Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 13 marzo 2023, n. 7225
Sanzione disciplinare, Sospensione dal servizio, Archiviazione , Apertura nuovo procedimento disciplinare, Licenziamento senza preavviso per reiterazione gravi condotte, Art. 55-quater, lett. e) D.Lgs. n. 165/2001
Rilevato che
1. il Comune di (…) ha applicato nei confronti di (…) sua dipendente addetta alla Polizia Municipale, con provvedimento del 10.9.2012, la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio per sei giorni, in ragione della violazione dell’art. 3, co. 4 lett. b) e comma 5 lett. b), g) ed i) del CCNL Comparto Regioni ed Autonomie Locali, per avere la predetta denigrato il Comandante del Corpo, attribuendogli un comportamento scorretto ed irrispettoso ed il Corpo stesso, esprimendo su di esso un giudizio negativo e tale da far desumere lo svolgimento al suo/interno di attività illecite, oltre che per avere gravemente diffamato un collega, attribuendogli comportamenti sessualmente molesti ed osceni ed avere tenuto un comportamento scorretto nei riguardi di altro superiore;
successivamente, nel dicembre 2012 (…) ha sporto denuncia nei confronti del Comandante e di altri colleghi, rappresentando vari episodi a suo avviso di rilevanza penale;
il procedimento penale veniva archiviato e il Comune ha quindi aperto un nuovo procedimento disciplinare, conclusosi con il licenziamento senza preavviso in ragione di quanto previsto dall’art. 55-quater, lett. e) d.Igs. 165/2001 e dall’art. 3, co. 7 lett. f) del CCNL Regioni ed Autonomie Locali, per avere reiterato gravi condotte lesive dell’onore e della dignità del Comandante e degli altri Sottufficiali, nonché denigratorio per l’intero Comando ed il Comune di (…), in ragione del sopravvenire della menzionata denunzia, risultata infondata e della già precedentemente irrogata sanzione della sospensione dal servizio;
2. il licenziamento è stato impugnato in sede giudiziale dalla (…) che ne ha lamentato il carattere ritorsivo; ha altresì dedotto l’illegittimità e l’insussistenza dei fatti posti a suo fondamento e la sua domanda è stata dapprima accolta dal Tribunale di (…) (in prima istanza per il carattere ritorsivo del recesso, poi – in sede di opposizione secondo il rito Fornero – esclusa la ritorsività, per insussistenza dei fatti posti a suo fondamento) e, successivamente, essa è stata invece rigettata in sede di reclamo ai sensi dell’art. 1, co. 58 L. 92/2012, dalla Corte d’Appello dell’Aquila;
la pronuncia della Corte di merito è stata quindi annullata da questa S.C., adita su ricorso della (…);
3. questa S.C. ha premesso che l’art. 55-quater d.Igs. prevedendo a livello normativo primario cause specifiche di licenziamento, rendeva prive di effetto le clausole della contrattazione collettiva che prevedevano una sanzione conservativa per i medesimi fatti; tuttavia, fuori dall’ipotesi di cui all’art. 55-quater, la contrattazione collettiva non trovava ostacoli alla propria applicazione e quindi manteneva efficacia la fattispecie di cui all’art. 3, co. 5, lett. g) del CCNL, in ordine all’applicabilità della sanzione disciplinare della sospensione dal servizio rispetto a comportamenti calunniosi nei confronti di altri dipendenti;
questa S.C. riteneva, quindi, che la Corte d’Appello dell’Aquila, ritenendo integrata la giusta causa di licenziamento in relazione al solo reato di calunnia nei confronti del Comandante avesse omesso di confrontarsi con la contrattazione collettiva che per tale ipotesi prevedeva la sanzione conservativa;
