Il lavoratore non comunitario che chieda il riconoscimento del diritto all’assegno al nucleo familiare è tenuto, al pari dei cittadini italiani, a fornire prova del reddito dell’intero gruppo familiare, non essendo sufficiente la sola allegazione del CUD personale.
Nota a Cass. 8 marzo 2023, n. 6953
Sonia Gioia
In materia di interventi economici a tutela della famiglia, il lavoratore extracomunitario residente in Italia e titolare di permesso di lungo soggiorno che presenti domanda diretta ad ottenere la corresponsione degli assegni al nucleo familiare è tenuto provare, al pari dei cittadini di nazionalità italiana, il possesso del requisito reddituale in misura non inferiore al 70% del reddito complessivo della propria famiglia, non essendo idonea l’allegazione del modello CUD relativo al reddito percepito dal solo richiedente ad assolvere l’onere di provare l’entità dei redditi del complessivo nucleo familiare.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione (8 marzo 2023, n. 6953), in conformità con la pronuncia di merito (App. Bologna n. 923/2021) che aveva rigettato la domanda di un lavoratore extracomunitario diretta ad ottenere il riconoscimento del diritto agli assegni al nucleo familiare sul presupposto che l’allegazione del modello CUD attestante il reddito conseguito dal solo richiedente non fosse idonea a dimostrare l’entità dei redditi complessivi della famiglia.
L’assegno per il nucleo familiare è una prestazione economica erogata dall’INPS alle famiglie di alcune categorie di lavoratori, dei titolari delle pensioni e delle prestazioni economiche previdenziali da lavoro dipendente, il cui importo è determinato tenendo conto della tipologia del nucleo familiare, del numero dei componenti e del reddito complessivo del nucleo stesso (introdotto dall’art. 2, D.L. 13 marzo 1988, n. 69, convertito con mod. in L. 13 maggio 1988, n. 153 e abrogato, a partire dal 1 marzo 2022, “limitatamente ai nuclei familiari con figli e orfanili”, per effetto dell’art. 10, co. 3 D. LGS. 21 dicembre 2021, n. 230, istitutivo dell’assegno unico e universale per i figli a carico).
Con riguardo ai membri del nucleo familiare cui riferirsi, “il paradigma preso a riferimento dal legislatore è quello della famiglia-tipo”, composta dai due coniugi, con esclusione del coniuge legalmente ed effettivamente separato, e dai figli di minore età o anche maggiorenni qualora si trovino, a causa di infermità o difetto fisico o mentale, nell’assoluta e permanente impossibilità di dedicarsi ad un lavoro remunerato (art. 2, co. 6-8, D.L. n. 69/1988, cit.).
Per quel che concerne il requisito economico, invece, il reddito del nucleo familiare è costituito dall’ammontare dei redditi complessivi, assoggettabili all’IRPEF (al lordo delle detrazioni di imposta, degli oneri deducibili e delle ritenute erariali) conseguiti da tutti i componenti della famiglia nell’anno solare precedente il 1° luglio di ciascun anno ed ha valore per la corresponsione dell’assegno fino al 30 giugno dell’anno successivo.
L’assegno non spetta se la somma dei redditi da lavoro dipendente, da pensione o da altra prestazione previdenziale derivante da lavoro subordinato, è inferiore al 70% del reddito complessivo della famiglia (art. 2, co. 9 e 10 D.L. n. 69 cit.).
Il richiedente ha l’onere di provare il possesso del requisito reddituale attraverso un’attestazione che, seppur non sottoponibile ad autenticazione, è sanzionabile, anche penalmente, ai sensi dell’art. 76, D.P.R. n. 445/2000 (v. Cass. n. 16710/2022; Cass. n. 9873/2014); tale onere grava non solo sul cittadino italiano o europeo ma anche che su quello extracomunitario soggiornante, dal momento che il legislatore ha “consapevolmente” omesso qualsivoglia distinguo tra le due tipologie di lavoratori.
Una differente interpretazione, che ritenga provato il reddito familiare del lavoratore extracomunitario sulla base del solo modello CUD, “snaturerebbe, di fatto, la funzione dell’assegno al nucleo familiare” che costituisce una misura “rivolta non già all’integrazione economica della retribuzione del capofamiglia considerata insufficiente in via presuntiva, bensì all’introduzione di un beneficio in favore del nucleo familiare in relazione a un accertamento in concreto del reale fabbisogno della famiglia, riferito al rapporto tra il numero dei componenti il nucleo e l’ammontare del reddito complessivo dello stesso”.
Sulla base di tali considerazioni, la Corte, nel confermare la pronuncia di merito, ha ritenuto “priva di pregio” la prospettazione del lavoratore ricorrente, secondo cui l’individuazione del reddito familiare dei prestatori non comunitari debba basarsi unicamente sull’allegazione del modello CUD per l’oggettiva difficoltà di dimostrare il reddito del nucleo familiare, dal momento che tale certificazione attesta solo il reddito del richiedente e non quello dell’intero gruppo familiare.