Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 21 aprile 2023, n. 10798
Lavoro, Inserimento nelle graduatorie ad esaurimento del personale docente ed educativo, Diplomati magistrali, Titolo abilitante all’insegnamento ma non per l’iscrizione nelle graduatorie, Annullamento, Rigetto
Rilevato che
1. la Corte d’Appello di Firenze, nel contradditorio con il Ministero dell’Istruzione Università e Ricerca, ha rigettato l’appello proposto dai litisconsorti indicati in epigrafe avverso la sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva rigettato il ricorso volto ad ottenere l’accertamento del diritto all’inserimento nelle graduatorie ad esaurimento del personale docente ed educativo per il triennio 2014/2017 per le classi di concorso EEEE e AAAA;
2. la Corte territoriale ha rilevato, in sintesi, che i ricorrenti, in quanto in possesso di un titolo abilitante, ossia del diploma magistrale conseguito entro l’anno scolastico 2001/2002, avrebbero dovuto esercitare il diritto all’inserimento nelle graduatorie permanenti entro l’anno scolastico 2007/2008;
3. ha precisato che con la trasformazione di dette graduatorie, avvenuta per effetto dell’art. 1, comma 606, lett. c) della legge finanziaria n. 296/2006, il legislatore ha «chiuso» in modo definitivo l’accesso alle graduatorie in parola, rendendo impossibile il rinnovo dell’iscrizione degli aspiranti in precedenza cancellati e, a maggior ragione, impedendo l’inserimento di soggetti che non avessero in precedenza mai presentato domanda di inclusione, con la sola eccezione delle categorie per le quali l’iscrizione era stata consentita per l’espressa volontà del legislatore di derogare alla regola generale;
4. la Corte territoriale ha evidenziato che gli appellanti non potevano invocare le sentenze del giudice amministrativo con le quali era stato annullato il d.m. n. 235/2014, perché, anche a voler ipotizzare un’efficacia erga omnes dell’annullamento, da quest’ultimo non sarebbe derivato il diritto all’iscrizione, impedito dalla norma sopra richiamata;
5. per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso i litisconsorti indicati in epigrafe sulla base di tre motivi, illustrati da memoria, ai quali ha resistito con controricorso il MIUR.
Considerato che
1. con il primo motivo i ricorrenti denunciano, ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 605, della legge n. 296/2006, dell’art. 3 Cost., degli artt. 11 e 12 delle disposizioni sulla legge in generale e sostengono, in sintesi, che il legislatore nel trasformare le graduatorie permanenti in graduatorie ad esaurimento ha inteso vietare l’inserimento di «nuovi abilitati» e non ha precluso l’accesso di coloro che al momento dell’entrata in vigore della normativa erano già in possesso del titolo abilitante;
2. la seconda censura addebita alla sentenza gravata la violazione dell’art. 1, commi 605 e 607, della legge n. 296/2006, degli artt. 1366, 1374, 1375 e 2935 cod. civ., del d.P.R. 25 marzo 2014, degli artt. 3, 4, 24, 35, 36, 51 e 97 Cost., dell’art. 1, comma 7, del d.P.R. 18 ottobre 2006, dell’art. 9, comma 20, del d.l. n. 70/2011, dell’art. 15, comma 7, del d.P.R. n. 323/1998;
i ricorrenti ribadiscono che il solo possesso del diploma magistrale, in quanto titolo abilitante, consentiva l’inserimento nelle graduatorie permanenti e, rilevata l’illegittimità degli atti adottati dal Ministero che quell’inclusione non avevano permesso, deducono che l’incertezza è stata rimossa solo a seguito della pubblicazione del d.P.R. 25 marzo 2014 e dell’annullamento del d.m. 235/2014;
ne traggono quale conseguenza che, anche in ragione dell’errore scusabile nel quale in precedenza erano incorsi, doveva essere consentita l’iscrizione in occasione delle operazioni di aggiornamento successive all’emanazione degli atti sopra indicati;
3. infine con la terza critica i ricorrenti ripropongono, in via subordinata, la questione della legittimità costituzionale della normativa rilevante nella fattispecie e sostengono che la stessa, se interpretata nei termini indicati dal giudice d’appello, violerebbe gli artt. 3 e 97 Cost. risolvendosi in un ingiustificato divieto di partecipare alle procedure di accesso al lavoro presso la scuola statale;