la S.C, aggiungeva peraltro che il giudice del reclamo, dopo avere dato atto, nell’esaminare la censura del ne bis in idem (rispetto evidentemente alla precedente sospensione già irrogata) della validità della contestazione della recidiva, non avrebbe potuto omettere, come aveva invece fatto, di valutare tale recidiva nell’esprimersi sulla giusta causa, tenuto conto che la contestazione disciplinare a base del licenziamento faceva riferimento alle più gravi ipotesi di cui all’art. 55-quater d.lgs. 165/2001 e all’art. 3 co. 7, lett. f del CCNL;
4. la Corte d’Appello di Ancona, come giudice del rinvio, ha confermato la legittimità del licenziamento ritenendo, in punto di fatto che gli episodi a sostegno della sospensione disciplinare del settembre 2012 fossero autonomi, anche per novità ideativa, rispetto alla successiva denuncia per calunnia sporta infondatamente dalla (…) nel dicembre 2012, con comportamento sufficiente ad integrare una nuova fattispecie di rilievo disciplinare meritevole di licenziamento ove accompagnata dall’aggravante della recidiva, come avvalorato dai contenuti del giudicato penale, ritenendo nel complesso integrata la fattispecie di cui all’art. 3, co. 7, lett. f) del CCNL di Comparto, legittimante il licenziamento con preavviso;
5. la sentenza resa in sede di rinvio, è stata impugnata da (…) con cinque motivi, resistiti da controricorso del Comune di (…), contenente anche un motivo di ricorso incidentale;
entrambe le parti hanno depositato memoria.
Considerato che
1. il primo motivo del ricorso principale denuncia la violazione eo falsa applicazione dell’art. 3, co. 7, lett. f) eo dell’art. 3, co. 6, lett. e) eo dell’art. 3, co. 5, lett. g) eo dell’art. 3, co. 2, eo dell’art. 3, co. 3, CCNL comparto Regioni ed Autonomie Locali e con esso si assume che la Corte territoriale avrebbe errato nel ritenere integrata, nel caso di specie, la fattispecie di cui all’art. 3, co. 7, lett. f) del CCNL di Comparto, tra l’altro l’unica in relazione alla quale doveva verificarsi se la sig.ra (…) potesse essere sanzionata con il provvedimento del licenziamento con preavviso; in particolare, la ricorrente sottolinea come tale ipotesi avrebbe potuto ricorrere, secondo la contrattazione collettiva, in presenza di “sistematici e reiterati atti e comportamenti” aggressivi, ostili, denigratori o di violenza psicologica nei confronti di un collega, sicché si trattava di recidiva particolare, che riprendeva l’ipotesi, sanzionata con la sospensione, di cui al comma 6 lett. e), del medesimo CCNL, a propria volta caratterizzata dalla reiterazione sistematica di tali comportamenti;
pertanto, solo in presenza di reiterazione di comportamenti di tal fatta, seguita dall’ulteriore reiterazione di essi nel biennio, si sarebbe potuti giungere ad applicare la sanzione del licenziamento, ma nel caso di specie alla (…) non, solo non era stata mai contestata la fattispecie di cui all’art. 3, co., 6, lett. e), ma neppure essa aveva reiterato nel biennio quei sistematici e reiterati atti e dunque al massimo nei suoi confronti avrebbe potuto applicarsi solo una sanzione conservativa;
il secondo motivo afferma la. violazione eo falsa applicazione dell’art. 3, co. 7, lett. f) eo dell’art. 3, co. 5, lett. g) eo dell’art. 3, co. 2, eo dell’art, 3, co. 3, CCNL comparto Regioni ed Autonomie Locali e con esso si specifica ulteriormente la critica di cui al primo motivo, precisandosi ancora come l’ipotesi di cui alla lettera f), per essere integrata, richiede il reiterarsi con un nuovo comportamento susseguente a quello già commesso ed in ipotesi sanzionato, di ulteriori “Sistematici e reiterati atti e comportamenti” aggressivi, ostili e denigratori, mentre l’ulteriore comportamento era qui stato la mera presentazione di una denuncia querela, in sé priva dei connotati di sistematicità e reiterazione;
