Prassi – AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 17 marzo 2023, n. 255

Determinazione della residenza fiscale di una persona fisica ai sensi delle disposizioni contenute nell’articolo 4, paragrafo 4, della Convenzione tra Italia e Svizzera per evitare le doppie imposizioni, ratificata con legge del 23 dicembre 1978, n. 943

 

Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente

 

Quesito

 

Il Signor XXX (di seguito l’Istante o il Contribuente) riferisce di essersi trasferito in Svizzera nell’anno x per motivi di lavoro.

Al riguardo, il Contribuente specifica che, negli ultimi sei mesi di tale annualità:

– ha richiesto il permesso di residenza (tipo B) nella Confederazione Elvetica;

– è entrato in territorio svizzero;

– ha preso in locazione un appartamento in Svizzera;

– ha iniziato a svolgere un’attività di lavoro dipendente a tempo indeterminato nella Confederazione Elvetica.

Negli ultimi sei mesi dell’anno x+1 l’Istante si è iscritto all’AIRE.

L’Istante segnala, in virtù dei suddetti elementi di fatto, di dover essere considerato fiscalmente residente in Italia negli anni x e x+1, ai sensi dell’articolo 2, comma 2, del Testo Unico delle imposte sui redditi, approvato con DPR del 22 dicembre 1986, n. 917 (di seguito TUIR), ma, altresì, residente in Svizzera dal giorno z dell’anno x, in base alla vigente normativa elvetica.

Tale conflitto tra le normative interne di Italia e Svizzera viene risolto, a giudizio del Contribuente, dalle disposizioni, contenute nell’articolo 4, paragrafo 4, della Convenzione tra i due Stati per evitare le doppie imposizioni, ratificata con Legge 23 dicembre 1978, n. 943 (di seguito, ”Convenzione” o ”Trattato internazionale”), che collegano il cambiamento di residenza fiscale al trasferimento di domicilio tra i due Paesi.

La Convenzione non riporta, tuttavia, una definizione di domicilio né esplicita quale siano le modalità di accertamento della data del trasferimento del medesimo, né quale data di trasferimento debba prevalere, in caso di risultanze discordanti tra i due Stati contraenti il suddetto Trattato internazionale.

Ciò posto, l’Istante richiede alla scrivente di chiarire con quali modalità possano essere applicate le disposizioni, contenute nel citato articolo 4, paragrafo 4, della Convenzione, nel caso in cui la data del trasferimento del domicilio risulti differente in Italia e Svizzera, in base alla documentazione formale disponibile alle Autorità fiscali dei due Paesi.

In base all’applicazione delle suddette disposizioni convenzionali il Contribuente richiede se debba essere considerato residente in Svizzera dal giorno z dell’anno x, data di trasferimento dell’Istante nel suddetto Stato, e se i redditi, percepiti a fronte dell’attività di lavoro dipendente svolta in Svizzera, a partire dal giorno y dell’anno x, debbano essere assoggettati ad imposizione esclusiva nella Confederazione Elvetica e non riportati nelle dichiarazioni dei redditi relative alle annualità x e x+1.

 

Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente

 

L’Istante ritiene che le disposizioni, contenute nel citato articolo 4, paragrafo 4, della Convenzione, utilizzando il termine ”domicilio” invece di ”residenza”, privilegiano l’aspetto fattuale rispetto a quello formale, rappresentato dalla mera residenza anagrafica del Contribuente.

L’Istante ritiene, pertanto, che, nella fattispecie in esame, debba prevalere, in sede di applicazione dell’articolo 4, paragrafo 4, del suddetto Trattato internazionale, la data di trasferimento del domicilio risultante allo Stato di arrivo (nel caso in esame la Svizzera), in quanto coincidente con quella di effettivo trasferimento materiale del proprio domicilio.

Tale data, a giudizio del Contribuente, corrisponde al giorno z dell’anno x, e precede, pertanto, la data di inizio (y dell’anno x) del rapporto di lavoro dipendente in Svizzera.

In base alle suddette considerazioni, l’Istante ritiene di dover indicare in Italia, nella dichiarazione dei redditi x+1 relativa all’anno d’imposta x, solo i redditi posseduti nel nostro Paese e quelli eventualmente prodotti all’estero fino alla data del giorno z dell’anno x e di non essere tenuto a presentare la dichiarazione dei redditi x+2 per l’anno x+1, a meno che lo stesso Contribuente non abbia prodotto redditi in Italia nel corso di tale annualità.

 

Parere dell’Agenzia delle Entrate

 

In via preliminare, si evidenzia che l’accertamento dei presupposti per stabilire l’effettiva residenza fiscale costituisce una questione di fatto che non può essere oggetto di istanza di interpello ai sensi dell’articolo 11 della legge n. 212 del 2000 (cfr. circolare n. 9/E del 1° aprile 2016).

