Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 06 marzo 2023, n. 6588

Lavoro, Dirigenza medica nel lavoro pubblico privatizzato, CCNL per la dirigenza medica del 1996, Retribuzione di risultato, Maggiorazione per il lavoro straordinario prestato, Rigetto

 

Rilevato

 

– che, con sentenza del 12 settembre 2016, la Corte d’Appello di Roma, in riforma della decisione resa dal Tribunale di Roma, rigettava la domanda proposta da S.M., dirigente medico, nei confronti dell’Azienda Ospedaliera S.C.F. avente ad oggetto la condanna della ASL datrice al pagamento delle somme rivendicate a titolo di prestazioni da lui rese su autorizzazione preventiva del dirigente di U.O. oltre le 38 ore settimanali “indispensabili per garantire l’assistenza agli utenti ed il funzionamento dei servizi”;

– che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto infondata la pretesa azionata accogliendo una interpretazione dell’art. 65 del CCNL per la dirigenza medica del 1996 per cui la corresponsione di una retribuzione di risultato è compensativa anche dell’eventuale superamento dell’orario lavorativo per il conseguimento dell’obiettivo assegnato ed esclude il diritto al compenso per lavoro straordinario e ciò anche relativamente al personale dirigente di struttura in posizione non apicale;

– che per la cassazione di tale decisione ricorre il solo dott. M., affidando l’impugnazione ad un unico motivo, cui resiste, con controricorso, l’Azienda Ospedaliera S.C.F.;

 

Considerato

 

– che, con l’unico motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 2108 c.c. in relazione all’art. 36, comma 1. Cost., dell’art. 15, d.lgs. n. 502/1992, del d.P.R. n. 384/1990, dell’art. 24 d.lgs. n. 165/2001, degli artt. 1362, 1366, 1367 e 1375 c.c., dell’art. 65 del CCNL di comparto, dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 1218 c.c., imputa alla Corte territoriale il travisamento della domanda per aver la Corte ritenuto essere la domanda mirata al solo pagamento delle maggiorazione retributiva ex art. 2108 c.c. per aver reso prestazioni eccedenti il normale orario di lavoro e non alla corresponsione, cui l’Azienda datrice non aveva dato seguito, della retribuzione di risultato destinata a compensare l’eventuale superamento dell’orario lavorativo per il conseguimento dell’obiettivo assegnato, così sottraendosi alla verifica dell’inadempimento da parte dell’Azienda medesima dell’obbligo di provvedere tramite il pagamento della retribuzione di risultato al compenso per il lavoro prestato oltre la 38° ora ed al riconoscimento in favore del ricorrente del risarcimento del danno conseguente;

che il motivo si rivela infondato atteso che, mentre è lo stesso ricorrente ad ammettere di aver formulato un petitum implicante il conseguimento di un bene della vita dato dalla retribuzione e relativa maggiorazione per il lavoro straordinario prestato, è evidente che nell’apprezzamento della causa petendi il giudice non può spingersi fino al punto di ammettere che la pronunzia investa un distinto bene della vita quale nella specie sarebbe la retribuzione di risultato per quanto compensativa dell’eventuale superamento dell’orario lavorativo per il conseguimento dell’obiettivo assegnato, di modo che deve ritenersi la Corte territoriale essersi correttamente attenuta alla domanda formulata nell’atto introduttivo ed aver su questa pronunziato conformemente all’orientamento accolto da questa Corte (cfr. Cass. n. 16711/2020 ma già Cass. n. 8958/2012) secondo cui “in tema di dirigenza medica nel lavoro pubblico privatizzato, lo svolgimento di lavoro straordinario – inteso quale prestazione eccedente gli orari stabiliti dalla contrattazione collettiva – non fa sorgere diritti retributivi ulteriori rispetto a quanto previsto a titolo di retribuzione di risultato o a titolo di specifiche attività aggiuntive (pronta disponibilità, guardie mediche, prestazioni autorizzate non programmabili)”;

che, pertanto, il ricorso va rigettato;

che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo;

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 3.500,00 per compensi oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge;

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 06 marzo 2023, n. 6588
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