il terzo motivo è rubricato come riguardante la violazione eo falsa applicazione dell’art. 3, co. 7, lett. f) eo dell’art. 3, co. 5, lett. g) eo dell’art. 3, co. 2, eo dell’art. 3, co. 3, CCNL comparto Regioni ed Autonomie Locali e con esso si sostiene come, in ogni caso, le condotte addebitate ed in particolare la mera presentazione di una querela, in quanto tale non verificatasi direttamente sul luogo di lavoro nei confronti di altri dipendenti dell’ente, non costituiscano atto ostile e denigratorio e siano quindi inidonee ad integrare la fattispecie di cui all’art. 3, co. 7, lett. f) cit.;
il quarto motivo, rubricato analogamente al secondo ed al terzo, sottolinea invece la diversità, accertata anche dalla Corte d’Appello, tra i comportamenti di cui al provvedimento di sospensione e quelli riguardati dalla condotta calunniosa addebitata, sicché non era, predicabile una reale recidiva;
infine, il quinto motivo del ricorso principale censura la sentenza impugnata per avere violato l’art. 91 eo 92.c.p.c. e ciò/in quanto, avendo la Corte territoriale convertito il licenziamento per giusta causa in licenziamento con preavviso ed avendo anche condannato il Comune a corrispondere, alla relativa indennità sostitutiva, non poteva poi aversi condanna della ricorrente, neppure parzialmente, a rifondere le spese di lite alla controparte per tutti i gradi giudizio, trattandosi di parte seppur parzialmente vittoriosa;
2. con il motivo di ricorso incidentale condizionato il Comune di (…) assume l’avvenuta violazione dell’art. 55-quater, co. 1 e dell’art. 55, co. 1, d.lgs. 165/2001, in relazione all’art. 3, co. 5, del CCNL del personale non dirigente del Comparto Regioni e Autonomie Locali e sostiene che la Corte territoriale avrebbe errato nel non considerare che le condotte addebitate alla (…) integravano la fattispecie di cui all’art. 55-quater d.lgs. 165/2001, co. 1, lett. e), parimenti contestata ed integrata vuoi per la denuncia sfociata in calunnia, vuoi per le altre condotte, tra cui quelle confluite nel precedente provvedimento disciplinare di sospensione;
3. i suddetti motivi possono essere esaminati congiuntamente, secondo l’ordine logico delle questioni da essi sollecitate;
4. è indubbio che la Corte del rinvio, per averlo essa anche testualmente esplicitato, abbia ritenuto integrata la fattispecie di cui all’art. 3, co. 7, lett. f) del CCNL di Comparto, argomentando sul ricorrere di due autonomi comportamenti, di cui i primi di natura essenzialmente denigratoria (attribuzione di condotte inappropriate, scorrette e moleste al Comandante ed a superiori, oltre a denigrazione del Corpo) confluiti nel primo provvedimento disciplinare di sospensione dal servizio e l’altro, consistente in un contegno propriamente calunnioso, realizzato con la denuncia querela del dicembre 2012, nei confronti dei superiori e con incolpazione del Comandante del reato di violenza sessuale, il tutto attraverso condotte plurime di crescente, gravità e tali da comportare grave lesione del vincolo fiduciario;
4.1 su queste basi, i primi due motivi del ricorso principale sono fondati, in quanto con essi si evidenzia l’indubbia particolarità che caratterizza l’ipotesi, contestata, quanto a disciplina collettiva, data dal fatto che la fattispecie destinata a sorreggere il licenziamento con preavviso (recidiva nel biennio di sistematici e reiterati atti e comportamenti aggressivi ed ostili etc.) applicata dalla Corte territoriale, richiede una recidiva assai complessa, data dal pregresso verificarsi dapprima di condotte (moleste, denigratorie etc.) sistematiche e reiterate, riportabili all’art.3, co. 6, lett. e), punite con la sospensione e già a propria volta plurime, che siano seguite poi, nel biennio, da ulteriori sistematici e reiterati atti e comportamenti di analoga portata (art. 3, co. 7, lett. f);