Si rileva, in particolare, che il riscontro sulla residenza ai sensi delle disposizioni contenute sia nell’articolo 2 del TUIR, sia nell’articolo 4, paragrafi 2 e 4, del citato Trattato internazionale non può essere operato in questa sede, richiedendo la verifica di elementi fattuali che esulano dall’istituto dell’interpello ordinario, la cui funzione consulenziale ne limita l’ambito ai soli casi in cui ricorra un’incertezza interpretativa attinente alla norma tributaria (c.d. ”interpello ordinario puro”), ovvero alla qualificazione giuridico-tributaria della fattispecie (c.d. ”interpello ordinario qualificatorio”).

Infatti, come affermato più volte nei documenti di prassi, sono escluse dall’area dell’interpello tutte quelle ipotesi che, coerentemente alla natura, alle finalità dell’istituto ed alle regole istruttorie di lavorazione delle istanze, sono caratterizzate da una spiccata ed ineliminabile rilevanza dei profili fattuali riscontrabili dalla stessa Amministrazione finanziaria solo in sede di accertamento, come le questioni involgenti problemi collegati alla residenza delle persone fisiche (Cfr. circolare 1° aprile 2016 n.9/E e risoluzione 3 dicembre 2008, n. 471/E).

Il medesimo principio è stato, peraltro, affermato dalla giurisprudenza di legittimità che, nel sostenere la cedevolezza del requisito formalistico dell’iscrizione anagrafica rispetto all’approccio sostanziale previsto nelle Convenzioni per evitare le doppie imposizioni, presuppone sempre l’accertamento di situazioni di fatto (Cfr. Cassazione Civile n. 26638 del 10 novembre 2017 e n. 20285 del 23 maggio 2013).

La seguente risposta si basa, pertanto, sui fatti e sui dati così come prospettati nell’istanza di interpello, fermo restando, in capo al competente Ufficio finanziario, l’ordinario potere di verifica e di accertamento dell’effettiva residenza all’estero del Contribuente.

Ciò premesso, si rileva come l’articolo 2, comma 2, del TUIR considera fiscalmente residenti in Italia le persone fisiche che, per la maggior parte del periodo d’imposta, cioè per almeno 183 giorni (o 184 giorni in caso di anno bisestile), sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile.

Le condizioni sopra indicate sono tra loro alternative e la sussistenza anche di una sola di esse per la maggior parte del periodo d’imposta è sufficiente a far ritenere che un soggetto sia qualificato, ai fini fiscali, residente in Italia.

Si osserva, inoltre, come, ai sensi del comma 2bis del citato articolo 2 del TUIR, si considerano comunque residenti, salvo prova contraria, anche i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato, individuati con decreto Ministeriale 4 maggio 1999.

Come chiarito nel paragrafo 2 della Circolare del Ministero Finanze del 24 giugno 1999, n. 140, la residenza fiscale è ritenuta, in via presuntiva, sussistente per coloro che siano anagraficamente emigrati in uno degli anzidetti Stati o territori senza dimostrare l’effettività della nuova residenza.

Il predetto comma 2bis non ha creato un ulteriore status di residenza fiscale bensì, attraverso l’introduzione di una presunzione legale relativa, ha diversamente ripartito l’onere probatorio fra le parti, ponendolo a carico dei contribuenti trasferiti, al fine di evitare che le risultanze di ordine meramente formale prevalgano sugli aspetti sostanziali.

Pertanto, anche a seguito della formale iscrizione all’AIRE, nei confronti di cittadini italiani trasferiti in Svizzera continua a sussistere una presunzione (relativa) di residenza fiscale in Italia per effetto del citato articolo 2, comma 2bis, in quanto la Svizzera è inserita nella lista degli Stati e territori aventi un regime fiscale privilegiato di cui al Decreto Ministeriale 4 maggio 1999.

Ciò posto, si rileva che, sulla base degli elementi di fatto rappresentati dal Contribuente nell’Istanza di interpello in esame, il Signor XXX dovrebbe, in ogni caso, essere considerato, ai sensi della vigente normativa interna italiana, residente nel nostro Paese per le annualità 2021 e 2022, in quanto iscritto nelle anagrafi della popolazione residente per la maggior parte di tali periodi d’imposta.

Tanto chiarito sotto il profilo della normativa interna italiana, occorre, tuttavia, considerare le disposizioni internazionali contenute in accordi conclusi dall’Italia con gli Stati esteri.

Il principio della prevalenza del diritto convenzionale sul diritto interno è, difatti, pacificamente riconosciuto nell’ordinamento italiano e, in ambito tributario, è sancito dall’articolo 169 del TUIR e dall’articolo 75 del D.P.R. del 29 settembre 1973, n. 600, oltre ad essere stato affermato dalla giurisprudenza costituzionale.

Nel caso in esame si fa specifico riferimento al citato Trattato internazionale per evitare le doppie imposizioni in vigore con la Svizzera, il cui articolo 4 richiama, riguardo alla definizione del concetto di residenza, al paragrafo 1, la nozione contenuta nelle normative interne dei due Stati contraenti la suddetta Convenzione e stabilisce, al paragrafo 2, conformemente al Modello OCSE di Convenzione, le cosiddette tie breaker rules per dirimere eventuali conflitti di residenza tra tali Stati contraenti. Dette regole fanno prevalere il criterio dell’abitazione permanente cui seguono, in ordine gerarchico, il centro degli interessi vitali, il soggiorno abituale e la nazionalità del Contribuente.

