Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 14 aprile 2023, n. 10046
Lavoro, Fallimento, Estinzione ope legis del contratto di agenzia, Indennità di mancato preavviso e indennità suppletiva di clientela, Rapporto di agenzia e rapporto di mandato, Non assimilabilità, Accoglimento
Fatto
1. Con decreto 21 marzo 2019, il Tribunale di Venezia ha rigettato l’opposizione proposta da (…) allo stato passivo del Fallimento (…) s.r.l., cui era stata ammessa in via privilegiata ai sensi dell’art. 2751 bis n. 3 c.c. per i crediti di € 21.486,28 e di € 625,84 per provvigioni e indennità dovute agli agenti al lordo della quota (…); con esclusione di tutti gli altri emolumenti (in particolare per indennità suppletiva di clientela e di mancato preavviso e per ulteriori provvigioni), sui rispettivi rilievi dello scioglimento ope legis del contratto di agenzia per il fallimento della preponente, in relazione alle prime e di difetto di prova di maturazione, in relazione alle seconde.
2. A motivo della decisione, esso ha ribadito la non spettanza delle indennità di preavviso e relative alla cessazione del rapporto, per l’estinzione ope legis del contratto di agenzia, nell’inapplicabilità della regola generale (di sospensione del rapporto, ai sensi dell’art. 72 l.fall.), attesa la natura fiduciaria del rapporto di preposizione, in pendenza dello stesso alla data di dichiarazione del fallimento (13 ottobre 2017), per la non compiuta decorrenza degli effetti posticipati della comunicazione di dimissioni della lavoratrice per raggiunta età pensionabile (22 giugno 2017), a causa della durata del preavviso, tanto in base alla previsione dell’art. 1750 c.c. (semestrale), tanto dell’AEC applicabile ratione temporis (quadrimestrale).
3. Il Tribunale ha quindi ritenuto il difetto di prova – in base alle scrutinate risultanze istruttorie e ravvisata la genericità delle prove orali dedotte e dell’istanza di esibizione documentale, essenzialmente esplorativa – di maturazione delle provvigioni del periodo da giugno a settembre 2017 e l’inammissibilità della domanda, siccome generica, relativa alle provvigioni relative al quarto trimestre 2017.
4. Con atto notificato il 19 aprile (2 maggio) 2019, la lavoratrice ha proposto ricorso per cassazione con quattro motivi, illustrati da memoria dell’art. 380bis c.p.c., cui il Fallimento ha resistito con controricorso.
5. La causa, inizialmente fissata per trattazione in adunanza camerale a norma dell’art. 380bis c.p.c., è stata quindi rimessa, per la sua rilevanza nomofilattica, all’odierna pubblica udienza.
6. Il P.G. ha rassegnato conclusioni scritte, a norma dell’art. 23, comma 8bis d.l. 137/20 inserito da l. conv. 176/20, nel senso della fondatezza del secondo motivo e dell’infondatezza degli altri.
7. La ricorrente ha comunicato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 9 degli AEC del settore industria 20 marzo 2002 e 30 luglio 2014, per la cessazione del rapporto di agenzia in data (22 settembre 2017) anteriore al fallimento della preponente (13 ottobre 2017), per la durata trimestrale del periodo di preavviso (essendo l’agente plurimandataria), prevista dalla norma denunciata degli AEC vigenti all’epoca del suo recesso (specificamente indicati nella sede di produzione “in unione all’istanza di ammissione”), in applicazione dell’art. 2 del contratto di agenzia tra le parti, secondo cui “il presente … potrà essere risolto in qualunque momento da una delle parti mediante preavviso scritto secondo i termini previsti dall’A.E.C. vigente” ed omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, quale l’esercizio del diritto potestativo di recesso, ai sensi dell’art. 10, secondo comma del secondo AEC 30 luglio 2014 e dell’art. 1751 c.c., per raggiungimento dell’età pensionabile – dedotto secondo il protocollo paradigmatico indicato dalla giurisprudenza di legittimità – avente effetto immediato, e quindi anteriore alla dichiarazione di fallimento, per fatto non imputabile all’agente.
