Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 13 febbraio 2023, n. 5907

Lavoro, Rischio di caduta di materiali dall’alto, Reato di cui all’art. 55, comma 4, D.Lgs. n. 81/2008, Rischi interferenziali, Documento di valutazione dei rischi da interferenze, Obbligo che grava solo sul datore di lavoro committente, Obblighi connessi ai contratti di subappalto, Accoglimento parziale

 

Ritenuto in fatto

 

1. Con sentenza emessa in data 16 novembre 2021, il Tribunale di Rovigo, per quanto di interesse in questa sede, ha dichiarato la penale responsabilità di A.M. per il reato di cui all’art. 68, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 81 del 2008, in riferimento agli artt. 64, comma 1, lett. a), 63, comma 1, e punto 1.8.1 dell’Allegato IV, d.lgs. cit. (capo b), nonché per il reato di cui all’art. 55, comma 4, d.lgs. n. 81 del 2008, in riferimento all’art. 28, comma 1, lett. a), d.lgs. cit. (capo c), e lo ha condannato alla pena di 2.000,00 euro di ammenda.

Secondo quanto ricostruito dal Giudice di merito, A.M., in qualità di rappresentante legale dell’impresa “M. società cooperativa”, ed in relazione all’incarico assunto da questa della gestione logistica di un magazzino, avrebbe omesso di proteggere le aree di lavoro e di passaggio dal rischio di caduta di materiali dall’alto (capo b), ed avrebbe inoltre omesso di prendere in considerazione nel D.V.R. (Documento Valutazione Rischi) il rischio di caduta di materiali dall’alto (capo c); fatti accertati il 14 giugno 2019.

2. Ha presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza del Tribunale indicata in epigrafe A.M., con atto sottoscritto dall’avvocato Giuseppe Lucibello, articolando due motivi, preceduti da una breve premessa, nella quale si sottolinea, in particolare, la confusione della sentenza impugnata tra D.V.R. e D.U.V.R.I (Documento Valutazione Rischi interferenziali).

2.1. Con il primo motivo, si denuncia vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., avuto riguardo alla ritenuta sussistenza del reato di cui al capo b).

Si deduce che il Tribunale erroneamente ha presupposto la disponibilità giuridica dei luoghi da parte della “F. società cooperativa”, ossia la ditta amministrata dal ricorrente. Si precisa che il magazzino era della ditta “B. s.p.a.”, che questa aveva stipulato un appalto di servizi per la movimentazione di merci con la “C. s.r.l.”, che questa aveva a sua volta affidato il lavoro in subappalto alla “F. società cooperativa”, e che il contratto tra “B. s.p.a.” e “C. s.r.l.” prevedeva unicamente il conferimento dell’incarico di movimentazione di merci all’interno del magazzino. Si osserva, poi, che il Tribunale illegittimamente ha valorizzato una mail inviata all’imputato nella quale si segnalavano i rischi di caduta di materiali dall’alto, in quanto la stessa non contiene alcuna censura in ordine alle modalità di stoccaggio ed anzi evidenzia come le direttive in materia venissero date proprio dalla ditta “B. s.p.a.”, così confermando come la disponibilità giuridica dei luoghi fosse di quest’ultima impresa e non della “F. società cooperativa”. Si rappresenta, ancora, che il rischio di caduta di materiali dall’alto è un rischio di natura interferenziale, il quale, quindi, grava su chi ha la disponibilità giuridica dei luoghi, e perciò sul committente (si citano Sez. 4, n. 12876 del 08/02/2019, e Sez. 4, n. 14167 del 12/03/2015).

2.2. Con il secondo motivo, si denuncia violazione di legge, in relazione agli artt. 55, comma 4, e 28, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 81 del 2008, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., avuto riguardo alla ritenuta sussistenza del reato di cui al capo c).

Si deduce che erroneamente il Tribunale addossa all’imputato, quale legale rappresentante della “F. società cooperativa”, la responsabilità per la mancata analisi dei rischi interferenziali, confondendo il contenuto del D.V.R. e quello del D.U.V.R.I., e sebbene l’imputazione contestasse all’attuale ricorrente lacune relative al D.V.R. e non certo al D.U.V.R.I.

