Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 06 marzo 2023, n. 6572

Lavoro, Indennità di disoccupazione agricola, Dichiarazione sostitutiva di certificazione del reddito, Art. 152 disp. att. c.p.c., Domanda tendente ad ottenere prestazioni previdenziali od assistenziali, Diritto dei lavoratori subordinati a tempo determinato nel settore dell’agricoltura alle prestazioni previdenziali, Accoglimento 

 

Rilevato che

 

la Corte di appello di Messina, in accoglimento del gravame dell’INPS, rigettava le domande proposte da O.M., volte ad ottenere l’accertamento dell’illegittimità del provvedimento di «ripetizione» della somma di € 590,71, a titolo di indebito per indennità di disoccupazione agricola per l’anno 2012, con ordine all’Inps di reiscrizione negli elenchi anagrafici del Comune di residenza per l’anno 2012 e condanna dell’Istituto alla restituzione delle somme medio tempore trattenute ed al pagamento delle spese di lite;

a fondamento della decisione, la Corte di appello ha osservato come difettassero i presupposti costitutivi del diritto alla prestazione richiesta e, in particolare, il requisito del «biennio di iscrizione»;

alla statuizione principale seguiva quella accessoria sulle spese, regolate, per entrambi i gradi di giudizio, in base al principio di soccombenza;

avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione M.O., deducendo un unico motivo di censura;

l’INPS ha resistito, con controricorso, successivamente illustrato con memoria;

la proposta del relatore è stata comunicata alla parte,

unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale non partecipata;

 

Considerato che

 

con l’unico motivo di ricorso – ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ.- è dedotta falsa applicazione dell’art. 152 disp. att. cod.proc.civ., come formulato dal D.L. nr. 269 del 2003, art. 42, conv. con modif. in legge nr. 326 del 2003, per avere la sentenza impugnata, pur in presenza della dichiarazione ex art 152 disp. att. cod.proc.civ., resa dalla parte personalmente, erroneamente condannato la stessa al pagamento delle spese giudiziali;

il motivo, ritualmente argomentato nel rispetto degli oneri di allegazione e produzione di cui all’art. 366 nr. 6 cod.proc.civ. e all’art. 369 nr. 4 cod.proc.civ., è fondato;

l’art 152 disp. att. cod.proc.civ. stabilisce, nella parte che qui interessa, che «Nei giudizi promossi per ottenere prestazioni previdenziali o assistenziali la parte soccombente, salvo comunque quanto previsto dall’art. 96, comma 1, c.p.c. non può essere condannata al pagamento delle spese, competenze ed onorari quando risulti titolare, nell’anno precedente a quello della pronuncia, di un reddito imponibile ai fini IRPEF, risultante dall’ultima dichiarazione, pari o inferiore a due volte l’importo del reddito stabilito ai sensi del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 76, commi da 1 a 3, e art. 77.

L’interessato che, con riferimento all’anno precedente a quello di instaurazione del giudizio, si trova nelle condizioni indicate nel presente articolo formula apposita dichiarazione sostitutiva di certificazione nelle conclusioni dell’atto introduttivo e si impegna a comunicare, fino a che il processo non sia definito, le variazioni rilevanti dei limiti di reddito verificatesi nell’anno precedente (…)»;

nel confrontarsi con la disposizione in oggetto, la Corte ha osservato come il beneficio dell’esonero degli oneri processuali in caso di soccombenza, introdotto dalla legge sulle basi della legge

attraverso alcune pronunce della Corte Costituzionale avesse, nel tempo, ampliato l’ambito di estensione sia dal punto di vista soggettivo, includendovi l’INAIL dal lato passivo (Corte Cost. nr. 23 del 1973) ed i congiunti superstiti del lavoratore (Corte Cost. nr. 98 del 1987), sia dal punto di vista oggettivo, ricomprendendo (…) anche le controversie assistenziali, per l’assimilabilità delle due situazioni sul piano sostanziale e processuale;

la Corte ha anche evidenziato come, soprattutto nella vigenza della precedente versione della disposizione (quella introdotta dalla (…) ), si fosse realizzata, grazie agli interventi della Corte Costituzionale richiamati, la massima forza espansiva della ratio normativa, tesa a facilitare l’accesso al giudice previdenziale ed assistenziale quando «si occupa di prestazioni che consentono all’avente diritto di uscire dal bisogno» ( v. in motivaz. Cass. nn. 16676 del 2020 e 29010 del 2020). Nel contempo, ha osservato che, così individuata la finalità che sorregge la logica di favore di cui la disposizione è espressione, essa deve legarsi strettamente «non a qualsiasi domanda inerente alla materia previdenziale od assistenziale ma – appunto – solo alla domanda tendente ad ottenere prestazioni previdenziali od assistenziali», trattandosi di «disciplina […] espressione di diritto singolare, che non si presta dunque ad essere applicato a casi non espressamente indicati» (sempre in motivazione, Cass. nn. 16676 e 29010 del 2020, cit., con richiamo a Cass. nr. 25759 del 2008 che, sia pure resa con riferimento all’ (…) nel testo vigente prima della modifica di cui al (…)

