Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 20 febbraio 2023, n. 5244
Lavoro, Licenziamento, Superamento del periodo di comporto, Art. 2110 co. 2 c.c., Cassazione Sezioni Unite sentenza n. 12568/2018, Rigetto
Fatti di causa1
1. La Corte di appello di Cagliari – Sezione Distaccata di Sassari – con la sentenza n. 22/2019, per quello che ancora rileva, ha confermato la pronuncia del Tribunale di Tempio Pausania che aveva dichiarato la nullità del licenziamento, adottato in data 5.10.2010 alla dipendente V.P. per superamento del periodo di comporto, poiché intimato con decorrenza posticipata rispetto alla data dell’invio della lettera di recesso datoriale del rapporto di lavoro.
2. Avverso la decisione di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione la W.T.O. srl affidato ad un motivo. La lavoratrice non ha svoto attività difensiva.
3. Il Procuratore Generale ha rassegnato conclusioni scritte, ai sensi dell’art. 23 comma 8 bis del d.l n. 137 del 2020 coordinato con la legge di conversione n. 176 del 2020, chiedendo il rigetto del ricorso.
Ragioni della decisione
1. Con l’unico motivo la società denuncia la violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto dell’art. 2110 cc e dell’art. 1347 cc, in relazione all’art. 360 n. 3 cpc, sostenendo che la Corte territoriale aveva errato nel ritenere la nullità del licenziamento intimato per superamento del periodo di comporto quando questo non era stato superato (seppure con decorrenza successiva al compiersi dello stesso) atteso che l’art. 1347 cc autorizzava la valutazione di validità del contratto (e dell’atto unilaterale) avente un dies a quo di efficacia non al momento di sua formazione bensì in quello in cui deve svolgere i suoi effetti.
2. Il motivo non è fondato.
3. Sulla questione di diritto, sottesa alla censura di cui all’unica doglianza del ricorso, si sono pronunciate le Sezioni Unite di questa Corte le quali, con la pronuncia n. 12568/2018, hanno affermato che l’opzione interpretativa, secondo cui sarebbe già validamente disposto il licenziamento per il protrarsi delle assenze per malattia del lavoratore, con l’unico limite del mero differimento dell’efficacia del recesso, contrasta con la giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. Sez. Un. n. 2072/80) né può suffragarsi la tesi della mera inefficacia del recesso fondata sul fatto che la fattispecie legittimante il recesso si realizzerebbe successivamente.
4. Ciò perché i requisiti di validità del negozio vanno valutati al momento in cui esso viene posto in essere non già al momento della produzione degli effetti, salvo il caso, che qui non ricorre, disciplinato dall’art. 1347 cc, in quanto tale disposizione non disciplina i contratti o atti ad efficacia differita, ma quelli sottoposti a condizione o a termine e riguarda l’ipotesi del sopravvenire della possibilità della prestazione inizialmente impossibile.
5. Come condivisibilmente sottolineato dal Procuratore Generale, pertanto, nella fattispecie causale di cui all’art. 2110 co. 2 cc il rapporto può essere risolto in caso di malattia solo se e quando siano decorsi i periodi predeterminati, non potendosi consentire la possibilità di irrogare un licenziamento assoggettandolo alla condizione di un futuro superamento del termine di comporto.
6. Alla stregua di quanto esposto il ricorso deve essere rigettato, nulla disponendo in ordine alle spese di lite non avendo l’intimata svolto attività difensiva.
7. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Nulla in ordine alle spese del presente giudizio. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.