Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 12 aprile 2023, n. 9754

Lavoro, Licenziamento per giustificato motivo oggettivo e licenziamento individuale plurimo, Trasferimento di azienda tra cooperative, Soppressione di uno specifico servizio legato alla cessazione di un appalto, Mancato rispetto del termine per la comunicazione dell’elenco dei lavoratori licenziati e dei criteri di scelta, Riassunzione dei lavoratori nell’azienda subentrante, Accoglimento 

 

Fatto

 

1. Con sentenza 16 luglio 2020, la Corte d’appello di Potenza ha rigettato l’appello proposto da G.D.P. avverso la sentenza di primo grado, che aveva rigettato le domande, nei confronti della società cooperativa D.S. e di B.L. s.r.l., del predetto (socio – lavoratore della cooperativa): a) di impugnazione del licenziamento intimatogli dalla prima il 17 marzo 2018, siccome illegittimo per nullità della procedura prescritta dalla legge n. 223/1991, insussistenza del giustificato motivo oggettivo su cui esso era fondato, violazione dell’art. 2112 c.c. e conseguente condanna risarcitoria delle due società; b) di accertamento del trasferimento d’azienda tra le due società e del suo diritto alla prosecuzione del rapporto di lavoro con la cessionaria, da condannare al relativo ripristino.

2. Nella condivisione del ragionamento argomentativo del Tribunale, la Corte territoriale ha ritenuto, per quanto ancora rileva, corretta l’esclusione della qualificazione del recesso della cooperativa D.S. intimato a tutti i 61 dipendenti, di cui 40 sottoscrittori di un verbale di conciliazione, con loro assunzione da B.L. s.r.l., subappaltatrice da S.R. s.r.l. della sola attività di sequenziamento di materiali, in base a contratto del 26 marzo 2018:

a) non già alla stregua di licenziamento collettivo, in assenza dei presupposti di riduzione o di trasformazione dell’attività della datrice (nell’insufficienza di quelli numerico nell’arco temporale di 120 giorni e dimensionale), essendo questa cessata, per la scadenza il 31 marzo 2018 del contratto di appalto (unica sua commessa) stipulato con S.R. s.r.l. (decorrente dal 1° dicembre 2014) per scarico di automezzi, controllo visivo dello stallo degli imballi e quantitativo della merce in entrata, deposito di materiale, approntamento dei materiali in aree specifiche o loro spedizione, carico degli automezzi in partenza, sequenziamento di materiali e movimentazione di merci;

b) bensì di licenziamenti plurimi oggettivi, per la cessazione incontestata, né pretestuosa e comprovata dalla sussistenza del nesso causale tra la (necessitata) soppressione di tutti i posti di lavoro e il recesso intimato.

3. La Corte potentina ha inoltre negato la ricorrenza di un trasferimento d’azienda (e rigettato la consequenziale domanda del lavoratore di continuità del rapporto, ai sensi dell’art. 2112 c.c. e di suo rispristino nei confronti della cessionaria) tra la cooperativa D.S. e B.L. s.r.l. nella (diversa) operazione di stipulazione, da parte della seconda con S.R. s.r.l., di un contratto di appalto il 26 marzo 2018 (nella scadenza imminente, il 31 marzo 2018, di quello della cooperativa con S.R. s.r.l.) dall’oggetto ben più limitato (di sequenziamento, manutenzione e relativa attività amministrativa).

In particolare, essa ha chiarito l’inesistenza, nell’ipotesi di successione di un imprenditore ad un altro nell’appalto di servizi, di un diritto del lavoratore, licenziato dall’appaltatore cessato, al trasferimento ipso iure all’impresa subentrante, escludendo la prova (nell’onere del lavoratore interessato ad avvalersi degli effetti previsti dall’art. 2112 c.c. e in esito alle scrutinate deduzioni istruttorie) della concreta modulazione della fattispecie alla stregua di trasferimento d’azienda.

4. Con atto notificato il 14 settembre 2020, il lavoratore ha proposto ricorso per cassazione con due motivi, cui hanno resistito le società con distinti controricorsi.

5. Il P.G. ha rassegnato conclusioni scritte, a norma dell’art. 23, comma 8bis d.l. 137/20 inserito da l. conv. 176/20, nel senso della fondatezza del primo motivo e l’inammissibilità o infondatezza del secondo.

5. Le società controricorrenti hanno comunicato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.

 

Ragioni della decisione

 

1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 3 legge n. 604/1966, 4, nono e dodicesimo comma, 5  e 24, secondo comma legge n. 223/1991, per erronea qualificazione dei licenziamenti (di tutto il personale per cessazione dell’attività a causa della scadenza dell’unica commessa dall’appaltante S.R. s.r.l.) intimati dalla cooperativa D.S. il 17 marzo 2018, alla stregua di licenziamenti plurimi oggettivi, anziché di licenziamento collettivo per cessazione dell’attività, come previsto dall’art. 24, secondo comma legge n. 223/1991, con la loro conseguente inefficacia per il mancato rispetto delle disposizioni per esso stabilite, in ordine alle comunicazioni prescritte e all’iter procedimentale da osservare.