 

Considerato in diritto

 

1. Il ricorso, per le ragioni di seguito precisate, è fondato con riguardo alle censure esposte nel secondo motivo, mentre è infondato in relazione alle censure formulate nel primo motivo.

2. Fondate sono le censure enunciate nel secondo motivo, che contestano la sussistenza del reato di cui all’art. 55, comma 4, d.lgs. n. 81 del 2008, in riferimento all’art. 28, comma 1, lett. a), d.lgs. cit., ritenuto in relazione alla condotta di omessa presa in considerazione nel D.V.R. (Documento di Valutazione dei Rischi) del rischio di caduta di materiali dall’alto, deducendo che la sentenza impugnata ha attribuito all’imputato carenze nell’analisi dei rischi interferenziali, in considerazione di quanto emerge dal D.U.V.R.I. (Documento Unico per la Valutazione dei Rischi da Interferenze), sebbene non gravi su di lui, siccome preposto ad una ditta subappaltatrice, la redazione del D.U.V.R.I.

2.1. Ai fini di una maggiore chiarezza espositiva, appare utile riportare sinteticamente, in via preliminare, le disposizioni rilevanti per l’esame delle censure appena enunciate.

Innanzitutto, le disposizioni direttamente richiamate nel capo di accusa sono gli artt. 55, comma 4, e 28, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 81 del 2008. Per quanto di interesse in questa sede, l’art. 55, comma 4, d.lgs. n. 81 del 2008 prevede la sanzione penale per il datore che adotta il documento di cui all’art. 17, comma 1, lett. a), in assenza degli elementi di cui all’art. 28, comma 2, lett. a), primo periodo, ed f), d.lgs. cit. L’art. 28, comma 2 (non 1, come per errore materiale indicato nell’imputazione), lett. a), d.lgs. n. 81 del 2008, prevede che il documento di cui all’art. 17, comma 1, lett. a), d.lgs. cit. debba contenere «una relazione sulla valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l’attività lavorativa, nella quale siano specificati i criteri adottati per la valutazione stessa».

Vengono poi in rilievo anche altre disposizioni, in particolare l’art. 17, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 81 del 2008 e l’art. 26, comma 3, d.lgs. cit.

L’art. 17, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 81 del 2008 prevede per il datore di lavoro l’obbligo di valutare tutti i rischi con la conseguente elaborazione del documento di cui all’art. 28 d.lgs. cit.

L’art. 26, comma 3, d.lgs. n. 81 del 2008 stabilisce, in particolare che «[i]l datore di lavoro committente […] elabora[…] un unico documento di valutazione dei rischi che indichi le misure adottate per eliminare o, ove ciò non è possibile, ridurre al minimo i rischi da interferenze […]».

2.2. Muovendo da queste disposizioni, la giurisprudenza ha tratto una duplice conclusione.

Per un verso, si è affermato che, in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, qualora in un medesimo ambiente operino stabilmente più lavoratori, dipendenti da datori di lavoro diversi e non legati tra loro da alcun rapporto di appalto o da altro rapporto giuridicamente rilevante, ciascun datore di lavoro è tenuto alla elaborazione del documento di valutazione dei rischi, ai sensi degli artt. 28 e 29 d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81 (così Sez. 3, n. 17119 del 20/01/2015, Montaguti, Rv. 263233-01).

Per l’altro, si è precisato che la contravvenzione di omessa elaborazione del documento di valutazione dei rischi da interferenze, di cui all’art. 7 d.lgs. 17 settembre 1994 n. 626, deve ritenersi, a seguito della sua riconfigurazione ad opera dell’art. 26 d.lgs. 9 aprile 2008 n. 81, un reato proprio del committente, cioè di colui che ha la disponibilità giuridica dei luoghi in cui si svolge l’appalto o la prestazione di lavoro autonomo, e, pertanto, in applicazione dell’art. 2, quarto comma, cod. pen., non può più essere imputata anche al datore di lavoro dell’impresa appaltatrice, fermi restando gli obblighi di cooperazione e di coordinamento e fatto salvo l’obbligo di valutazione dei rischi di cui all’art. 4 d.lgs. n. 626 del 1994 (così Sez. 4, n. 30557 del 07/06/2016, Carfì, Rv. 267686- 01, e Sez. 3, n. 2285 del 14/11/2012, dep. 2013, Formentini, Rv. 254836-01, ma anche, più di recente, in via incidentale, Sez. 4, n. 30792 del 06/05/2021, Cantori, non massimata).