è quindi evidente come colga nel segno il rilievo per cui il secondo comportamento addebitato e valorizzato dalla Corte di merito, consistendo in una denuncia calunniosa, per quanto caratterizzata da destinatari ed incolpazioni plurime, non riesca ad essere inquadrata, per la sua unicità realizzativa, in quel concetto di sistematicità e reiterazione che richiede la norma collettiva;
4.2 proseguendo in ordine logico – e premesso che le eccezioni di inammissibilità del ricorso principale per impingere esso nel merito sono infondate, perché i motivi denunciano con puntualità vizi di c.d. sussunzione e quindi di falsa applicazione delle norme collettive – viene quindi in evidenza il ricorso incidentale;
come detto, con esso, si assume che la Corte del rinvio avrebbe dovuto valutare anche la fattispecie, parimenti contestata, di cui all’art. 55-quater lett. e) d.lgs. 165/2001, ovverosia della “reiterazione nell’ambiente di lavoro di gravi condotte aggressive o moleste o minacciose o ingiuriose o comunque lesive dell’onore e della dignità personale altrui”, sottolineando, la preminenza della fattispecie legale su quella contrattuale, sicché quest’ultima non poteva essere utilmente invocata ed era sostanzialmente irrilevante, una volta integrata l’ipotesi espressamente prevista dalla fonte primaria;
l’assunto è fondato;
infatti, fin dall’originaria, contestazione, il Comune ha fatto riferimento, comunque, alla responsabilità secondo quanto «previsto dall’art. 55 quater, lett. e) del d.Igs. 165/2001, sanzionato con il licenziamento senza preavviso», aggiungendo il richiamo all’art. 3, co., 7, lett. f) cit. e specificando che esso comportava il licenziamento con preavviso, per poi applicare proprio il licenziamento «senza preavviso, come previsto dall’art. 55 quater, co. 3, del d.lgs. 165/2001»;
è dunque evidente che la prima fattispecie da valutare, sotto il profilo logico e dell’assetto disciplinare quale impostato dal datore di lavoro, era proprio quella del licenziamento ai sensi dell’art. 55-quater lett. e);
d’altra parte, non può dirsi, come sembra sostenere la ricorrente, che la S.C., nella sentenza rescindente, abbia limitato l’esame del giudice del rinvio all’ipotesi di cui all’art. 3, co. 7, lett. f);
anzi, essa ha chiaramente richiamato l’art. 55-quater e ne ha denotato la prevalenza rispetto alle norme collettive contrastanti, per poi soffermarsi sull’errore di sussunzione operato dall’originaria sentenza di appello che, nell’accertare e fare leva sul solo reato di calunnia, così delimitato, aveva infondatamente ritenuto che da esso potesse derivare un valido licenziamento, mentre il caso, secondo la contrattazione collettiva, poteva semmai essere destinatario di una sanzione conservativa (sospensione) ai sensi dell’art. 3, co. 5, lett. g) del CCNL;
al contempo, questa S.C., in quel frangente, nel rimettere alla Corte del rinvio di accertare la fondatezza della contestazione della recidiva e quindi di ulteriori fatti rispetto alla sola calunnia, riapriva evidentemente il novero delle circostanze da accertare, il che altrettanto evidentemente avrebbe consentito (ed anzi imposto) la verifica della riconducibilità o meno di quei fatti alla diversa ipotesi, contestata ab origine e non esclusa ed anzi ritenuta prevalente rispetto alla contrattazione collettiva, di cui all’art. 55-quater, lett. e);
è pertanto indubbio che, accogliendosi i primi due motivi del ricorso principale, non solo ne restano sostanzialmente assorbiti il terzo ed il quarto (in quanto destinati a far emergere ulteriori illegittimità della sussunzione nell’ipotesi dell’art. 3, co. 7, lett. f cit.) ed il quinto (riguardante le spese di lite e caducato ex art. 336, co. 1, c.p.c., per effetto dell’accoglimento del ricorso), ma si giustifica anche la previa disamina del ricorso incidentale, in quanto con esso si aggredisce in sostanza la pronuncia di appello per avere ritenuto sussistenti i soli presupposti del licenziamento con preavviso e non quelli del licenziamento senza preavviso, quale era stato intimato;