2. Esso è inammissibile.
3. E ciò, al di là della formale deduzione di violazione dell’art. 9 degli AEC denunciati, erroneamente ritenuti, in effetti, tardivamente prodotti (“non prodotti unitamente al ricorso in opposizione”: ai tre ultimi alinea del penultimo capoverso di pg. 3 del decreto), posto che, essendo stati dalla ricorrente specificamente indicati nella sede di produzione “in unione all’istanza di ammissione’, ben avrebbero dovuto essere acquisiti, in quanto, nel giudizio di opposizione allo stato passivo, l’opponente, a pena di decadenza a norma dell’art. 99, secondo comma, n. 4) l.fall., deve soltanto indicare specificatamente i documenti, di cui intenda avvalersi, già prodotti nel corso della verifica dello stato passivo innanzi al giudice delegato; sicché, in difetto della produzione di uno di essi, il tribunale deve disporne l’acquisizione dal fascicolo d’ufficio della procedura fallimentare ove esso è custodito (Cass. 18 maggio 2017, n. 12549; Cass. 5 marzo 2018, n. 5094; Cass. 13 novembre 2020, n. 25663).
3.1. In realtà, la denuncia verte sulla contestata interpretazione data dal Tribunale dell’art. 2 del contratto individuale di agenzia (dal primo all’ultimo capoverso di pg. 6 del ricorso) per averne inteso la possibilità di risoluzione in qualunque momento da una delle parti mediante preavviso scritto “secondo i termini previsti dall’A.E.C. vigente”, piuttosto che tempo per tempo vigenti, con riferimento alla data di conclusione del contratto, avendo ritenuto quelli “inapplicabili ratione temporis al rapporto per cui è causa” (ultimo alinea del penultimo capoverso di pg. 3 del decreto).
3.2. Essa si risolve pertanto, come più volte ribadito (tra la altre, da: Cass. 14 maggio 2019, n. 12791), in una mera contestazione del risultato interpretativo in sé (Cass. 10 febbraio 2015, n. 2465; Cass. 26 maggio 2016, n. 10891), discendente dalla contrapposizione di una interpretazione dei fatti propria della parte (senza neppure indicazione dei canoni interpretativi violati, meramente enunciati nel loro tenore letterale, né tanto meno specificazione delle ragioni né del modo in cui si sarebbe realizzata l’asserita violazione: Cass. 14 giugno 2006, n. 13717; Cass. 21 giugno 2017, n. 15350) all’interpretazione della Corte territoriale (Cass. 19 marzo 2009, n. 6694; Cass. 16 dicembre 2011, n. 27197), insindacabile in sede di legittimità (Cass. 10 maggio 2018, n. 11254), peraltro ben plausibile né essendo necessario che essa sia l’unica possibile o la migliore in astratto (Cass. 22 febbraio 2007, n. 4178).
3.3. Neppure si configura il denunciato omesso esame, relativo non già ad un “fatto storico” (Cass. s.u. 7 aprile 2014, n. 8053), quanto piuttosto ad una valutazione giuridica, quale una diversa interpretazione della norma positiva e dell’effetto dell’avvenuta dichiarazione di recesso rispetto a quella operata dal Tribunale di Venezia, in base alla quale il giudice di merito ha ritenuto che non fosse maturata alcuna indennità di fine rapporto: come puntualmente osservato anche dal P.G. nella sua requisitoria scritta.
