Il ricorso avverso il provvedimento di revoca della pensione di inabilità non deve essere preceduto dalla presentazione all’INPS di una nuova domanda di assegnazione della medesima prestazione.
Nota a Cass. (ord.) 1 febbraio 2023, n. 3006
Sonia Gioia
In tema di invalidità civile, “ai fini della proponibilità dell’azione giudiziaria con la quale, in caso di revoca di una prestazione assistenziale, si intenda accertare la persistenza dei requisiti costitutivi del diritto alla prestazione di invalidità, non è necessario presentare una nuova domanda amministrativa”.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione (ord. 1 febbraio 2023, n. 3006, diff. da App. Napoli n. 5408/2017) in relazione ad una fattispecie concernente un cittadino che avverso il provvedimento di revoca della pensione di inabilità, emanato dall’ INPS per sopravvenuta carenza del requisito sanitario, aveva adito direttamente l’autorità giudiziaria al fine di ottenere il ripristino della prestazione, senza proporre una nuova domanda di assegnazione all’ente previdenziale.
All’esito del giudizio, la Corte d’Appello, in conformità con il giudice di prime cure, aveva negato l’erogazione del trattamento pensionistico osservando che in caso di revoca delle prestazioni per invalidità civile basata sulla sopravvenuta insussistenza del requisito sanitario, l’interessato che ritenga di trovarsi nelle condizioni previste ex lege per riottenere il beneficio revocato è tenuto a proporre una nuova domanda di assegnazione, in mancanza della quale l’azione giudiziale deve essere dichiarata improponibile.
Per la Cassazione, invece, tale statuizione “è infondata” poiché risulta ispirata ad un orientamento interpretativo (Cass. n. 28445/2019; Cass. n. 27355/2020) che deve considerarsi definitivamente superato in forza dell’intervento nomofilattico delle Sezioni Unite, chiamate a pronunciarsi sull’interpretazione dell’art. 4, co. 3 quarter , D.L. 20 giugno 1996 n. 232 (concernente “Disposizioni urgenti per il risanamento della finanza pubblica” e convertito con mod. dalla L. 8 agosto 1996, n. 425), secondo cui “avverso il provvedimento di revoca è ammesso ricorso al giudice ordinario”.
Secondo le Sezioni Unite, infatti, in caso di revoca delle prestazioni per invalidità civile fondata sul venir meno del requisito sanitario non vi è la necessità di proporre una nuova domanda amministrativa, poiché imponendo all’invalido, che si sia visto revocare la prestazione in godimento, l’obbligo di presentare una nuova richiesta all’INPS si finisce per precludere, in contrasto con i principi dettati dagli artt. 21 e 113 Cost., la possibilità di ottenere una piena tutela giurisdizionale del diritto scalfito dal provvedimento adottato dall’amministrazione.
In particolare, la presentazione di una domanda amministrativa quale antecedente necessario per la proposizione del ricorso giudiziale – con cui si chieda il ripristino della prestazione di invalidità che si assuma essere stata erroneamente revocata all’esito del procedimento di verifica della persistenza dei suoi requisiti costitutivi – si risolve in un adempimento che comporta, da un lato, rilevanti conseguenze in danno dell’invalido al quale non potrà essere riconosciuto, in sede giudiziaria, un integrale ripristino del diritto, pur illegittimamente revocato, e, dall’altro, non assolve ad un concreto interesse per l’amministrazione che in sede di revisione della prestazione ha già svolto gli accertamenti amministrativi necessari alla verifica dell’esistenza o meno in capo alla persona invalida dei requisiti costitutivi del diritto già in godimento (Cass. S.U. n. 14561/2022).
Sulla base di tali principi, la Cassazione ha cassato la pronuncia di merito, con rinvio alla medesima Corte, per aver erroneamente dichiarato improponibile la domanda giudiziale di ripristino della pensione di inabilità in quanto non preceduta da una nuova domanda di riconoscimento della prestazione medesima.