Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 28 marzo 2023, n. 8720
Lavoro, Società di capitali tra professionisti, Sanzioni amministrative, Opposizione a ordinanza-ingiunzione, Attività organizzata in forma di impresa, Abusiva duplicazione e detenzione di programmi per elaboratore orientata al fine di trarne profitto, Rigetto
Rilevato che
1. Il Tribunale di Foggia rigettava l’opposizione ad ordinanza ingiunzione n. 0894 notificata il 10.02.2017 alla s.r.l. (…) con la quale l’Ufficio territoriale della Prefettura (…) aveva irrogato sanzione pecuniaria di € 62.023,00 ex artt. 171-bis, 174-bis I. 22 aprile 1941, n. 633, per avere la s.r.l. (…) utilizzato 18 programmi per elaboratore «per scopi commerciali o imprenditoriali». Il giudice di prime cure fondava il suo convincimento sul fatto che la società (…) s.r.l., in quanto costituita sotto forma di società di capitali, svolgesse attività commerciale, ai sensi dell’art. 90, comma 2, lett. b) del d.lgs. n. 163 del 2006 (codice dei contratti pubblici, oggi dall’art. 46 del d.lgs. n. 50 del 2016), e non professionale, ai sensi dell’art. 90, comma 2, lett. a) della stessa legge.
2. Proponeva gravame avverso la suddetta pronuncia (…) innanzi alla Corte d’Appello di Bari. La Corte distrettuale confermava il giudizio di prime cure, osservando che:
– l’art. 10 della I. 12 novembre 2011, n. 183 si è limitato ad abilitare le società di capitali tra professionisti costituite ai sensi della I. n.109 del 1994 a svolgere attività di progettazione anche nel settore privato, pur mantenendo tendenzialmente lo statuto vigente definito per l’esercizio di attività di progettazione nel settore pubblico (Cass. Sez. 2, n. 7310 del 2017);
– la società (…) s.r.l. svolgeva attività organizzata in forma di impresa, come si deduce dall’oggetto sociale riportato nello statuto della società e dal reddito di impresa accertato dalla Guardia di Finanza. In ogni caso, la finalità commerciale non va valutata esclusivamente con riguardo alla vendita dei programmi per elaboratore, ma anche con riguardo alla loro utilizzazione in favore della clientela;
– l’asserita non corrispondenza dell’importo oggetto di ingiunzione ai valori di mercato non è stata dimostrata dall’opponente sulla scorta di una quantificazione alternativa ed attendibile rispetto a quella condivisa dal primo Giudice.
3. Avverso detta pronuncia proponeva ricorso per cassazione (…) in proprio e nella sua qualità di rappresentante legale della società (…) affidandolo a quattro motivi.
Si difendevano con controricorso il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, la Prefettura U.T.G. – (…) nella persona del Prefetto pro tempore.
In prossimità dell’adunanza il ricorrente depositava memoria.
Considerato che
1. Con il primo motivo si deduce nullità della sentenza per violazione del diritto di difesa e del principio del contraddittorio, degli artt. 24 e 111 Cost. e degli artt.101, 416, 436 e 437 cod. proc. civ., con vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 4), cod. proc. civ. Lamenta il ricorrente che l’Amministrazione, già contumace in primo grado, si è costituita tardivamente in appello, in occasione della seconda udienza, con comparsa di costituzione e risposta con allegata documentazione, depositata telematicamente solo il giorno prima della seconda udienza.
2. Con il secondo motivo si deduce violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115, 416, 420, 436 e 437, comma 2, cod. proc. civ.; degli artt. 1, lett. b); 2, commi 1 e 4; 6, comma 1 e 11; 34, comma 1, lett. a), d.lgs. 1 settembre 2011, n. 150; dell’art. 2697 cod. civ., con vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ.
La Corte territoriale ha errato poiché ha basato la decisione di rigetto dell’opposizione su documentazione nuova prodotta dall’Amministrazione per la prima volta in grado di appello e tardivamente, ossia sugli accertamenti della Guardia di Finanza contenuti nel verbale del 03.10.2016 irritualmente prodotto.