Si osserva, inoltre, che il citato Trattato internazionale, seguendo le raccomandazioni formulate nel paragrafo 10 del Commentario all’articolo 4 del Modello di Convenzione OCSE, reca una disposizione che prevede esplicitamente, per la soluzione dei casi di doppia residenza, il frazionamento dell’anno d’imposta, in caso di trasferimento da uno Stato all’altro nel corso dell’anno (cfr. articolo 4, paragrafo 4, della Convenzione).

In particolare, il suddetto articolo 4, paragrafo 4, della Convenzione prevede che ”la persona fisica che ha trasferito definitivamente il suo domicilio da uno Stato contraente all’altro Stato contraente cessa di essere assoggettata nel primo Stato contraente alle imposte per le quali il domicilio è determinante non appena trascorso il giorno del trasferimento del domicilio. L’assoggettamento alle imposte per le quali il domicilio è determinante inizia nell’altro Stato a decorrere dalla stessa data”.

Si osserva, pertanto, che, nella fattispecie prospettata dal Signor XXX, l’asserita doppia residenza in Italia ed in Svizzera, nei periodi d’imposta x e x+1, può essere risolta applicando il suddetto criterio del frazionamento.

A tal riguardo la scrivente fornisce, di seguito, le proprie valutazioni nel presupposto (qui assunto acriticamente) che il cambiamento di domicilio (inteso, ai sensi dell’articolo 43 del Codice civile, come il luogo in cui una persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi) del Contribuente dall’Italia alla Svizzera sia intervenuto il giorno z, poiché questa è la fattispecie rappresentata dall’Istante.

Sussistendo tale presupposto, l’Italia può esercitare la propria potestà impositiva, basata sulla residenza, fino al giorno z, mentre la Svizzera può far valere, ai sensi della predetta disposizione convenzionale, la propria pretesa impositiva a decorrere dal giorno successivo al giorno z (cfr. articolo 4, paragrafo 4, della Convenzione).

Al riguardo, è appena il caso di segnalare che l’iscrizione all’AIRE del Contribuente, rilevando unicamente ai fini della vigente normativa interna, non ha effetto sull’applicazione delle disposizioni contenute nel citato Trattato internazionale.

Ciò posto, si rileva che, per quel che concerne la fattispecie, rappresentata nell’interpello in esame (la cui veridicità e completezza è qui assunta acriticamente), di una residenza fiscale in Italia dell’Istante sino al giorno z dell’anno x ed in Svizzera dal giorno successivo della stessa annualità, l’articolo 3, comma 1, del TUIR prevede che ”l’imposta si applica sul reddito complessivo del soggetto formato per i residenti da tutti i redditi posseduti al netto degli oneri deducibili indicati nell’articolo 10 e per i non residenti soltanto da quelli prodotti nel territorio dello Stato”.

Si rileva, pertanto, che, in base alla suddetta disposizione del TUIR, applicata alla fattispecie sopra descritta, i redditi, ovunque posseduti dal Contribuente sino al giorno z dell’anno x, dovranno essere assoggettati ad imposizione in Italia (con le limitazioni poste dallo stesso Testo Unico e dalle Convenzioni per evitare le doppie imposizioni in vigore nel nostro Paese) e, quindi, riportati nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta x. A partire dal giorno successivo (data dalla quale l’Istante risulterà residente in Svizzera) al giorno z dell’anno x, invece, dovranno essere sottoposti a tassazione nel nostro Paese e, quindi, riportati in dichiarazione, solo i redditi prodotti nel territorio dello Stato italiano (cfr. articolo 23 del citato TUIR).

A tal riguardo si osserva, per completezza, che (nel presupposto di una residenza fiscale svizzera dell’Istante decorrente dal giorno successivo al giorno z dell’anno x) i redditi di lavoro dipendente prodotti dal Contribuente in Svizzera, a decorrere dal giorno y dell’anno x, sono assoggettati ad imposizione esclusiva nella Confederazione Elvetica e, quindi, non sono sottoposti a tassazione in Italia, anche ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, del suddetto Trattato internazionale, in quanto percepiti da un residente nel suddetto Stato estero, a fronte di un’attività lavorativa svolta nello stesso Paese (cfr. articolo 15, paragrafo 1, della Convenzione).

Per le suddette ragioni, si conferma che il Signor XXX non sarà tenuto nell’anno x+2 a presentare nel nostro Paese la dichiarazione dei redditi per l’anno d’imposta x+1 a meno che, nel corso di tale annualità, l’Istante non abbia prodotto in Italia redditi individuati dall’articolo 23 del TUIR.

 

Prassi – AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 17 marzo 2023, n. 255
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