F.R.. I lavoratori indicati in epigrafe hanno resistito con controricorso e ricorso incidentale con un motivo ed hanno depositato memoria, ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
5. Il P.G. ha rassegnato conclusioni scritte, a norma dell’art. 23, comma 8bis d.l. 137/20 inserito da l. conv. 176/20, nel senso del rigetto del ricorso.
Ragioni della decisione
Ricorso principale di A.C. s.p.a.
1. Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2 legge n. 863/1984, 5 legge n. 236/1993 e delle circolari Inps n. 9/1986 e n. 212/1994, per avere la Corte territoriale trascurato di considerare la maturazione delle ferie, durante la vigenza del contratto di solidarietà, in proporzione all’effettivo orario osservato (in misura ridotta) da ciascun dipendente, come previsto dai contratti di solidarietà stipulati dalla società (pg. 3 degli Accordi 31 marzo 2012, 20 maggio 2014, 8 aprile 2015, 31 maggio 2016 e pg. 4 dell’Accordo 18 dicembre 2015), né la distinzione tra contratti di solidarietà di tipo A e di tipo B (occupandosi, le circolari INPS, esclusivamente di prevedere un’integrazione salariale delle ferie per la solidarietà di tipo A, senza porre alcun principio in base al quale le ferie fruite successivamente alla scadenza della solidarietà siano interamente a carico del datore di lavoro).
2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce omesso esame ed erronea valutazione di documentazione prodotta in giudizio e conseguente difetto di motivazione circa un punto decisivo della controversia ed omesso esame dei documenti allegati da 1 a 6, 12 e 13 alla memoria di costituzione, avendo la Corte territoriale trascurato non solo la circostanza dell’assenza di contestazione da parte dei lavoratori di integrale pagamento della retribuzione feriale relativa ai periodi di solidarietà (pertanto fatto pacifico non esigente ulteriore prova), ma anche dell’analitico dettaglio, riportato dalla documentazione richiamata, delle ferie maturate e non fruite nei periodi di solidarietà con i corrispondenti importi retributivi (dai quali agevolmente ricavabili, con una semplice operazione matematica, le somme effettivamente dovute).
3. Con il terzo motivo la società deduce violazione e falsa applicazione della normativa in materia di contratti di solidarietà e riproporzionamento della retribuzione feriale durante i relativi periodi, avendo la Corte territoriale trascurato l’esplicita previsione di tutti i contratti di solidarietà stipulati del proporzionamento delle ferie alle ore effettivamente lavorate dal dipendente, così come della remunerazione relativa: ricevendo i dipendenti, nei contratti difensivi di tipo A, due quote retributive concernenti le ferie (il trattamento economico riproporzionato erogato dal datore di lavoro e l’integrazione salariale, corrisposta solo se le ferie siano fruite durante il regime di solidarietà, dall’Inps); nei contratti di tipo B, esclusivamente l’importo riproporzionato, erogato dal datore di lavoro.
4. Con il quarto motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., per l’omessa prova della volontà dei lavoratori di fruire delle ferie dopo la vigenza del contratto, avendo la Corte territoriale non considerato: a) essersi la società, quanto ai periodi di ferie, attenuta ai criteri fissati dal contratto collettivo applicato in azienda (in particolare, art. 31 C.C.N.L. Telecomunicazioni 1° febbraio 2013, di previsione ogni anno di un piano di ferie estivo – da giugno a settembre – e di uno invernale – dal 15 dicembre al 15 gennaio – in relazione ai quali presentare da parte dei dipendenti domanda di ferie);
b) avere sollecitato i dipendenti alla corretta fruizione delle ferie (con espresse comunicazioni evidenzianti l’inserimento in busta paga di tre distinti contatori riferiti alla maturazione, fruizione e ai residui dell’istituto “ferie cds”); c) non avere mai ricevuto richieste di fruizione di ferie in periodi diversi da quelli effettivamente goduti dai singoli dipendenti.
Essa ha negato la violazione pure dell’art. 36 Cost., essendo state le ferie riproporzionate alla quantità e qualità della prestazione resa dai lavoratori, in mancanza di alcun obbligo normativo per il datore di lavoro di pagamento della quota del trattamento retributivo in eccesso.