4. Con il secondo motivo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1751 c.c., 72, 78 l.fall., 9, 10 AEC 30 luglio 2014 e 20 marzo 2002, per erronea esclusione, in particolare, delle indennità di preavviso e di clientela, sull’assunto di scioglimento ope legis del contratto di agenzia alla data del fallimento, per la ravvisata sua assimilazione al contratto di mandato (art. 78 l.fall., pure riformato dall’art. 64 d.lgs. 5/2006, a norma del quale “il contratto di mandato si scioglie per il fallimento del mandatario”), anziché in applicazione della regola generale prevista dall’art. 72 l.fall. (di sospensione del rapporto, in attesa della determinazione del curatore di subentro nel rapporto ovvero di scioglimento), con la conseguente ammissibilità delle suddette indennità.
5. Esso è fondato.
6. In via di premessa, deve essere ribadita l’assenza di una specifica disciplina del contratto di agenzia nell’ambito dei rapporti pendenti (artt. 72 – 83bis), neppure a seguito della riforma della legge fallimentare per effetto dei decreti legislativi 9 gennaio 2006, n. 5 e 12 settembre 2007, n. 169, nella vigenza della regola generale (prima ricavata in via interpretativa e poi normata dai citati decreti legislativi) dell’art. 72 (rubricato “Rapporti pendenti”), primo comma l. fall., di sospensione dell’esecuzione del contratto fino alla determinazione del curatore, di subentro ovvero di scioglimento, “fatte salve le diverse disposizioni delle presente Sezione”.
6.1. Sono note le diverse posizioni in dottrina e in giurisprudenza, in epoca anteriore alla riforma, oscillanti tra l’applicazione al rapporto di agenzia della regola generale dell’art. 72 (Cass. 10 marzo 1988, n. 2385) e in misura preponderante (Cass. 10 ottobre 1961, n. 2069 e soprattutto la prevalente giurisprudenza di merito), per la sua assimilazione al contratto di mandato, della regola prevista dall’art. 78 (che allora ne prevedeva, così come per i contratti di conto corrente e di commissione, lo scioglimento “per il fallimento di una delle parti”).
6.2. In proposito, giova ribadire che il carattere distintivo, a fini di qualificazione di un rapporto come mandato ovvero come agenzia, deve essere individuato in base principalmente al criterio della stabilità ed alla natura dell’incarico: nel contratto di agenzia avente ad oggetto tipicamente la promozione di affari con carattere di stabilità; al contrario che nel mandato, posto che essa può rientrare nel suo schema negoziale solo se sia episodica ed occasionale e, quindi, con le caratteristiche del procacciamento di affari (Cass. 12 febbraio 2016, n. 2828).
Ed infatti, l’insegnamento giurisprudenziale di legittimità ha ripetutamente affermato i caratteri distintivi del contratto di agenzia essere appunto la continuità e la stabilità dell’attività dell’agente di promuovere la conclusione di contratti per conto del preponente nell’ambito di una determinata sfera territoriale, realizzando in tal modo con quest’ultimo una non episodica collaborazione professionale autonoma con risultato a proprio rischio e con l’obbligo naturale di osservare, oltre alle norme di correttezza e di lealtà, le istruzioni ricevute dal preponente medesimo; concretandosi invece il rapporto di procacciatore d’affari nella più limitata attività di chi, senza vincolo di stabilità ed in via del tutto episodica, raccolga le ordinazioni dei clienti, trasmettendole all’imprenditore da cui abbia ricevuto l’incarico di procurare tali commissioni: sicché, al rapporto di procacciamento d’affari possano applicarsi in via analogica solo le disposizioni relative al contratto di agenzia (come le provvigioni), che non postulino un carattere stabile e predeterminato del rapporto e non anche quelle (come l’indennità di mancato preavviso, l’indennità suppletiva di clientela e l’indennità di cessazione del rapporto) che invece lo presuppongano (Cass. 24 giugno 2005, n. 13629; Cass. 28 agosto 2013, n. 19828; Cass. 18 maggio 2022, n. 15993).
6.3. Per tale ragione, appare corretto applicare la regola generale di sospensione stabilita dall’art. 72, primo comma l.fall., non essendo possibile, sulla base di un’interpretazione giuridicamente fondata, assimilare tipologicamente il rapporto di agenzia a quello di mandato.
