Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 marzo 2023, n. 8517

Lavoro, TFR, Fondo di Garanzia INPS, Differenze retributive, L’obbligazione di pagamento del TFR e delle ultime tre mensilità a carico del Fondo di Garanzia ha natura previdenziale, Ritenute, Rigetto

 

Con sentenza dell’11/9/20 la Corte d’Appello di Perugia ha confermato la sentenza del tribunale della stessa sede che aveva condannato l’Inps a pagare la differenza tra la somma di cui al decreto ingiuntivo ottenuto dalla lavoratrice in epigrafe verso il datore per le ultime tre mensilità e il TFR e le somme già corrisposte allo stesso titolo dall’INPS con trattenuta per l’imposta. In particolare, la corte territoriale, premesso che la lavoratrice aveva ottenuto un decreto ingiuntivo nei confronti del datore di lavoro per un importo complessivo netto per mensilità retributive e TFR e che il Fondo di Garanzia dell’INPS (cui la lavoratrice si era rivolta a seguito dell’infruttuoso recupero delle somme dal datore) aveva liquidato le spettanze considerando le somme di cui al decreto ingiuntivo come lorde, e quindi effettuando trattenuta fiscale sulle stesse, ha ritenuto – richiamando peraltro messaggio INPS n. (…) – che l’intervento del Fondo di garanzia, conformemente alla richiesta della lavoratrice, dovesse riguardare le somme lorde.

Avverso tale sentenza ricorre l’INPS per due motivi, illustrati da memoria; la parte privata ha prodotto procura per la discussione.

Con il primo motivo si deduce violazione degli articoli 2120 c.c., 2 comma 57 legge 297 dell’82, 1 e 2 decreto legislativo 80 del 1992, 633, 474 c.p.c. e 2691 c.c., per avere la corte territoriale ritenuto l’obbligo del Fondo in relazione a somme lorde sebbene la lavoratrice non avesse fornito la prova dell’esatto ammontare delle somme e delle relative ritenute erariali.

Con il secondo motivo si deduce violazione degli articoli suddetti, nonché degli artt. 23 DPR 600 del 73, 11 decreto legislativo 47 del 2000 e 2697 codice civile, per avere la corte territoriale trascurato che l’obbligo di intervento del Fondo sussiste nei limiti delle somme risultanti dal titolo esecutivo, e dunque nel caso delle somme dovute dal datore secondo il decreto ingiuntivo, e che l’Inps deve fare le trattenute per quanto da esso dovuto.

I motivi possono essere trattati congiuntamente per la loro connessione: essi sono infondati.

In fatto, occorre premettere che dalla sentenza impugnata risulta che il lavoratore a sostegno della richiesta monitoria ha prodotto buste paga dalle quali risultavano somme lorde e nette ed ha richiesto ed ottenuto ingiunzione per le somme nette; risulta inoltre che l’INPS ha considerato tali somme ed ha operato su di esse le trattenute.

In diritto, la giurisprudenza consolidata di questa Corte ha sempre affermato che le spettanze del lavoratore maturano al lordo (Sez. L, Sentenza n. 18044 del 14/09/2015, Rv. 636824 – 01; Sez. L, Sentenza n. 21010 del 13/09/2013, Rv. 627984 – 01; Sez. L, Sentenza n. 3375 del 11/02/2011, Rv. 615995 – 01; Sez. L, Sentenza n. 18584 del 07/07/2008, Rv. 604756 – 01; Sez. L, Sentenza n. 18584 del 07/07/2008, Rv. 604756 – 01), e ciò in quanto il meccanismo delle ritenute inerisce ad un momento successivo a quello dell’accertamento e della liquidazione delle spettanze retributive e si pone in relazione al distinto rapporto d’imposta, sul quale il giudice chiamato all’accertamento ed alla liquidazione predetti non ha il potere d’interferire.

Come precisato da questa Corte (Cass. Sez. L, Sentenza n. 21211 del 05/10/2009,Rv. 610447 – 01; Sez. L, Sentenza n. 1486 del 23/03/1989, Rv. 462296 – 01 ed altre), l’accertamento e la liquidazione dei crediti pecuniari del lavoratore per differenze retributive, e quindi anche per il trattamento di fine rapporto, debbono essere effettuati al lordo delle ritenute fiscali, poiché il meccanismo della determinazione di queste ultime inerisce ad un momento successivo a quello dell’accertamento e delle liquidazioni delle spettanze retributive e si ricollega al distinto rapporto d’imposta, in relazione al quale il datore di lavoro opera le ritenute solo al momento del pagamento finale (così anche, per la determinazione delle retribuzioni dovute al lavoratore ex art. 18 Stat. Lavoratori, Sez. L, Sentenza n. 585 del 22/01/1987, Rv. 450310 – 01).

Questa Corte è consapevole che l’obbligazione di pagamento del TFR e delle ultime tre mensilità a carico del Fondo di Garanzia ha natura previdenziale e non va considerata identica all’obbligazione di pagamento delle relative somme a carico del datore di lavoro, avente natura retributiva, e, per altro verso, che l’INPS in qualità di sostituto di imposta debba operare tutte le dovute trattenute.