4. i primi due motivi di ricorso, da trattare unitariamente in ragione della loro connessione logica e giuridica, non possono trovare accoglimento, perché il dispositivo di rigetto delle originarie domande è conforme al principio di diritto enunciato da Cass. n. 3830/2021 e da successive pronunce di identico tenore (Cass. n. 4905/2021, Cass. n. 12346/2021, Cass. n. 12347/2021, Cass. n. 35571/2021, Cass. n. 42000/2021) che, pervenendo alle medesime conclusioni dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (sentenze n. 11/2017, n. 4/2019 e n. 5/2019), hanno affermato che «il possesso del solo diploma magistrale, sebbene conseguito entro l’anno scolastico 2001/2002 non costituisce titolo sufficiente per l’inserimento nelle graduatorie ad esaurimento del personale docente ed educativo istituite dall’art. 1, comma 605, della legge n. 296/2006»;
5. con le richiamate decisioni, alla cui motivazione si rinvia ex art. 118 disp. att. cod. proc. civ., ricostruito il quadro normativo nel quale si collocano l’art. 15, comma 7, del d.P.R. n. 323/1998, che riconosce al diploma magistrale “valore legale e abilitante all’insegnamento nella scuola elementare” e l’art. 1, comma 605, della legge n. 296/2006, nella parte in cui consente l’inserimento dei docenti già in possesso di abilitazione, si è, in sintesi osservato che:
a) il solo possesso del diploma magistrale non era mai stato titolo sufficiente per la partecipazione ai concorsi per titoli previsti dal d.lgs. n. 297/1994, poi trasformati nelle graduatorie permanenti, e, quanto al reclutamento, il d.P.R. del 1998 aveva limitato alla partecipazione ai concorsi per titoli ed esami il riconoscimento del titolo, perché il valore da conservare era quello “attuale” ed era stato disposto solo per non mortificare le aspettative nate nel previgente sistema;
b) ai diplomati magistrali che potevano far valere unicamente il titolo di studio il legislatore aveva consentito l’iscrizione solo nelle graduatorie di circolo o di istituto, finalizzate al conferimento delle supplenze temporanee;
c) la clausola di riserva contenuta nella legge n. 296/2006 non può essere estesa fino a ricomprendervi un titolo che, seppure abilitante all’insegnamento, non era stato ritenuto sufficiente per l’iscrizione nelle graduatorie, atteso che la stessa era chiaramente finalizzata, non ad estendere la platea dei soggetti aventi titolo all’iscrizione, bensì a preservare le aspettative di coloro i quali, confidando nel mantenimento del sistema pregresso, avessero già affrontato un percorso di studi per munirsi del titolo necessario all’inserimento nelle GAE;
d) in particolare l’espressione «docenti già in possesso del titolo di abilitazione» non può essere avulsa dall’intero contesto né si può svalutare il tenore letterale dell’incipit della clausola che non si esprime in termini attributivi di un diritto in precedenza non riconosciuto, bensì «fa salvi» gli inserimenti delle categorie di docenti poi tassativamente indicate, ossia di quei docenti che, ove la trasformazione non fosse avvenuta, avrebbero avuto il titolo necessario per richiedere l’iscrizione in occasione delle operazioni di periodico aggiornamento;
e) la sentenza del Consiglio di Stato n. 1963/2015, che ha annullato il decreto ministeriale n. 235/2014 nella parte in cui non consentiva l’inserimento dei diplomati magistrali, non produce effetti erga omnes perchè il decreto, emanato ai sensi dell’art. 14 del decreto n. 123/2000, ossia di una fonte normativa sub-primaria, non ha natura regolamentare, sia perché privo dei requisiti richiesti dall’art. 17, comma 4, della legge n. 400/1988, sia in quanto, essendo rivolto a regolamentare le operazioni di aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento, è privo dei caratteri dell’astrattezza, della generalità e dell’innovatività, si rivolge a soggetti determinati o facilmente determinabili ed è destinato ad esaurire i suoi effetti una volta concluse le procedure disciplinate dall’atto amministrativo;
f) l’eccezione al principio dell’efficacia inter partes del giudicato si giustifica in ragione dell’inscindibilità dell’annullamento dell’atto amministrativo sicché l’estensione riguarda solo l’effetto caducatorio e non concerne, invece, gli obblighi ordinatori e conformativi, rispetto ai quali torna ad espandersi la regola generale fissata dall’art. 2909 cod. civ. (negli stessi termini Cass. n. 21000/2019), sicché sull’annullamento del decreto i diplomati magistrali non possono fare leva per ottenere dal giudice ordinario una pronuncia di accertamento del diritto soggettivo all’iscrizione, insussistente sulla base della normativa di legge;