Ma in ogni caso, quand’anche si ritenesse di accedere alla tesi di assimilabilità dei due contratti, occorre essere avvertiti di come l’art. 78 l. fall. vigente, per effetto della novellazione (non considerata dal precedente di merito seguito dal Tribunale: adesivamente citato all’ultimo capoverso di pg. 3 del decreto) ad opera dell’art. 64 d.lgs. 5/2006, preveda che “il contratto di mandato si scioglie per il fallimento del mandatario”: e quindi, per assimilazione, dell’agente.
Sicché, in assenza di “diverse disposizioni della presente Sezione” rispetto alla regola generale di sospensione del rapporto, nell’ipotesi di fallimento del mandante (idest: preponente), la regola da applicare è proprio quella dell’art. 72, come confermato dallo stesso terzo comma del novellato art. 78 (secondo cui: “Se il curatore del fallimento del mandante subentra “), che presuppone una sospensione del rapporto, godendo in tale ipotesi il curatore della facoltà di scelta appunto prevista dall’art. 72, primo comma l. fall.
6.4. È a questo punto evidente che la sospensione del rapporto ne escluda lo scioglimento ipso iure per effetto della sentenza di fallimento della preponente: ai presenti fini, essendo inconferente la sentenza (Cass. 15 giugno 2018, n. 15792, che non prende posizione sul tema, approdando, in esito all’argomentato scrutinio degli atti di causa, alla conclusione per cui “entrambe le parti, dopo aver sostenuto che il rapporto di agenzia si era sciolto a causa del fallimento, hanno tuttavia aderito alla decisione qui impugnata, comportandosi come se quel rapporto fosse in effetti rimasto solo sospeso, in attesa della decisione del curatore”: in motivazione sub p.ti 3.1 e 3.2) citata dal fallimento controricorrente, in esito ad un ragionamento, di non agevole comprensione, per il quale, “anche a voler considerare applicabile l’art. 72 l.f. … controparte, comunque, non avrebbe … diritto all’indennità di cessazione, proprio perché il rapporto non è cessato alla data di fallimento … ” (dall’ultimo capoverso di pg. 12 al primo di pg. 13 del controricorso).
6.5. Ora, proprio perché la sospensione del rapporto, in quanto fase interlocutoria, non può permanere, dovendo la fase di quiescenza essere risolta da una decisione definitiva della curatela, lo scioglimento del contratto di agenzia, a norma dell’art. 72, primo comma, ultima parte l.fall., è avvenuto nel caso di specie, in difetto di atti espliciti precedenti, con il provvedimento di esclusione dallo stato passivo dei crediti fondati su detto contratto. E ciò, in quanto l’esercizio, da parte del curatore, della relativa facoltà di scelta non necessita di alcuna autorizzazione (del giudice delegato, secondo il previgente testo; del comitato dei creditori, in quello novellato: salvo sempre il potere sostitutivo del primo, nei casi previsti dall’art. 41, quarto comma l.fall.), non trattandosi di un negozio formale, né di un atto di straordinaria amministrazione, ma di una sua prerogativa discrezionale, che ben può anche essere tacita, ovvero espresso per fatti concludenti (Cass. 2 dicembre 2011, n. 25876; Cass. 15 gennaio 2013; Cass. 25 luglio 2019, n. 20215), come appunto nel caso di specie, in virtù del provvedimento detto.
6.6. Dal superiore ragionamento argomentativo discende allora l’ammissibilità allo stato passivo del fallimento dei crediti (concorsuali, per la sospensione del rapporto di agenzia pendente all’apertura della procedura, senza subingresso in esso del curatore), a titolo di indennità sostitutiva del preavviso e suppletiva di clientela, dovendo esserne considerata la natura di entrambe non retributiva, né risarcitoria, bensì indennitaria (in relazione alla prima: Cass. 5 novembre 2013, n. 24776; Cass. 3 ottobre 2018, n. 24106; in relazione alla seconda: Cass. 16 dicembre 2004, n. 23455; Cass. 10 settembre 2009, n. 19508; Cass. 25 febbraio 2012, n. 8295; Cass. 27 luglio 2017, n. 18692; Cass. 2 marzo 2022, n. 6870).