2. Esso è fondato.

3. Il motivo deve preliminarmente essere ritenuto ammissibile, siccome focalizzato sull’oggetto del pregresso dibattito processuale, non avendo introdotto elementi di novità soltanto nel presente giudizio di legittimità relativo alla qualificazione del recesso datoriale: e pertanto, sulla qualificazione giuridica del licenziamento intimato dalla Cooperativa datrice ai lavoratori, se alla stregua di plurimo oggettivo ovvero collettivo, anche tenuto conto della sottoscrizione di un verbale di conciliazione con la prima dei lavoratori riassunti, a differenza dei dipendenti licenziati non sottoscrittori, da B.L. s.r.l.

4. In merito, occorre allora premettere come, rispetto alla fattispecie in esame, sia del tutto inconferente, in quanto relativo a licenziamento individuale plurimo, il principio di diritto assunto a base della sentenza impugnata (tratto da Cass. 27 ottobre 2017, n. 25653, citato al secondo capoverso di pg. 8 della sentenza), secondo cui: in tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, quando la ragione del recesso consista nella soppressione di uno specifico servizio legato alla cessazione di un appalto e non si identifichi nella generica esigenza di riduzione di personale omogeneo e fungibile, il nesso causale tra detta ragione e la soppressione del posto di lavoro è idoneo di per sé a individuare il personale da licenziare, senza che si renda necessaria la comparazione con altri lavoratori dell’azienda e l’applicazione dei criteri previsti dall’art. 5 legge n. 223/1991. E ciò, per essere stato enunciato in relazione alla diversa fattispecie di “licenziamento per giustificato motivo oggettivo stante la soppressione della sua posizione lavorativa a seguito della cessazione del contratto di appalto con il Comune di Magenta per il servizio di trasporto pubblico locale cui era assegnato; insieme al M. vennero licenziati anche gli altri 3 autisti impegnati nel medesimo appalto”: (Cass. 27 ottobre 2017, n. 25653, in motivazione sub p.to 1 dei fatti di causa; rilevando poi in essa il riferimento ai criteri di scelta, previsti dall’art. 5 legge n. 223/1991, quale parametro standard idoneo alla concretizzazione dei criteri di correttezza e buona fede, ai sensi degli artt. 1175 e 1375 c.c., nell’esercizio dell’unilaterale potere selettivo datoriale coerentemente con gli interessi del lavoratore e con quello aziendale: in motivazione sub p.to 1).

4.1. Sono note, infatti, la distinzione e l’autonomia, dopo l’entrata in vigore della legge n. 223 del 1991, del licenziamento collettivo rispetto al licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo (ribadite ancora recentemente da: Cass. 10 gennaio 2023, n. 407, in motivazione sub p.to 6.3), per la caratterizzazione specifica del primo in base alle dimensioni occupazionali dell’impresa, al numero dei licenziamenti, all’arco temporale di loro intimazione e per il suo inderogabile collegamento al controllo preventivo, sindacale e pubblico, dell’operazione imprenditoriale di ridimensionamento dell’azienda (Cass. 22 marzo 2004, n. 5794; Cass. 29 ottobre 2010, n. 22167; Cass. 22 novembre 2011, n. 24566; Cass. 22 febbraio 2019, n. 5373, in motivazione sub p.to 5.1).

Sicché, in particolare, la previsione, nei licenziamenti collettivi per riduzione di personale, degli artt. 4 e 5 della legge n. 223/1991, di procedimentalizzazione puntuale, completa e cadenzata del provvedimento datoriale di messa in mobilità, ha introdotto un significativo elemento innovativo consistente nel passaggio dal controllo giurisdizionale, esercitato ex post nel precedente assetto ordinamentale, ad un controllo dell’iniziativa imprenditoriale sul ridimensionamento dell’impresa, devoluto ex ante alle organizzazioni sindacali, destinatarie di incisivi poteri di informazione e consultazione secondo una metodica già collaudata in materia di trasferimenti di azienda: con la conseguenza che i residui spazi di controllo devoluti al giudice in sede contenziosa non riguardano più gli specifici motivi della riduzione del personale, a differenza di quanto accade in relazione ai licenziamenti per giustificato motivo obiettivo (Cass. 26 novembre 2018, n. 30550, in motivazione).

4.2. Tanto chiarito, non è vero che, avendo “i licenziamenti … riguardato tutto il personale in forza alla Cooperativa per essere venuto a scadenza il 31 marzo 2018 l’unico contratto di appalto e, quindi, l’unica commessa facente capo alla predetta Cooperativa” (così al primo capoverso di pg. 7 della sentenza), comportante la cessazione della sua attività d’impresa, si verta in una condizione “al di fuori dell’ambito della riduzione o trasformazione dell’attività lavorativa con l’inevitabile conseguenza che i licenziamenti di tutti i dipendenti” siano “da qualificarsi come licenziamenti plurimi per giustificato motivo oggettivo” (come erroneamente affermato dalla Corte territoriale al secondo capoverso di pg. 7 della sentenza).