Le conclusioni raggiunte dalla giurisprudenza appaiono condivisibili in ragione di una valutazione coordinata delle disposizioni di cui agli artt. 17, comma 1, lett. a), 26 e 28 d.lgs. n. 81 del 2008. Invero, da un lato, gli artt. 17, comma.1, lett. a), e 28 d.lgs. cit., pongono a carico di “tutti” ì datori di lavoro l’obbligo di redigere un documento contenente la «valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l’attività lavorativa, nella quale siano specificati i criteri adottati per la valutazione stessa». Dall’altro, l’art. 26 d.lgs. cit. pone a carico del «datore di lavoro committente» l’elaborazione di «un unico documento di valutazione dei rischi che indichi le misure adottate per eliminare o, ove ciò non è possibile, ridurre al minimo i rischi da interferenze».

Da quanto indicato, discende che deve ritenersi doveroso distinguere tra l’obbligo di redazione di un documento contenente la «valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l’attività lavorativa», quale è il D.V.R. (Documento di Valutazione dei Rischi), che è posto a carico di “ciascuno” dei datori di lavoro coinvolti, anche se subappaltatori, e l’obbligo di redazione di un documento contenente in particolare la valutazione dei rischi da interferenze, D.U.V.R.I. (Documento Unico per la Valutazione dei Rischi da Interferenze), che grava, invece, esclusivamente sul solo datore di lavoro committente.

2.3. Nella specie, vi è una divaricazione tra imputazione e sentenza.

Il capo di accusa sub c), infatti, contesta all’attuale ricorrente di non aver provveduto «ad analizzare nel DVR (documento valutazione rischi) il rischio di caduta .dall’alto» in modo adeguato.

La sentenza, invece, afferma la responsabilità dell’attuale ricorrente per il fatto contestato sub c) esaminando il DUVRI, citando di questo le pagg. 12, 46 e 47, e facendo anche espresso riferimento alla previsione del rischio interferenziale.

Il difetto di correlazione tra l’accusa e la sentenza è rilevante e significativo.

Invero, mentre l’imputazione correttamente contesta il reato avendo riguardo ad un documento, il D.V.R. (Documento di Valutazione dei Rischi), che l’attuale ricorrente, quale legale rappresentante di un’impresa coinvolta nei lavori, sia pure a titolo di subappalto, era in ogni caso tenuto obbligatoriamente a predisporre, la sentenza afferma la penale responsabilità dell’imputato facendo riferimento ad un documento, il D.U.V.R.I. (Documento Unico per la Valutazione dei Rischi da Interferenze), la cui elaborazione gravava non su tale soggetto, in quanto datore di lavoro subappaltatore, bensì, esclusivamente, sul datore di lavoro committente.

3. Infondate sono le censure esposte nel primo motivo, che contestano la sussistenza del reato di cui agli artt. 68, comma 1, lett. a), 64, comma 1, lett. a), e 63, comma 1, d.lgs. n. 81 del 2008, anche alla luce del rinvio al punto 1.8.1 dell’Allegato IV al medesimo d.lgs., ritenuto in relazione alla condotta di omessa adozione di misure di protezione delle aree di lavoro e di passaggio dal rischio di caduta di materiali dall’alto, deducendo che la ditta dell’imputato, incaricata di un subappalto per la movimentazione di merci in un magazzino, non aveva la disponibilità giuridica di questo e che il rischio di caduta di materiali dall’alto è di natura interferenziale, e, quindi, grava su chi ha la disponibilità giuridica dei luoghi interessati.

3.1. Anche relativamente a questa imputazione, sembra utile riportare sinteticamente, in via preliminare, le disposizioni rilevanti.

