Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 17 aprile 2023, n. 10119
Lavoro, Personale docente e ATA della scuola, Contratti di lavoro a termine stipulati su cd. organico di diritto, Reiterazione illegittima, Stabilizzazione, Cancellazione della violazione, Inammissibilità
Rilevato che
1. la Corte d’appello di Venezia, per quel che ancora rileva in questa sede, ha parzialmente accolto l’appello del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca avverso la sentenza del Tribunale di Treviso, che aveva dichiarato l’illegittimità della stipulazione di contratti di lavoro a termine, reiterati per oltre 36 mesi su posti dell’organico di diritto, e, per l’effetto, condannato il Ministero al risarcimento del danno ex art. 32 della legge n. 183/2010;
2. la Corte territoriale ha ritenuto assorbente, ai fini dell’accoglimento dell’appello, la circostanza che le originarie ricorrenti, appartenenti, rispettivamente, al personale docente e ATA della scuola, fossero state stabilmente immesse in ruolo, ed ha richiamato il principio espresso da questa Corte, nella sentenza n. 22552/2016 e altre successive, secondo cui l’intervenuta stabilizzazione è idonea a sanzionare debitamente l’abuso e a cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione, con la conseguenza che il risarcimento del danno può essere riconosciuto solo in presenza di specifiche allegazioni in merito all’esistenza di danni ulteriori diversi rispetto a quelli già riparati dall’immissione in ruolo;
3. per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso S.R. e L.N. sulla base di tre motivi, assistiti da memoria, ai quali hanno opposto difese le amministrazioni con controricorso;
4. la difesa delle ricorrenti formulava, quindi, istanza di rimessione alle Sezioni Unite, che veniva respinta dalla Prima Presidente della Corte di cassazione con restituzione del fascicolo alla Sezione Lavoro per l’ulteriore corso nell’adunanza camerale già fissata.
Considerato che
1. con il primo motivo del ricorso le ricorrenti denunciano «violazione e falsa ed erronea applicazione delle norme di legge in tema di diritto al risarcimento del danno nella misura e secondo i principi affermati nella sentenza della Corte di Cassazione Sez. Unite n. 5072/2016 in favore dei docenti e del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario in ipotesi di illegittima reiterazione di contratti a termine cumulati ai sensi della legge n. 124 del 1999, art. 4, comma 1, avveratesi a far data dal 10 luglio 2001; violazione falsa ed erronea applicazione del “principio di equivalenza” e del “principio di effettività della tutela”»;
contestano l’affermazione della sentenza impugnata secondo cui le stabilizzazioni intervenute in forza dello scorrimento delle graduatorie, e non attraverso il cosiddetto Piano straordinario di assunzioni disposto dalla legge n. 107/2015, costituiscono misura adeguata a sanzionare l’abusivo ricorso ad una successione di contratti a termine e sostengono che siffatta conclusione contrasta con i principi dettati dalla direttiva 1999/70/CF, come interpretati dalla Corte di Giustizia, la quale, con la sentenza Mascolo, aveva rilevato l’aleatorietà della misura della stabilizzazione e la conseguente assenza di forza dissuasiva e di effettività;
2. il secondo motivo è incentrato «sulla questione pregiudiziale europea circa la conformità alla Direttiva Europea 1999/70/CE dell’esclusione della misura risarcitoria/indennitaria per sanzionare l’abusiva reiterazione di contratti a tempo determinato in presenza dell’immissione in ruolo per effetto di scorrimento delle graduatorie»;
2.1. si chiede a questa Corte di trasmettere gli atti alla Corte di Giustizia perché si pronunci su detta questione e, in particolare, sulla violazione della clausola 5, punto 1, come interpretata nella sentenza Mascolo;
3. con il terzo motivo è dedotta la «illegittimità costituzionale dell’esclusione della misura risarcitoria/indennitaria per sanzionare l’abusiva reiterazione di contratti a tempo determinato in presenza dell’immissione in ruolo per effetto di scorrimento delle graduatorie: ai sensi dell’art. 3 Cost. (principio di eguaglianza); ai sensi dell’art. 117, primo comma, Cost. in relazione alla clausola 5, punto 1, dell’Accordo Quadro allegato alla Direttiva Europea 1999/70/CF (principio di equivalenza-principio di effettività); ai sensi dell’art. 117, primo comma, Cost. in relazione all’art. 6, paragrafo 1, della Carta Europea dei diritti dell’Uomo»;
3.1. le ricorrenti rilevano che la normativa nazionale per il settore scolastico, interpretata nei termini indicati dalla Corte territoriale, contrasta con i principi costituzionali richiamati in rubrica perché la stabilizzazione opera per il futuro e non riconosce alcuna tutela risarcitoria per il danno subito dal lavoratore in data antecedente l’immissione in ruolo;
4. il primo, il secondo e il terzo motivo di ricorso, da trattare congiuntamente in ragione della loro connessione logico-giuridica, prospettano questioni sulle quali questa Corte si è già più volte pronunciata con ordinanze (cfr. fra le tante Cass. 3 giugno 2021, n. 16093, cui adde Cass. n. 10650/2021, Cass. n. 18344/2020, Cass. n. 23050/2020, Cass. n. 23051/2020) alla cui motivazione si rinvia ex art. 118 disp. att. cod. proc. civ.;
4.1. le decisioni si pongono nel solco già tracciato da questa Corte che, con sentenze pubblicate in data 12/2/2020, nn. 3472 e 3474, ha ribadito i principi già enunciati nelle sentenze n. 22553/2016 e 22556/2016, ed affermato che «nel settore scolastico, nelle ipotesi di reiterazione illegittima di contratti a termine stipulati su cd. organico di diritto, avveratasi a far data dal 10 luglio 2001 e prima dell’entrata in vigore della legge n. 107 del 2015, per i docenti ed il personale ATA deve essere ritenuta misura proporzionata, effettiva, sufficientemente energica ed idonea a sanzionare debitamente l’abuso ed a “cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione”, secondo l’interpretazione resa dalla Corte di giustizia UE nella sentenza dell’8 maggio 2019 (causa C-494/17, Rossato), la stabilizzazione acquisita attraverso il previgente sistema di reclutamento, fermo restando che l’immissione in ruolo non esclude la proponibilità della domanda di risarcimento per danni ulteriori, con oneri di allegazione e prova a carico del lavoratore che, in tal caso, non beneficia di alcuna agevolazione da danno presunto»;
4.2. l’elemento di novità della pronuncia sta nel fatto che essa ha confermato il precedente orientamento dopo aver esaminato i riflessi sul quadro normativo e giurisprudenziale della sentenza della Corte di Giustizia dell’8 maggio 2019, nella Causa C- 494/17 – Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca – MIUR contro F.R. e Conservatorio di Musica F.A. B., ritenendo che essi, estensibili anche al personale ATA, non conducono ad una diversa soluzione rispetto ai precedenti citati;
4.3. i motivi di ricorso non prospettano argomenti che possano indurre a rimeditare il consolidato orientamento espresso, condiviso dal Collegio e qui ribadito;
5. in via conclusiva, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, avendo il giudice d’appello deciso la questione in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte;
6. le spese del giudizio di cassazione ‒ liquidate in dispositivo ‒ devono essere regolate in ossequio al principio della soccombenza.
P.Q.M.
Ritenendo non sussistenti i presupposti per la motivazione contestuale ex art. 380 bis1, comma 2, cod. proc. civ. ‒ dichiara inammissibile il ricorso e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in €. 2.500,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.