Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 20 aprile 2023, n. 10630

Lavoro, Cessazione appalto, Procedure concorsuali, Obbligo assunzione, Interposizione illecita di manodopera, Accordi meramente programmatici, Atti di conciliazione, Canoni di ermeneutica contrattuale, Accertamento di fatto, Inammissibilità 

 

Rilevato che

 

1. La Corte di Appello di Roma, con la sentenza impugnata, ha confermato la decisione di primo grado con cui era stato respinto il ricorso proposto da C.M., già dipendente della società S.I. s.r.l. in liquidazione (quale società succeduta a CICLT-(…) ), nei confronti di T. s.p.a. e R.F.I. – (…) per l’assunzione presso le società del Gruppo.

2. La Corte, in estrema sintesi, ha ritenuto che l’accordo 12.7.2012 intercorso tra le Ferrovie dello Stato e le organizzazioni sindacali (che aveva fatto seguito alla cessazione dell’appalto con la S. s.r.l.) non conteneva alcun obbligo di assunzione della lavoratrice presso le società del Gruppo, emergendo, dal tenore lessicale del testo negoziale e dalla documentazione prodotta dalla stessa lavoratrice, che si trattava di accordo meramente programmatico (concernente la collocazione di parte dei lavoratori presso gli appalti di T. e R.F.I. e una selezione prioritaria e riservata finalizzata all’assunzione), entro determinati scaglioni temporali (primo trimestre e ultimo trimestre 2013); la lavoratrice non aveva allegato, né provato l’avvenuto espletamento di procedure concorsuali per l’assunzione diretta presso dette società e irrilevanti apparivano singoli atti di conciliazione stipulati con alcuni lavoratori che avevano instaurato un giudizio per interposizione illecita di manodopera (atti transattivi che non dimostravano l’esistenza di un’obbligazione diretta dell’azienda all’assunzione dei lavoratori ex S.).

3. Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso la lavoratrice con un motivo; hanno resistito con controricorso le società intimate, che hanno altresì depositato memoria.

 

Considerato che

 

1. Con l’unico motivo, ex art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, c.p.c., si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 c.c. avendo, la Corte territoriale, omesso di considerare – a fini interpretativi dell’accordo 12.7.2012 e settembre 2012 – il comportamento tenuto successivamente da T. s.p.a. e da R.F.I. s.p.a. le quali hanno sottoscritto, con diversi lavoratori ex dipendenti S.I. s.r.l., degli accordi transattivi finalizzati all’assunzione degli stessi, ove si riporta un passo dell’accordo di luglio 2012 (concernente la selezione prioritaria e riservata) e si da atto che la società R.F.I. ha avviato una specifica procedura di selezione finalizzata all’assunzione.

2. Il ricorso è inammissibile.

2.1. In disparte i pur decisivi profili di ricorrenza dell’ipotesi di c.d. sentenza doppia conforme (che non consente, ai sensi dell’art. 348-ter, commi 4 e 5, cod.proc. civ., censure ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.) e di difetto di specificità, mancando del tutto la trascrizione (e l’indicazione della collocazione negli atti di parte) sia dell’accordo del 12.7.2012 sia degli accordi transattivi di cui si deduce la rilevanza ai fini dell’interpretazione del comportamento delle parti successivo all’accordo del 12.7.2012, l’esegesi delle disposizioni di un contratto individuale costituisce accertamento di fatto ed è riservata al giudice di merito; può essere sindacata in sede di legittimità soltanto per violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale oppure per vizio di motivazione (Cass. nn. 2512 del 2013, 16376 del 2006); in tal caso, il ricorrente ha l’onere di indicare specificamente il punto ed il modo in cui l’interpretazione si discosti dai canoni di ermeneutica o la motivazione relativa risulti obiettivamente carente.

2.2. Nel caso di specie, parte ricorrente ha lamentato la mancata valutazione del comportamento successivo a luglio del 2012 tenuto dalle società con particolare riferimento al contenuto di atti transattivi stipulati dalle dette società con alcuni lavoratori (ex dipendenti S.I. s.p.a.) che avevano promosso un’azione giudiziaria per l’accertamento di una interposizione di manodopera. In realtà, la sentenza impugnata ha valutato il suddetto comportamento ritenendolo non decisivo ai fini della interpretazione dell’accordo 12.7.2012 quale atto contenente un obbligo di assunzione dei lavoratori, “atteso che in tali atti il richiamo all’accordo del 12 luglio 2012 è fatto esclusivamente a fini conciliativi – a fronte di una serie di giudizi instaurati dai lavoratori per interposizione illecita di manodopera ex artt. 27 e 29 d.lgs. n. 276/2003 – senza con ciò affermare l’esistenza di una obbligazione diretta dell’Azienda resistente all’assunzione così come sostenuto dalla lavoratrice del presente giudizio” (pag. 6).

2.3. In conclusione, il ricorso è inammissibile e le spese di lite seguono il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 c.p.c. e sono liquidate come da dispositivo.

3. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13 (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020).

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità liquidate in euro 4.500,00, oltre euro 200,00 per esborsi, accessori secondo legge e rimborso spese generali al 15%.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

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