L’art. 24, secondo comma legge n. 223/1991 prevede, infatti, espressamente il licenziamento collettivo anche nel caso di cessazione totale dell’attività d’impresa (Cass. 19 dicembre 2008, n. 29831; Cass. 28 gennaio 2009, n. 2161; Cass. 28 ottobre 2010, n. 22033), in ogni caso rilevando, pure nella suddetta ipotesi e di unicità del criterio di scelta per tutti i lavoratori, il mancato rispetto del termine di sette giorni, previsto dall’art. 4, nono comma legge cit., per la comunicazione dell’elenco dei lavoratori licenziati e dei criteri di scelta (Cass. 7 novembre 2018, n. 28461, tenuto conto della gradualità delle operazioni di chiusura e la permanenza, sia pur temporanea, di taluni lavoratori, finalizzata al completamento delle operazioni ultimative).

4.3. Inoltre, l’applicazione dell’art. 24 della legge in parola è espressamente esclusa – in aggiunta alle ipotesi di scadenza dei rapporti di lavoro a termine, di fine lavoro nelle costruzioni edili e di attività stagionali o saltuarie, relativa al subentro nell’appalto di servizi – dall’art. 7, comma 4bis d.l. 112/2008 conv. con mod. in l. 31/2008, secondo cui “nelle more della completa attuazione della normativa in materia di tutela dei lavoratori impiegati in imprese che svolgono attività di servizi in appalto e al fine di favorire la piena occupazione e di garantire l’invarianza del trattamento economico complessivo dei lavoratori, l’acquisizione del personale già impiegato nel medesimo appalto, a seguito del subentro di un nuovo appaltatore, non comporta l’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni, in materia di licenziamenti collettivi, nei confronti dei lavoratori riassunti dall’azienda subentrante a parità di condizioni economiche e normative previste dai contratti collettivi nazionali di settore stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative o a seguito di accordi collettivi stipulati con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative”.

Esso ha però previsto che i lavoratori impiegati siano riassunti dall’azienda subentrante “a parità” di condizioni economiche e normative previste dai contratti collettivi nazionali di settore stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative, oppure che siano riassunti a seguito di accordi collettivi stipulati con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative. Sicché, solo nella ricorrenza di tali presupposti, la situazione fattuale costituisce sufficiente garanzia per i lavoratori, risultandone la posizione adeguatamente tutelata, ed esonera dal rispetto dei requisiti procedurali richiamati dall’art. 24 della legge n. 223/1991; come confermato anche dalle dichiarate finalità della disposizione, di “favorire la piena occupazione e di garantire l’invarianza del trattamento economico complessivo dei lavoratori”, che concorrono ad individuare l’ambito dell’ esonero dal rispetto della procedura collettiva (Cass. 22 novembre 2016, n. 23732, in motivazione sub p.to 3.1).

5. Appare allora evidente la necessità di un accertamento, non compiuto dalla Corte territoriale limitatasi alla drastica (ed erronea) affermazione di inapplicabilità tout court della procedura prevista dall’art. 24 legge n. 223/1991, della rispondenza della proposta della società (B.L. s.r.l.), subentrante nell’appalto, di riassunzione dei dipendenti della precedente appaltatrice ai requisiti previsti dall’art. 7, comma 4bis d.l. 112/2008, così da giustificare il rifiuto alla nuova assunzione del ricorrente.

6. Con il secondo motivo, egli deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c., 115, 116, 416, terzo comma c.p.c. ed omessa motivazione, per la mancata corretta valorizzazione, a fini di configurabilità di un trasferimento d’azienda tra cooperativa D.S. e B.L. s.r.l.(costituita poco più di un mese prima della sottoscrizione dell’appalto con S.R. s.r.l.), del passaggio di manodopera specializzata (ben 61 unità) dalla prima alla seconda, per l’impiego in un’attività complessa ed esigente una professionalità specialistica, quale il sequenziamento di materiali (per la necessità del rigoroso e pedissequo rispetto dell’ordine di evasione degli ordini di prelievo, per evitare ritorni indietro all’addetto del picking, con apprezzabile perdita di tempo e lievitazione dei costi di produzione in ragione del maggior tempo occorrente), non isolabile dalle altre attività (di scarico di automezzi, controllo visivo dello stallo degli imballi e quantitativo della merce in entrata, deposito di materiale, approntamento dei materiali in aree specifiche o loro spedizione, carico degli automezzi in partenza, movimentazione di merci), cui intimamente connesso e con svolgimento pertanto di analoghe, se non identiche, attività in favore della medesima committente, fornitrice in uso ad entrambe le società appaltatrici del capannone, quale bene strumentale essenziale; tenuto infine conto del collegamento, non solo temporalmente contestuale, tra la previa sottoscrizione del verbale di conciliazione sindacale (integralmente trascritto) con la cooperativa D.S. di tutti i lavoratori assunti da B.L. s.r.l.

7. Esso è assorbito.

8. Per le ragioni suesposte, il primo motivo di ricorso deve essere accolto, assorbito il secondo; con la cassazione della sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto e rinvio, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Salerno.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Salerno.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 12 aprile 2023, n. 9754
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