Sotto il primo profilo, si è detto (Sez. 6 – L, Ordinanza n. 17643 del 25/08/2020, Rv. 658937 – 02; Sez. 6 – L, Ordinanza n. 12971 del 09/06/2014, Rv. 631654-01; Sez. L, Sentenza n. 20547 del 13/10/2015, Rv. 636990 – 01) che il diritto del lavoratore di ottenere dall’INPS, in caso di insolvenza del datore di lavoro, la corresponsione del T.F.R. a carico dello speciale fondo di cui all’art. 2 della legge 29 maggio 1982, n.297, ha natura di diritto di credito ad una prestazione previdenziale, ed è perciò distinto ed autonomo rispetto al credito vantato nei confronti del datore di lavoro (restando esclusa, pertanto, la fattispecie di obbligazione solidale), diritto che si perfeziona (non con la cessazione del rapporto di lavoro ma) al verificarsi dei presupposti previsti da detta legge (insolvenza del datore di lavoro, verifica dell’esistenza e misura del credito in sede di ammissione al passivo, ovvero all’esito di procedura esecutiva).

Sotto il secondo profilo, per Sez. L – , Sentenza n. 25016 del 23/10/2017 (Rv. 646109 – 01) e Sez. L, Sentenza n. 25663 del 07/6/2017, il Fondo di Garanzia, nel liquidare la propria obbligazione, deve operare in qualità di sostituto d’imposta, trattenendo l’importo dovuto per le imposte erariali, ove ciò non sia stato già operato in sede di ammissione al passivo fallimentare.

La stessa sentenza ha peraltro escluso che l’INPS possa operare una seconda trattenuta che incida una seconda volta sull’importo effettivo da erogare, posto che il meccanismo voluto dalla legge è inequivoco e non legittima l’INPS a pretendere che un lavoratore sia assoggetto per due volte alla medesima trattenuta di natura fiscale.

Le dette sentenze (vedi massima Rv. 646109 – 01 in particolare) hanno affermato che, in tema di prestazioni a carico del Fondo di garanzia, che hanno natura previdenziale, il calcolo dei crediti dovuti al lavoratore per differenze retributive e trattamento di fine rapporto deve avvenire sempre al lordo (v. pure Sez. 5, Sentenza n. 22516 del 02/10/2013, Rv. 628721 – 01, con riferimento all’insinuazione al passivo del Fondo di Garanzia ed alla sua ricomprensione anche delle ritenute fiscali operate al momento del pagamento).

Benché autonoma rispetto alla obbligazione datoriale, l’intervento del Fondo di Garanzia presuppone l’infruttuosa esecuzione dei crediti relativi alla prima ed il venir meno delle garanzie inerenti agli stessi, sicché l’obbligazione del Fondo si commisura all’obbligazione datoriale (che, come si è detto, ha ad oggetto somme al lordo), e -fermo restando la necessità del verificarsi dei presupposti di intervento del Fondo ex art. 2 della I. n. 297 del 1982- non si commisura invece necessariamente al titolo esecutivo ottenuto per quella. Nell’ipotesi in cui il titolo esecutivo sia ottenuto per somme nette, come nella specie, l’intervento del Fondo si commisura in ogni caso alla somma lorda dovuta al lavoratore, rispetto alla quale sono venute meno le garanzie, e non può limitarsi alle somme portate dal titolo esecutivo: invero, se il titolo rimasto ineseguito reca somme nette, a fortiori esso è espressione d’incapienza anche per le maggiori somme relative comprensive dell’imposta.

Nel calcolo della prestazione previdenziale dovuta l’Istituto deve fare riferimento, dunque, alle somme lorde dovute al lavoratore, e ciò sia nel caso in cui la richiesta di intervento faccia espresso riferimento a quelle, sia nel caso in cui la richiesta faccia riferimento ad un titolo contenente le somme al netto, rispetto alle quali l’Istituto deve provvedere alla conversione al lordo, per poi operare, in un momento successivo alla determinazione delle somme dovute, la trattenuta.

L’obbligo dell’INPS, naturalmente, viene meno ove l’ente – soggetto onerato della relativa prova in quanto tenuto per legge alle ritenute – dimostri che le ritenute siano state già operate e versate in precedenza per le somme in questione (ad esempio, più che nell’ipotesi inverosimile che il datore le abbia operate e versate, pur non pagando poi il lavoratore, nell’ipotesi in cui le somme per ritenute siano state oggetto di ammissione al passivo di un fallimento almeno parzialmente capiente per le stesse).

Può dunque affermarsi che, in tema di prestazioni previdenziali a carico del Fondo di garanzia dell’INPS, anche ove il lavoratore abbia ottenuto ingiunzione di pagamento nei confronti del datore di lavoro per somme nette, il calcolo dei crediti dovuti al lavoratore per differenze retributive e trattamento di fine rapporto deve avvenire sempre al lordo e l’Inps, nel liquidare la propria obbligazione, deve operare in qualità di sostituto d’imposta, trattenendo l’importo dovuto per le imposte erariali, sempreché non dimostri che le ritenute siano state già operate e versate all’erario.

Per quanto detto il ricorso deve essere rigettato. Nulla per spese non essendo stata svolta attività difensiva dall’intimato.

Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n.115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.

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