2.1. I primi due motivi possono essere esaminati congiuntamente, in quanto attengono entrambi alla tempestività della produzione dei documenti ai fini della loro rilevanza probatoria. Essi sono in parte inammissibili, in quanto difettano di specificità ex art. 366, n. 6), cod. proc. civ.: il ricorrente non deduce con chiarezza di quale documentazione lamenta la novità e la tardiva produzione. Nel secondo mezzo di impugnazione, in particolare, il ricorrente fa riferimento unicamente al verbale di accertamento della Guardia di Finanza prodotto ex adverso: limitatamente a tale riferimento il motivo è infondato, in quanto – benché gravi sulla P.A., quale attore sostanziale, la prova dei fatti costitutivi posti a fondamento della sua pretesa e non sull’opponente che li abbia contestati quella della loro inesistenza (Cass. Sez. 6, n. 1921 del 24.01.2019 – Rv. 652384 – 02; Cass. Sez. 2, n. 1529 del 2018 – Rv. 647782-02; Cass. Sez. 2, n. 5122 del 2011 Rv. 617175 – 01) l’Amministrazione ha prodotto nei termini il verbale oggi oggetto di contestazione, in quanto atto relativo all’accertamento nonché alla contestazione o alla notificazione della violazione non soggetto al termine perentorio di cui all’art. 416 cod. proc. civ. Questa Corte ha, infatti, avuto modo di chiarire che nel giudizio di opposizione ad ordinanza-ingiunzione, così come disciplinato dall’art. 6 del d.lgs. n. 150/2011, la produzione di documenti da parte dell’Amministrazione convenuta è soggetta ad un doppio regime preclusivo: la copia del rapporto, con gli atti relativi all’accertamento nonché alla contestazione o alla notificazione della violazione, può essere depositata senza limitazioni temporali (non avendo natura perentoria il termine contemplato dal comma 8 del medesimo articolo), mentre per il deposito degli altri documenti opera il terzo comma dell’art. 416 cod. proc. civ., con la conseguenza che la produzione è preclusa oltre il decimo giorno precedente l’udienza di discussione (Cass. Sez. 2, n. 32226 del 2022; Cass. Sez. 2, n. 9545 del 2018; confermano Cass. Sez. 6-2, n. 16853 del 2016, con riferimento al giudizio di opposizione al verbale di accertamento di violazione del codice della strada, disciplinato dall’art. 7 del d.lgs. n. 150/2011).
3. Con il terzo motivo si deduce violazione o falsa applicazione dell’art. 10, comma 3, I. n. 183/2011, e del Regolamento di attuazione emanato con D.M. Giustizia n. 34/2013; degli artt.171-bis, comma 1, e 174-bis, L. n. 633/1941, degli artt. 112 e 115 cod. proc. civ., con vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. Il ricorrente lamenta l’errata interpretazione, da parte della Corte territoriale, dell’art. 10, comma 3, I. n. 183/2011, che consente l’esercizio di attività professionale in forma societaria. Inoltre, l’attività professionale svolta dall’odierna ricorrente comporta l’utilizzazione dei software in maniera strumentale alla prestazione d’opera in favore dei clienti: mancano, dunque, gli elementi costitutivi della fattispecie di cui all’art. 171-bis I. n. 633/1941, che costituiscono il presupposto per la configurabilità di una condotta sanzionatoria ex art. 174-bis della stessa legge.
3.1. Il motivo è infondato. Preliminarmente, si deve condividere con la ricorrente l’inconferente riferimento, voluto dalla Corte d’Appello di Bari, alla pronuncia n. 7310/2017 con la quale questa Corte ha ribadito l’operatività del divieto (previsto nell’art. 2 della legge n. 1815 del 1939) di costituire ed esercitare – sotto qualsiasi forma diversa da quella delle associazioni fra professionisti – l’attività di consulenza tecnica, legale, commerciale, contabile o tributaria, in ragione della mancata attuazione dell’abrogazione disposta dall’art. 24, comma 1, della legge n. 266/1997, a seguito dell’omessa adozione del decreto di fissazione dei requisiti di cui alla legge n. 1815 del 1939, art. 1. Poiché la società (…) s.r.l. è stata costituita successivamente alla data di entrata in vigore della I. n. 183/2011 (legge di stabilità 2012), il 01.01.2012, ad essa si applica quanto disposto dall’art. 10 della citata normativa, con il quale il divieto dell’art. 2 legge n. 1815 del 1939 è stato nuovamente e definitivamente abrogato (art. 10, comma 11. L. n. 183/2011) ed è stata, perciò, dettata la disciplina delle società costituite in forma di società di capitali per l’esercizio delle attività professionali regolamentate (Cass. Sez. 2, n. 22534 del 18.07.2022).