Innanzitutto, le disposizioni direttamente richiamate nell’imputazione sono gli artt. 68, comma 1, lett. a), 64, comma 1, lett. a), e 63, comma 1, d.lgs. n. 81 del 2008, e il punto 1.8.1 dell’Allegato IV al medesimo d.lgs. Per quanto di interesse in questa sede, l’art. 68, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 81 del 2008 prevede la sanzione penale per la violazione (anche) dell’art. 64, comma 1, medesimo d.lgs. L’art. 64, comma 1, a sua volta, dispone, per quanto di interesse in questa sede, che «[i]l datore di lavoro provvede affinché: a) i luoghi di lavoro siano conformi ai requisiti di cui all’art. 63, commi 1, 2 e 3». L’art. 63, comma 1, recita: «I luoghi di lavoro devono essere conformi ai requisiti indicati nell’allegato IV». L’allegato IV, al punto 1.8.1., stabilisce: «I posti di lavoro e di passaggio devono essere idoneamente difesi contro la caduta o l’investimento di materiali in dipendenza dell’attività lavorativa».

Vengono inoltre in rilievo anche altre disposizioni, in particolare gli artt. 62, comma 1, e 26, comma 2, d.lgs. n. 81 del 2008, il primo relativo alla definizione dei luoghi di lavoro rilevanti ai fini dell’applicazione delle previsioni appena richiamate, il secondo concernente gli obblighi connessi ai contratti di subappalto.

Precisamente, l’art. 62, comma 1, d.lgs. n. 81 del 2008, prevede: «Ferme restando le disposizioni di cui al titolo I, si intendono per luoghi di lavoro, unicamente ai fini della applicazione del presente titolo, i luoghi destinati a ospitare posti di lavoro, ubicati all’interno dell’azienda o dell’unità produttiva, nonché ogni altro luogo di pertinenza dell’azienda o dell’unità produttiva accessibile al lavoratore nell’ambito del proprio lavoro».

L’art. 26, comma 2, d.lgs. cit., a sua volta, stabilisce che, nel caso di affidamento di lavori, servizi e forniture, «i datori di lavoro, ivi compresi i subappaltatori: a) cooperano all’attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull’attività lavorativa oggetto dell’appalto; b) coordinano gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare i rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell’esecuzione dell’opera complessiva».

3.2. Sulla base di queste di disposizioni, la giurisprudenza di legittimità ha elaborato indicazioni precise sia con riguardo al luogo di lavoro in relazione al quale può essere responsabile il datore di lavoro, sia in riferimento agli obblighi gravanti sui subappaltatori quali datori di lavoro.

Per quanto concerne il primo aspetto, è diffusa l’affermazione secondo cui per «luogo di lavoro» deve intendersi qualunque «luogo, anche extra-cantiere, in cui viene svolta e gestita una qualsiasi attività implicante prestazioni di lavoro ed in cui, in conseguenza, il lavoratore deve o può recarsi per eseguire incombenze di qualsiasi natura in relazione alla propria attività» (così Sez. 4, n. 43840 del 16/05/2018, C., Rv. 274265-01). Inoltre, proprio muovendo dal presupposto per il quale «nella nozione di “luogo di lavoro”, rilevante ai fini della sussistenza dell’obbligo di attuare le misure antinfortunistiche, rientra non soltanto il cantiere, ma anche ogni altro luogo in cui i lavoratori siano necessariamente costretti a recarsi per provvedere ad incombenze inerenti all’attività che si svolge nel cantiere», si è precisato che lo stesso può essere costituito pure da «una strada pubblica ed aperta al pubblico transito, esterna al cantiere» (cfr., per queste indicazioni, Sez. 4, n. 40721 del 09/09/2015, Steinwurzel, Rv. 264715 – 01, e Sez. 4, n. 28780 del 19/05/2011, Tessari, Rv. 250760-01).

Con riferimento al secondo aspetto, ad avviso di un indirizzo giurisprudenziale mai smentito, in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, gli obblighi di osservanza delle norme antinfortunistiche, con specifico riferimento all’esecuzione di lavori in subappalto all’interno di un unico cantiere edile predisposto dall’appaltatore, grava su tutti coloro che esercitano i lavori e, quindi, anche sul subappaltatore interessato all’esecuzione di un’opera parziale e specialistica, il quale ha l’onere di riscontrare ed accertare la sicurezza dei luoghi di lavoro, sebbene l’organizzazione del cantiere sia direttamente riconducibile all’appaltatore, che non cessa di essere titolare dei poteri direttivi generali (così, tra le altre, Sez. 3, n. 19505 del 26/03/2013, Bettoni, Rv. 254993-01, la quale ha dichiarato inammissibile il ricorso di una ditta subappaltatrice che aveva omesso di recintare l’area in cui si trovava una gru a bassa rotazione, nonché Sez. 4, n. 42477 del 16/07/2009, Cornelli, Rv. 245786-01).