6. venendo dunque a ciò, va rilevato come ricorrano tutti gli elementi di fatto della fattispecie di cui all’art. 55-quater lett. e), sotto il profilo della reiterazione di gravi condotte lesive dell’onore e della dignità personale altrui e ciò sulla base di quanto già accertato dalla Corte territoriale, ovverosia della plurima condotta denigratoria verso il Comandante ed i colleghi del luglio 2012 e della calunnia nei confronti dei colleghi e del Comandante – quest’ultima accertata con sentenza penale in giudicato – del dicembre 2012, il tutto attraverso condotte indubbiamente gravi e ciò non solo per la reiterazione già evidenziata dalla Corte di merito, ma per il fatto di essere state quelle condotte rivolte contro il Comandante ed il Corpo di Polizia, ovverosia contro l’Istituzione di appartenenza e per lo sfociare infine anche in un ambito di rilievo penale;
6.1 a proposito della calunnia, neppure può ritenersi che il riferimento dell’art. 55-quater lett. e) al verificarsi «nell’ambiente di lavoro» delle condotte ingiuriose o comunque lesive dell’onore e della dignità personale altrui da esso contemplate significhi che, attuandosi la denuncia penale presso gli organi deputati a riceverla e risultando essa indirizzata all’autorità giudiziaria e non direttamente ai colleghi, non sia atto idoneo ad integrare la fattispecie;
quanto al fatto che la calunnia verso i colleghi sia offensiva di costoro non servono particolari argomenti, in quanto il trattarsi di reato contro l’esercizio dell’attività giudiziaria non esclude di certo che essa, di natura plurioffensiva (Cass. pen. 13 febbraio 1988, n. 880), abbia connotati denigratori verso chi sia ingiustamente incolpato, non a caso pacificamente titolare del diritto al risarcimento dei danni;
quanto alla previsione che i comportamenti siano reiterati “nell’ambiente di lavoro”, ciò non significa, come sembrerebbe sostenersi con le difese svolte nel terzo motivo ad altro fine, che realizzandosi l’illecito con la proposizione della denuncia e dunque di regola al di fuori del luogo di lavoro, inteso come luogo fisico ove si svolgono le prestazioni, non si possa parlare di atti denigratori “nell’ambiente di lavoro”, in quanto proprio lo stesso riferimento ad un dato ad ampio spettro (“ambiente”) sta a significare che l’atto illecito debba avere riflessi diretti in tale ambiente e non necessariamente che sia commesso sul luogo di lavoro, sicché la calunnia verso colleghi ed il Comandante è certamente idonea ad integrare l’elemento della fattispecie;
6.2 quanto alla denuncia del carattere ritorsivo e discriminatorio del licenziamento, essa, pur riproposta, secondo la narrativa della ricorrente, in grado di reclamo, non risulta accolta dalla Corte territoriale in quel primo giudizio di secondo grado;
del tema della ritorsività non vi è traccia nella sentenza rescindente di questa S.C. e, dunque, il punto non può essere ulteriormente affrontato, stante il giudicato interno negativo, nel definire il merito del giudizio;
7. in definitiva il licenziamento senza preavviso era dunque ab origine legittimo è ciò comporta, nel decidere la causa nel merito, il rigetto delle domande formulate dalla ricorrente;
8. l’alterno esito dei vari gradi di giudizio giustifica la compensazione delle spese dell’intero processo.
P.Q.M.
Accoglie il primo ed il secondo motivo del ricorso principale ed il ricorso incidentale, assorbiti il terzo, il quarto ed il quinto motivo del ricorso principale, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito, rigetta le originarie domande della (…). Compensa le spese dell’intero processo.