3.2. Tanto premesso, occorre rilevare che una s.r.l. che svolge attività tipiche della professione ingegneristica potrebbe comunque assumere sia la veste di una «società di (…) (ex art. 90, lett. b) d.lgs. 163/2006, Codice dei contratti pubblici; art. 254 D.P.R. 207/2010, Regolamento attuativo del Codice), sia la veste di società tra professionisti (ex art. 10, comma 4, I. 183/2011; D.M. 8 febbraio 2013, n. 34; art. 90, lett. a) d.lgs. 163/2006). In tale ultima veste essa dovrebbe soddisfare specifici requisiti: tra questi, l’esercizio esclusivo delle attività professionali «protette» quale oggetto sociale, con obbligo di iscrizione all’albo di appartenenza dei professionisti.
Nel caso di specie, entrambi i giudici del merito hanno qualificato l’attività svolta dall’odierna ricorrente come attività organizzata in forma di impresa, non come attività professionale. A tale conclusione la Corte territoriale è giunta dopo aver esaminato l’oggetto sociale della società (…) s.r.l., tenuto conto altresì degli accertamenti reddituali effettuati dalla Guardia di Finanza, ponendo in essere un accertamento di fatto, immune da errori logico-giuridici, e, pertanto, non sindacabile in sede di legittimità.
3.3. Affermata la natura commerciale e imprenditoriale delle attività svolte dalla società (…) s.r.l., non permangono dubbi riguardo all’utilizzo illecito dei programmi per elaboratore in mancanza di licenza d’uso, poiché esso integra la fattispecie penale, ex art. 171-bis I. 22 aprile 1941, n. 633 (disposizione originariamente introdotta dal d.lgs. n. 518 del 1992 attuativo della dir. 91/250/CE), dell’abusiva duplicazione e detenzione di programmi per elaboratore orientata al fine di trarne profitto;
locuzione quest’ultima che, per la sua ampiezza e per l’oggetto della tutela alla base della norma, include ogni utilizzazione tecnica del software ai fini della realizzazione di un diretto risultato patrimoniale, e quindi consente l’applicabilità della sanzione amministrativa ex art. 174-ter (Cass. pen. n. 30047 del 2018: la detenzione o utilizzazione dei programmi software nel campo commerciale o industriale integra il reato di cui all’art. 171-bis, comma 1, I. 27.04.1941, n. 633. Sulla detenzione a fine di profitto anche professionale di programmi per elaboratore privi di licenza d’uso: Cass. n. 23365/2016; Cass. pen. Sez. 3, n. 25104 dell’08/05/2008). La finalità di commercio o d’impresa non deve essere valutata esclusivamente con riguardo alla vendita diretta dei programmi per elaboratore, ma anche alla installazione dei medesimi sugli elaboratori e, più in generale, alla loro utilizzazione in favore dei clienti. Pertanto, in applicazione dell’art. 174-bis, deve essere confermata l’irrogazione della sanzione amministrativa pecuniaria alla società ricorrente.
4. Con il quarto motivo si deduce violazione o falsa applicazione degli artt. 115, 416, 420, 438 e 437 comma 2, cod. proc. civ.; art. 1, lett. b); art. 2, commi 1 e 4; art. 6, commi 1 e 11; art. 34, comma 1, lett. a), d.Lgs. n.150/2011; dell’art. 2697 cod. civ., con vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. La ricorrente censura l’errata applicazione delle norme in materia di ripartizione dell’onere della prova, con riferimento al quantum della sanzione irrogata:
l’amministrazione, infatti, pur essendo convenuta dal punto di vista formale, assume la veste sostanziale di attrice (Cass. n. 1921/2019).
Pertanto, spettava all’Avvocatura distrettuale dello Stato dimostrare quali siano i prezzi di mercato del software, avendo invece essa dedotto un parametro proveniente da un’associazione di categoria (Federazione contro la Pirateria Musicale e Multimediale) priva dei requisiti di terzietà e chiaramente «gonfiati» rispetto ai prezzi di mercato.
4.1. Il motivo è infondato. La Corte territoriale ha considerato come «oggettivi» i dati offerti dalla Federazione contro la Pirateria Musicale e Multimediale, quale ente posto a tutela della proprietà intellettuale, con ciò ritenendo soddisfatto l’onere della quantificazione spettante all’Avvocatura dello Stato. La successiva richiesta di «una quantificazione alternativa ed attendibile» non implica alcuna inversione dell’onere della prova da parte della Corte, ma il giusto conferimento di egual onere di prova a chi – come la ricorrente – intenda eccepire l’inefficacia dei fatti a tutela del suo diritto, ex art. 2697, comma 2, cod. civ. In definitiva, il mezzo proposto dalla ricorrente si risolve in una richiesta di revisione della valutazione delle prove non consentita in sede di legittimità.
5. Il Collegio rigetta il ricorso, e liquida le spese come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in €5.600,00 oltre spese prenotate a debito.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1-bis, del d.P.R. n. 115 del 2002.