7. Con il terzo motivo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1749, terzo comma c.c., 61 c.p.c. anche per vizio motivo, violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c., 210 c.p.c. per non avere il Tribunale ordinato di depositare la documentazione contabile di cui ella aveva richiesto l’esibizione, nonché omesso la pronuncia sulle prove orali dedotte, oltre che degli artt. 1748, quarto comma c.c. e 6, ottavo comma AEC 20 marzo 2002 e 30 luglio 2014, per la spettanza all’agente delle provvigioni relative al periodo da giugno a settembre 2017, avendone la medesima diritto, salva la prova, a carico della preponente e invece invertita, della causa a questa non imputabile, senza specificare le ragioni del rifiuto; né avendo il Tribunale applicato il principio di vicinanza della prova ed erroneamente negato l’ammissibilità delle prove e delle altre istanze istruttorie, nemmeno tenendo conto dell’obbligo della preponente di mettere a disposizione dell’agente la documentazione e le informazioni necessarie allo svolgimento dell’incarico, con particolare riguardo alla consegna quanto meno di un estratto conto trimestrale sufficientemente analitico, né del correlativo diritto del secondo di accesso ai libri contabili in funzione della liquidazione delle provvigioni.
8. Esso è inammissibile.
9. Il Tribunale ha rispettato i principii di diritto, costantentemente affermati da questa Corte, secondo cui: a) in tema di contratto di agenzia, la ripartizione dell’onere della prova tra agente e preponente deve tenere conto, oltre che della distinzione della fattispecie sostanziale tra fatti costitutivi e fatti estintivi od impeditivi del diritto, anche del principio – riconducibile all’art. 24 Cost. e al divieto di interpretare la legge in modo da rendere impossibile o troppo difficile l’esercizio dell’azione in giudizio – della riferibilità o vicinanza o disponibilità dei mezzi di prova (Cass. 14 gennaio 2016, n. 486; Cass. 18 luglio 2022, n. 22536); b) nel giudizio di accertamento del diritto alla provvigione, l’agente, al quale l’art. 1748 c.c. (nel testo modificato dall’art. 2 d.lgs. 303/1991) riconosce il diritto di esigere tutte le informazioni necessarie per verificare l’importo delle provvigioni liquidate, ha l’onere di provare che gli affari da lui promossi siano andati a buon fine o che il mancato pagamento sia dovuto ad un fatto imputabile al preponente, cosicché, qualora quest’ultimo non gli abbia trasmesso i dati e le informazioni necessarie per esercitare i suoi diritti di credito quantificando esattamente negli atti di causa le sue spettanze, il giudice deve, su istanza di parte, emanare nei confronti del preponente l’ordine di esibizione delle scritture contabili, a norma dell’art. 210 c.p.c. (Cass. 31 maggio 2022, n. 17575): dovendo peraltro la parte, che agisca al fine di ottenere l’esibizione documentale – essendo il diritto all’accesso ed alla documentazione contabile, riconosciuto dall’art. 1749 c.c., funzionalmente e strumentalmente collegato al soddisfacimento del diritto alle provvigioni ed alle indennità collegate al rapporto di agenzia (in quanto l’acquisizione della documentazione in possesso del solo preponente deve essere indispensabile per sorreggere, sul piano probatorio, la domanda formulata in relazione a diritti determinati o determinabili) – dedurre e dimostrare l’esistenza dell’interesse ad agire con circostanziato riferimento alle vicende rilevanti del rapporto (tra cui, innanzitutto, l’invio o meno degli estratti conto e del loro contenuto) e l’indicazione dei diritti, determinati o determinabili, al cui accertamento sia finalizzata l’istanza (Cass. 29 settembre 2016, n. 19319; Cass. 13 maggio 2019, n. 12660).
