La Cassazione conferma il divieto di esercizio del potere disciplinare due volte in relazione al medesimo fatto (ne bis in idem).
Nota a Cass. (ord.) 19 gennaio 2023, n. 1584
Fabrizio Girolami
In tema di licenziamento per “scarso rendimento” del personale autoferrotranviario, l’esonero definitivo dal servizio si connota – sul piano oggettivo – per un rendimento della prestazione inferiore alla media esigibile, mentre – sul piano soggettivo – per l’imputabilità a colpa del lavoratore. Sicché, per tali ragioni, lo “scarso rendimento” non può essere dimostrato da plurimi precedenti procedimenti disciplinari già contestati e sanzionati al lavoratore, pena la violazione del principio del “ne bis in idem” applicabile anche per le contestazioni disciplinari di cui all’art. 7 Stat. Lav. (L. n. 300/1970).
Lo ha affermato la Corte di Cassazione, sez. lav., con l’ordinanza n. 1584 del 19 gennaio 2023, in relazione alla controversia insorta tra un lavoratore con mansioni di autoferrotranviere che era stato licenziato dalla società datrice di lavoro (Tper – Traporti Passeggeri Emilia-Romagna S.p.A.) per “scarso rendimento”, ai sensi e per gli effetti dell’art. 27, co. 1, lett. d), del regolamento attuativo, All. A al R.D. 8 gennaio 1931, n. 148 (che prevede l’esonero definitivo dal servizio degli agenti stabili “per scarso rendimento o per palese insufficienza imputabile a colpa dell’agente nell’adempimento delle funzioni del proprio grado”), in ragione del fatto che nel corso del suo lungo rapporto di lavoro era stato destinatario di innumerevoli provvedimenti disciplinari (ben 110 sanzioni disciplinari).
La Cassazione ha rigettato il ricorso della società datrice di lavoro, affermando quanto segue:
- come già affermato dal prevalente orientamento della giurisprudenza di legittimità (cfr., tra le altre, Cass. 23.3.2017, n. 7522; Cass. 14.2.2017, n. 3855) l’esonero definitivo dal servizio per scarso rendimento, previsto dalla disciplina speciale del R.D. n. 148/1931 per il personale delle ferrovie, tranvie e linee di navigazione interna in regime di concessione “si connota, sul piano oggettivo, per un rendimento della prestazione inferiore alla media esigibile e, sul piano soggettivo, per l’imputabilità a colpa del lavoratore”;
- una volta ricostruita la fattispecie dello “scarso rendimento” in termini di violazione evidente della diligente collaborazione dovuta dal dipendente e a lui imputabile “divengono palesi le analogie con l’omologo illecito disciplinare previsto nella disciplina comune del rapporto di lavoro”, anche in considerazione del fatto che “la definizione di scarso rendimento nella disciplina del rapporto di lavoro degli autoferrotranvieri è stata ricavata dalla giurisprudenza formatasi in relazione alla disciplina generale” che definisce lo “scarso rendimento” quale “violazione evidente della diligente collaborazione dovuta dal dipendente ed a lui imputabile” (cfr., ex multis, Cass. n. 14758/2013);
- di conseguenza, anche nel rapporto di lavoro degli autoferrotranvieri lo scarso rendimento “non può essere di per sé dimostrato dai plurimi precedenti disciplinari del lavoratore già sanzionati in passato, perché ciò costituirebbe una indiretta sostanziale duplicazione degli effetti di condotte ormai esaurite”;
- trova, dunque, applicazione anche nella fattispecie di “scarso rendimento” di cui alla disciplina speciale del R.D. n. 148/1931, il divieto, più volte affermato dalla Cassazione con riguardo al procedimento disciplinare, di esercitare due volte il potere disciplinare per lo stesso fatto sotto il profilo di una sua diversa valutazione o configurazione giuridica (ex plurimis: Cass. 11.10.2016 n. 20429; Cass. 22.10.2014, n. 22388). Nel caso di specie, all’atto della formale contestazione del comportamento complessivamente tenuto dal lavoratore, che aveva motivato l’esonero definitivo, la società datrice di lavoro risultava avere già consumato il proprio potere disciplinare;
- la suddetta consumazione del potere disciplinare è ipotesi equiparabile “alla mancanza di antigiuridicità del fatto contestato”, sicché “il fatto non più sanzionabile, quindi non più suscettibile di provocare l’esercizio legittimo del potere disciplinare, equivale a fatto non più antigiuridico, quindi privo di antigiuridicità”. Pertanto, il licenziamento è illegittimo e il lavoratore ha diritto all’applicazione della relativa tutela reintegratoria prevista dall’art. 18, co. 4, Stat. Lav. (come modificato dalla L. n. 92/2012).