3.3. I riferimenti normativi richiamati e la pertinente interpretazione giurisprudenziale inducono a ritenere che ogni datore di lavoro, pur se subappaltatore, ha l’obbligo di osservare le disposizioni sulla sicurezza dei luoghi di lavoro e, quindi, deve adottare idonee misure di prevenzione e protezione contro “tutti” i rischi per la sicurezza e la salute durante l’attività lavorativa, anche ‘quando questi siano dovuti alle “interferenze” con l’attività di altre imprese, ed anche quando l’organizzazione del luogo di lavoro resta sottoposta ai poteri direttivi dell’appaltatore o del committente.

Ogni datore di lavoro, infatti, è tenuto, a norma dell’art. 17 d.lgs. n. 81 del 2008, ad effettuare «la valutazione di tutti i rischi», e, a norma dell’art. 28, comma 2, ad apprestare le misure di prevenzione e di protezione che si rendono necessarie in conseguenza della valutazione di tali rischi.

Né l’obbligo per ciascun datore di lavoro di adottare idonee misure di prevenzione e protezione contro “tutti” i rischi per la sicurezza e la salute durante l’attività lavorativa può essere escluso con riferimento ai rischi da “interferenze” perché il dovere di elaborare un unitario documento di valutazione di tali rischi, il D.U.V.R.I. (Documento Unico per la Valutazione dei Rischi da Interferenze), grava esclusivamente sul datore di lavoro-committente, come in precedenza precisato al § 2.2.

Invero, l’art. 26 d.lgs. n. 81 del 2008 distingue tra obblighi di coordinamento e di attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro, pur se derivanti dalle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell’esecuzione dell’opera complessiva, che gravano su tutti i datori di lavoro,’ anche se subappaltatori, a norma del comma 2, ed obbligo di elaborazione documento di valutazione dei rischi da interferenza, che incombe solo sul datore di lavoro-committente, a norma del comma 3. In altri termini, sulla base della disciplina desumibile dall’art. 26 d.lgs. n. 81 del 2008 e dell’intero sistema del testo normativo, il datore di lavoro non committente, pur non avendo l’onere di redigere il documento di valutazione dei rischi da interferenza, ha però il dovere di coordinare gli interventi di protezione e prevenzione dei rischi, anche quando dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell’esecuzione dell’opera complessiva. E questa soluzione appare coerente con l’obiettivo di incrementare la tutela contro i rischi cui sono esposti i lavoratori. La redazione di un unico documento di valutazione dei rischi da interferenza, infatti, risulta prevista in funzione di assicurare una valutazione unitaria e globale di questi, al fine di una più efficace tutela contro i fattori di pericolo, e non certo per esonerare i datori di lavoro diversi dal committente dagli obblighi di protezione e prevenzione: basta considerare che il D.U.V.R.I., come si evince dal combinato disposto dei commi 2 e 3 dell’art. 26 d.lgs. n. 81 del 2008, costituisce il risultato di un’attività di cooperazione e coordinamento tra tutti i datori di lavoro coinvolti («[i]l datore di lavoro committente promuove la cooperazione ed il coordinamento di cui al comma 2, elaborando un unico documento di valutazione dei rischi […]»). Ciò posto, appare pienamente ragionevole ritenere che i datori di lavoro diversi dal committente, pur non dovendo redigere il D.U.V.R.I., siano comunque obbligati ad attuare gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, anche al fine di eliminare i rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell’esecuzione dell’opera complessiva.

Ancora, l’obbligo per ciascun datore di lavoro di adottare idonee misure di prevenzione e protezione contro “tutti” i rischi per la sicurezza e la salute durante l’attività lavorativa non trova un limite quando l’attività dei lavoratori di una ditta affidataria di un appalto o di un subappalto si svolge in un luogo nella disponibilità giuridica di altri, o comunque sottoposto ai poteri direttivi di altri.