L’esonero del lavoratore dall’obbligo di rifusione delle spese (fosse) subordinato al fatto che questi (chiedesse) ad istituti di assistenza e previdenza prestazioni previdenziali»);

la medesima ratio è alla base del successivo corollario per cui è necessario che «il diritto alla prestazione (costituisca) l’oggetto diretto della domanda introdotta in giudizio e non solo la conseguenza indiretta ed eventuale di un diverso accertamento» (Cass. nr. 16676 del 2020, cit.). Il beneficio dell’esonero, in deroga al regime ordinario di soccombenza, è stato perciò negato nei giudizi aventi ad oggetto la domanda volta ad ottenere la condanna dell’istituto previdenziale alla reiscrizione dell’interessato negli elenchi dei lavoratori agricoli;

il Collegio non intende rimettere in discussioni i principi esposti;

la fattispecie concreta non è, però, riconducibile ai precedenti della Corte, per avere un petitum diverso e più ampio;

oggetto del giudizio non è solo l’accertamento del diritto della parte ad ottenere la reiscrizione negli elenchi agricoli ma anche quello volto al riconoscimento del diritto all’indennità di disoccupazione, recuperata dall’Inps;

a tale riguardo, è necessario osservare che l’iscrizione negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli costituisce il «presupposto […] per l’attribuzione della prestazione previdenziale» che, invero, non può essere «riconosciuta in difetto di impugnazione del provvedimento amministrativo di esclusione da tali elenchi nel termine decadenziale di cui all’art. 22 del d.l. n. 7 del 1970, conv. con modif. in l. n. 83 del 1970» (Cass. nr. (…) del 2019);

le Sezioni Unite di questa Corte, nell’arresto nr. 1133 del 2000, hanno chiarito che il diritto dei lavoratori subordinati a tempo determinato nel settore dell’agricoltura alle prestazioni previdenziali è condizionato all’esistenza di una complessa fattispecie, che è costituita dallo svolgimento di un’attività di lavoro subordinato a titolo oneroso per un numero minimo di giornate per ciascun anno di riferimento, che risulti dall’iscrizione negli elenchi nominativi di cui al (…) e successive modifiche ovvero dal possesso del cosiddetto certificato sostitutivo;

l’iscrizione negli elenchi è, dunque, uno degli elementi costitutivi per integrare il diritto alla prestazione previdenziale, sicché non è consentito riconoscere il diritto alla prestazione previdenziale senza l’attualità del diritto alla iscrizione. Ne deriva, logicamente, che l’interessato, a seguito di cancellazione dagli elenchi medesimi, nel rispetto del termine di legge, dovrà -o potrà- chiedere anche la reiscrizione negli elenchi, nel giudizio promosso per ottenere la prestazione di disoccupazione (in termini: (…) è, invero, quanto la ricorrente ha fatto nel ricorso introduttivo, proponendo la domanda di riconoscimento del diritto alla (re)iscrizione negli elenchi dei lavoratori agricoli per l’anno 2012 e quella diretta al conseguimento dell’indennità di disoccupazione, per la medesima annualità che assume recuperata in modo indebito dall’Inps;

il diritto alla prestazione previdenziale è, quindi, l’oggetto della domanda giudiziale e non mera conseguenza «indiretta ed eventuale» della domanda di accertamento del diritto alla reiscrizione;

va, dunque, data continuità a Cass. nr. 24365 del 2022 che ha ricondotto nel perimetro di applicazione dell’art. 152 disp.att.cod.proc.civ. il giudizio in cui era stata dedotta «l’illegittimità del provvedimento dell’Inps di ripetizione delle somme erogate, a titolo di disoccupazione agricola, ritenuta indebita a causa della mancata iscrizione negli elenchi dei braccianti agricoli, per gli anni in contestazione» e non, invece, alla più recente pronuncia di Cass. nr. 33109 del 2022, pervenuta ad opposte conclusioni;

deve, peraltro, osservarsi che, nelle more della presente decisione, è intervenuta anche Cass. nr. 37973 del 2022 che, affrontando la medesima questione, ha affermato il principio secondo cui «il beneficio dell’esenzione dal pagamento delle spese processuali, ex art. 152 disp.att.cod.proc.civ., nella ricorrenza dei relativi presupposti, è applicabile al giudizio in cui la domanda di riconoscimento del diritto all’iscrizione negli elenchi è proposta unitamente a quella diretta al conseguimento dell’indennità di disoccupazione»;

la Corte di appello di Messina non si è attenuta agli indicati principi perché ha condannato l’odierna ricorrente, nonostante la rituale dichiarazione di esonero (…), al pagamento delle spese del doppio grado (…), la sentenza impugnata va, pertanto, cassata (…), comma 3, cod.proc.civ. nella parte in cui ha disposto la condanna della ricorrente, a titolo di spese processuali, al pagamento della somma di Euro 1.200,00, per il primo grado, e di Euro 920,00 per quello di appello (v., in relazione alla cassazione senza rinvio, la recente Cass. nr. 12454 del 2022);

le spese del giudizio di cassazione si compensano in ragione degli evidenziati contrasti.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata nella parte in cui ha disposto la condanna dell’odierna ricorrente al pagamento delle spese di lite per il doppio grado di giudizio, come indicato in parte motiva.

Compensa le spese del giudizio di legittimità.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 06 marzo 2023, n. 6572
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