g) la ritenuta insussistenza del diritto all’inclusione nelle graduatorie ad esaurimento è assorbente rispetto alle ulteriori questioni della tempestività dell’esercizio del diritto medesimo e della possibilità di richiedere, ora per allora ed a titolo di risarcimento del danno in forma specifica, l’inclusione nella graduatoria, pur in difetto di domanda presentata in occasione del primo aggiornamento delle graduatorie successivo alla loro trasformazione;
6. a detti argomenti, ribaditi in motivazione, Cass. nn. 21850 e 21851 del 2022 hanno aggiunto che a diverse conclusioni non si può pervenire facendo leva sull’art. 4 del d.l. n. 87/2018 che ha ribadito la natura abilitante del diploma ed ha consentito la partecipazione al concorso riservato anche ai docenti in possesso di «diploma magistrale con valore di abilitazione o analogo titolo conseguito all’estero e riconosciuto in Italia ai sensi della normativa vigente, conseguiti, comunque, entro l’anno scolastico 2001/2002»;
6.1. infatti la ragione per la quale il diritto all’inclusione nelle graduatorie ad esaurimento è stato escluso dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato e da questa Corte non sta nella negazione del valore abilitante del diploma bensì nella ritenuta insufficienza di quel titolo ai fini dell’inclusione nelle graduatorie permanenti e nell’interpretazione della clausola di salvezza nei termini sopra precisati, rispetto ai quali nessun rilievo può avere la circostanza che, successivamente e ad altri fini, il legislatore abbia equiparato il diploma conseguito entro l’anno scolastico 2001/2002 alla laurea in scienze della formazione primaria;
7. il Collegio intende dare continuità all’orientamento già espresso perché il ricorso, incentrato sull’interpretazione della legge n. 296/2006 e basato sulla premessa erronea che in precedenza l’iscrizione fosse consentita in ragione del solo possesso del diploma abilitante, non prospetta argomenti che possano indurre a rimeditare l’orientamento già espresso;
8. non rileva che la sentenza impugnata sia pervenuta al rigetto della domanda sulla base di un diverso percorso argomentativo, muovendo dal presupposto, come si è detto erroneo, del possesso da parte dei ricorrenti di un titolo abilitante sufficiente per l’iscrizione;
8.1. infatti la Corte di Cassazione, in ragione della funzione del giudizio di legittimità di garantire l’osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, può ritenere fondata o infondata la questione sollevata dal ricorso anche sulla base di argomenti diversi da quelli prospettati dalle parti, perché l’esercizio del potere di qualificazione giuridica dei fatti accertati nel giudizio di merito, come esposti nel ricorso e nella sentenza gravata, incontra come unico limite quello imposto dall’art. 112 cod. proc. civ. (cfr. fra le tante Cass. n. 25223/2020; Cass. n. 27542/2019; Cass. n. 18775/2017; Cass. 11868/2016 e la giurisprudenza ivi richiamata);
8.2. nè può essere opposta alla Corte di Cassazione e costituire impedimento alla funzione nomofilattica la non contestazione su una questione che involge l’interpretazione di norme di diritto, perché il principio di non contestazione opera sul piano probatorio e riguarda il fatto storico, non già la sua qualificazione giuridica;
9. una volta escluso che il solo possesso del diploma magistrale consentisse l’accesso alle graduatorie permanenti, diviene irrilevante la questione di legittimità costituzionale della legge n. 296/2006 prospettata nel terzo motivo, tra l’altro sul presupposto, assolutamente erroneo, che sia stato impedito l’accesso all’impiego stabile nella scuola statale, accesso reso possibile, invece, dal riconosciuto valore abilitante del diploma sia pure ai fini della partecipazione ai concorsi per titoli ed esame;
10. in via conclusiva la sentenza impugnata deve essere confermata con diversa motivazione ex art. 384, comma 2, cod. proc. civ.;
11. la novità, al momento della presentazione del ricorso, della questione giuridica e la complessità della stessa giustificano l’integrale compensazione delle spese del giudizio di legittimità;
12. ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, come modificato dalla L. 24.12.12 n. 228, si deve dare atto, ai fini e per gli effetti precisati da Cass. S.U. n. 4315/2020, della ricorrenza delle condizioni processuali previste dalla legge per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto dai ricorrenti principale.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.