In effetti, per «luoghi di lavoro», a norma dell’art. 62, comma 1, d.lgs. n. 81 del 2008, e in ragione della latitudine della formula letterale di tale disposizione, debbono intendersi anche i luoghi esterni all’azienda o comunque non sottoposti alla giuridica disponibilità del datore di lavoro, quale è stata ritenuta, come si è detto, anche «una strada pubblica ed aperta al pubblico transito, esterna al cantiere», purché in essi il lavoratore debba o possa recarsi per eseguire incombenze di qualsiasi natura in relazione alla propria attività. Inoltre, le disposizioni di cui all’art. 26, comma 2, lett. a) e b), d.lgs. cit. prevedono anche per i subappaltatori l’obbligo di compiere interventi di protezione e prevenzione dai rischi sul lavoro incidenti sull’attività lavorativa oggetto dell’appalto, quantunque dovuti alle interferenze, pure in caso di concorrente presenza di altre imprese, e, quindi, pur se tra queste vi sia quella del datore di lavoro committente.

3.4. La sentenza impugnata osserva che l’attuale ricorrente, quale titolare di ditta affidataria di un subappalto, ha omesso di adottare le doverose misure di protezione necessarie a proteggere le aree di lavoro e di passaggio dal rischio di caduta di materiali dall’alto, rischio connesso proprio all’attività svolta dai dipendenti della sua impresa.

Il Tribunale premette che: -) la ditta di cui era legale rappresentante il ricorrente, la “F. società cooperativa”, aveva ricevuto il subappalto relativo all’attività di facchinaggio e movimentazione merci relativamente al deposito di Melara della “B. s.p.a.”; -) la ditta “B. s.p.a.” era a conoscenza del subappalto, come risulta da alcune mail scambiate tra un suo dirigente e l’attuale ricorrente proprio con riferimento alla sicurezza dei luoghi di lavoro; -) dipendenti della ditta di cui era legale rappresentante il ricorrente erano preposti allo scarico di camion di materiali inviati dalla “B. s.p.a.” presso il magazzino di Melara, e precisamente sistemavano in apposite aree, denominate “stive”, bancali posti uno sopra l’altro, così da formare dieci pile verticali di sei bancali ciascuna; -) ciascun bancale aveva un peso di circa 430 kg. e sosteneva cinque file di contenitori in vetro prodotti dalla “B. s.p.a.”; -) i bancali, per ragioni di caldo, di freddo o di peso, potevano deformarsi, così da far piegare la pila, e, conseguentemente, potevano rovinare al suolo.

Il Tribunale poi rappresenta che: -) durante lo svolgimento del subappalto, tre bancali erano caduti sul dipendente di altra ditta, preposta a servizi di pulizia dei locali, cagionandone la morte; -) secondo quanto accertato nell’occasione dagli appositi servizi di prevenzione igiene e sicurezza degli ambienti di lavoro, vi erano numerose “stive” in cui le pile di bancali presentavano problemi di pendenza; -) i rischi derivanti dall’assenza di verticalità dei bancali erano stati segnalati tramite alcune mail dai responsabili della ditta “B. s.p.a.” all’imputato, attuale ricorrente; -) crolli di bancali si erano verificati anche prima dell’incidente mortale, e persino qualche mese dopo.

Il Tribunale, quindi, conclude che la mancata predisposizione di idonei presidi o idonee prescrizioni per assicurare la costante verticalità delle pile di bancali aveva generato una situazione di pericolo generalizzato ed incontrollato all’interno del deposito, e, in particolare, che del tutto inidonea era la misura costituita dall’indicazione verbale data agli operatori “carrellisti” di intervenire all’occorrenza, anche perché la stessa lasciava a costoro ogni discrezionalità.

3.5. L’affermazione della penale responsabilità del ricorrente per il reato di cui agli artt. 68, comma 1, lett. a), 64, comma 1, lett. a), e 63, comma 1, d.lgs. n. 81 del 2008, anche alla luce del rinvio al punto 1.8.1 dell’Allegato IV al medesimo d.lgs., per l’omessa adozione di idonee misure di protezione delle aree di lavoro e di passaggio dal rischio di caduta di materiali dall’alto, risulta giuridicamente corretta.