9.1. Il motivo si risolve in una mera contestazione dell’argomentata valutazione del Tribunale dell’inidoneità probatoria della documentazione prodotta e della deduzione istruttoria, anche in riferimento all’istanza di esibizione documentale (per le ragioni illustrate a pg. 4 del decreto in esito ad un accertamento in fatto insindacabile in sede di legittimità, siccome oggetto di un potere discrezionale del giudice del merito, il cui mancato esercizio è censurabile in sede di legittimità soltanto qualora il giudice ometta del tutto di motivare sull’istanza proposta dalla parte, che versi nell’impossibilità di provare altrimenti il suo assunto e che abbia altresì offerto elementi presuntivi a conforto del medesimo (Cass. 17 agosto 2004, n. 16047; Cass. 19 maggio 2009, n. 11603; Cass. 17 marzo 2010, n. 6439).
10. Con il quarto motivo, la ricorrente deduce, infine, nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 132, secondo comma, n. 4 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c., per motivazione inesistente o apparente in riferimento alla trascrizione, secondo la tecnica del cd. “copia e incolla”, dell’art. 7 del contratto tra le parti, senza spiegarne le ragioni.
11. Esso è infondato.
12. Non sussiste il vizio di motivazione apparente della sentenza, denunziabile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360, primo comma n. 5 c.p.c. quando essa, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche, congetture (Cass. 23 maggio 2019, n. 13977; Cass. 1 marzo 2022, n. 6758); tanto meno, la motivazione del decreto impugnato può dirsi non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, sesto comma Cost.: Cass. 7 aprile 2017, n. 9105; Cass. 30 giugno 2020, n. 13248), per difetto di illustrazione da parte del Tribunale delle ragioni di fatto né di diritto alla base della decisione e neppure di esplicitazione del percorso logico – giuridico per approdarvi, giacché dalla stessa motivazione, al contrario, emerge con chiarezza il ragionamento logico-giuridico seguito sul punto dal giudice di merito.
12.1. La parte del decreto censurato (al primo capoverso di pg. 5) sviluppa, infatti, un ragionamento chiaro, neppure decisivo in funzione del suo convincimento, ma soltanto di completezza argomentativa del diniego (ampiamente sviluppato dal primo all’ultimo capoverso di pg. 4 del decreto) di spettanza delle provvigioni richieste dall’agente per il periodo da giugno a settembre 2017.
13. Per le ragioni suesposte, il secondo motivo di ricorso deve essere accolto, rigettati gli altri, con la cassazione del decreto impugnato e rinvio, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, al Tribunale di Venezia in diversa composizione, sulla base dei seguenti principi di diritto:
“In caso di fallimento del preponente, al rapporto di agenzia pendente, si applica la regola generale di sospensione stabilita dall’art. 72, primo comma l. fall., in quanto non assimilabile tipologicamente a quello di mandato; e quand’anche ciò fosse ritenuto, comunque applicabile per l’assenza di “diverse disposizioni della presente Sezione”, per la previsione del testo dell’art. 78 l. fall., applicabile ratione temporis, di scioglimento del contratto di mandato per il fallimento del mandatario (idest: dell’agente) e non anche del mandante (idest: del preponente)”.
“Qualora il rapporto di agenzia pendente sia sciolto per fatto concludente, con il provvedimento di esclusione dei crediti ad esso relativi dallo stato passivo del fallimento del preponente, l’agente ha diritto di esserne ammesso per i crediti maturati a titolo di indennità sostitutiva del preavviso e suppletiva di clientela”.
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo di ricorso, rigettati gli altri; cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, al Tribunale di Venezia in diversa composizione.