Sicché, l’unico momento di fruizione delle ferie non poteva che essere il primo utile di svolgimento della prestazione lavorativa, non avendo alcun dipendente richiesto mai di fruire di ferie in tempi o modi diversi da quelli indicati dalla società.
5. Con il quinto motivo essa deduce violazione e falsa applicazione degli artt 112 c.p.c., 2697 c.c., in quanto la Corte territoriale – pure avendo menzionato il primo motivo di gravame (relativo alla violazione da parte del Tribunale del principio di corrispondenza del chiesto al pronunciato, in ordine all’onere della prova, a carico della società, di avere i lavoratori prestato un numero di giornate di lavoro inferiori a quelle che generalmente prevedono la garanzia di piena maturazione dei ratei, compresi quelli di ferie, durante i contratti di solidarietà) – ha tuttavia trascurato che nessuna delle parti aveva mai messo in discussione di aver lavorato per un numero di giornate tale da comportare un ricalcolo (a livello retributivo) delle ferie, anche alla luce degli Accordi di solidarietà intercorsi: dato pertanto pacifico.
6. Con il sesto motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 91, 92 c.p.c. e del D.L. 132/2014, per erronea statuizione sulle spese, secondo il regime di soccombenza, anziché la loro compensazione per la complessità e la novità della questione.
Ricorso incidentale dei lavoratori
7. Con l’unico motivo è denunciata, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 327, comma 1, c.p.c. e, in subordine dell’art. 112 c.p.c., per inammissibilità del ricorso in appello proposto dalla società senza il rispetto dei termini di cui all’art. 327 c.p.c. e conseguente passaggio in giudicato della sentenza di primo grado.
In subordine, si deduce l’omessa pronuncia sulla eccezione di tardività del ricorso in appello (ancorché rilevabile d’ufficio) sollevata nella memoria di costituzione in appello dei lavoratori.
8. Il ricorso incidentale, logicamente preliminare, è fondato.
9. Dagli atti processuali, indicati e depositati dai controricorrenti in conformità al disposto dell’art. 366, comma 1 n. 6 e 369, comma 2 n. 4 c.p.c., ed esaminati da questa Corte in relazione all’error in procedendo denunciato (v. Cass., S.U. n. 8077 del 2012), emerge che la sentenza di primo grado è stata pubblicata mediante deposito in cancelleria il 13.3.2009 e il ricorso in appello di A.C. s.p.a. è stato depositato telematicamente in data 23.9.2019, quindi oltre il termine di sei mesi previsto dall’art. 327, comma 1, c.p.c.
10. Il ricorso in appello, in quanto proposto tardivamente, deve essere dichiarato inammissibile, con passaggio in giudicato della sentenza di primo grado, anche quanto alla regolazione delle spese processuali.
11. In accoglimento del ricorso incidentale, deve quindi cassarsi senza rinvio, ai sensi dell’art. 382, comma 3 c.p.c., la sentenza impugnata, non potendosi riconoscere al gravame inammissibilmente spiegato alcuna efficacia conservativa del processo di impugnazione (v. Cass. S.U. n. 25478 del 2021; Cass. n. 26525 del 2018; Cass. n. 16863 del 2017; Cass. n. 25209 del 2014) e dichiarare inammissibile l’appello proposto da A.C. s.p.a. avverso la sentenza di primo grado. Risulta di conseguenza inammissibile il ricorso in cassazione di A.C. s.p.a.
12. La regolazione delle spese del giudizio di appello e del presente giudizio di legittimità – ferma la statuizione sulle spese contenuta nella sentenza del Tribunale – segue il criterio di soccombenza, con liquidazione come in dispositivo e raddoppio del contributo unificato, se dovuto, ricorrendone i presupposti processuali, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 (v. Cass., S.U. n. 23535 del 2019).
P.Q.M.
Accoglie il ricorso incidentale, cassa senza rinvio la sentenza impugnata e dichiara inammissibile l’appello proposto da A.C. s.p.a. avverso la sentenza del Tribunale di Palermo. Dichiara inammissibile il ricorso principale di A.C. s.p.a.
Condanna A.C. s.p.a. alla rifusione delle spese del giudizio di appello che liquida in € 1.800,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese generali, Iva e Cpa come per legge, e alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in € 200,00 per esborsi e € 2.500,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali nella misura del 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13, se dovuto.