Si è detto, al § 3.3, che il datore di lavoro, anche quando è subappaltatore, ed anche quando l’organizzazione del luogo di lavoro resta sottoposta ai poteri direttivi dell’appaltatore o del committente, ha l’obbligo di osservare le disposizioni sulla sicurezza dei luoghi di lavoro, e, quindi, di adottare idonee misure di prevenzione e protezione dai rischi per la sicurezza e la salute durante l’attività lavorativa, pur se questi siano dovuti ad “interferenze”.

Si è rilevato, inoltre, al § 3.4., che, nella specie, dipendenti della ditta di cui era legale rappresentante il ricorrente erano addetti a sistemare pesanti bancali nel deposito di Melara della “B. s.p.a.”, che tali bancali erano sistemati in pile verticali, con tendenza a piegarsi, per il caldo, il freddo o il peso, e quindi a rovinare a terra, e che era stata omessa la predisposizione di idonei presidi o idonee prescrizioni per assicurare la costante verticalità delle pile di bancali, con conseguente determinazione di una situazione di pericolo generalizzato ed incontrollato di caduta di materiali dall’alto all’interno del deposito.

Da quanto appena evidenziato, risulta ragionevole inferire che l’attuale ricorrente, quale legale rappresentante della ditta che aveva in subappalto l’incarico di sistemare i bancali all’interno del magazzino, è responsabile per la mancata predisposizione di idonei presidi o idonee prescrizioni per fronteggiare il pericolo di caduta dall’alto di tali bancali. Invero, si deve considerare che: -) i bancali erano sistemati in pile verticali le quali, per varie cause, tendevano a piegarsi e a rovinare al suolo; -) il rischio di caduta dei bancali aveva determinato una situazione di pericolo generalizzato, incontrollato e protratto nel tempo all’interno del deposito; -) la “gestione” di questi bancali era il risultato immediato dell’attività dei dipendenti della ditta di cui era responsabile il ricorrente; -) il magazzino in cui erano sistemati i bancali a rischio di caduta era un “luogo di lavoro”, siccome ordinario posto di lavoro e di passaggio anche per i lavoratori della ditta di cui era responsabile il ricorrente; -) era stata omessa la predisposizione di idonei presidi o idonee prescrizioni per assicurare la costante verticalità delle pile di bancali ed evitarne la caduta.

4. Il ricorso, in conclusione, deve essere accolto solo in parte.

Precisamente, all’infondatezza delle censure concernenti la configurabilità del reato di cui all’art. 68, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 81 del 2008, in riferimento agli artt. 64, comma 1, lett. a), 63, comma 1, e punto 1.8.1 dell’Allegato IV, d.lgs. cit. (capo b), segue il rigetto delle stesse e l’irrevocabilità dell’affermazione di responsabilità penale dell’attuale ricorrente in ordine a tale fattispecie contravvenzionale.

Alla fondatezza delle censure relative alla dichiarazione di colpevolezza per il reato di cui all’art. 55, comma 4, d.lgs. n. 81 del 2008, in riferimento all’art. 28, comma 1, lett. a), d.lgs. cit. (capo c), invece, segue l’accoglimento delle stesse e l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente a tale diversa fattispecie contravvenzionale.

Il Giudice del rinvio procederà a nuovo accertamento dei fatti, anche compiendo, ove lo ritenga utile, ulteriori attività istruttorie, per valutare se sussista la responsabilità penale dell’attuale ricorrente per il reato contestato al capo c). A tal fine, esaminerà le risultanze non del D.U.V.R.I. (Documento Unico per la Valutazione dei Rischi da Interferenze), ma del D.U.V. (Documento di Valutazione dei Rischi), essendo l’imputato, quale datore di lavoro subappaltatore, obbligato ad elaborare solo questo secondo documento. In particolare, il Giudice del rinvio accerterà se il D.U.V., a norma di quanto stabilito dagli artt. 55, comma 4, 17, comma 1, lett. a), e 28, comma 1, lett. a), primo periodo, d.lgs. n. 81 del 2008, dovesse prendere in considerazione il rischio di caduta di materiali dall’alto, e, in caso di conclusione affermativa, se nel precisato documento vi fossero carenze di previsione o di apprezzamento in ordine al precisato rischio.

 

P.Q.M.

 

Annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo c) d’imputazione con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Rovigo. Rigetta nel resto il ricorso.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 13 febbraio 2023, n. 5907
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: