Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 02 maggio 2023, n. 11342

Lavoro, Agevolazioni tariffarie ENEL, Violazione e/o falsa applicazione norme di diritto e/o dei CCNL,  Contratto unico per il settore elettrico del 24/07/2001, Difetto di rappresentanza delle OO.SS, Nullità/inefficacia disdetta per carenza assoluta di regolamentazione sostitutiva, Impegno contrattuale a naturale scadenza,  Impugnativa di pronuncia doppia conforme,  Impossibilità identificazione devolutum,  Beneficio alle famiglie dei dipendenti, Esclusione rapporto corrispettività agevolazione tariffaria e prestazione lavoratore, Inapplicabilità criterio del trattamento più favorevole, Rigetto

 

Rilevato che

 

1. La Corte di Appello di Roma, con la sentenza impugnata, ha confermato la decisione di primo grado con cui era stato respinto il ricorso proposto dai pensionati indicati in epigrafe (o dai loro superstiti), già dipendenti del Gruppo ENEL, volto ad ottenere nei confronti di ENEL Spa e E-Distribuzione Spa l’accertamento del diritto a fruire delle riduzioni tariffarie sulla fornitura di energia elettrica sulla scorta della disciplina collettiva vigente in costanza di rapporto di lavoro;

2. la Corte, in estrema sintesi, ha ritenuto che la disdetta ENEL del 12 ottobre 2015 ed il successivo accordo aziendale del 27 novembre 2015, con estinzione del beneficio alla data del 31 dicembre 2015, risultavano legittimi, posto che nulla osta all’eliminazione di benefici previsti da contratti/accordi collettivi anche per i pensionati, in presenza di originari obblighi assunti a tempo indeterminato;

3. per la cassazione di tale sentenza hanno proposto ricorso i soccombenti con 6 motivi; hanno resistito con controricorso le società intimate (Enel s.p.a., E-distribuzione s.p.a.); entrambe le parti hanno depositato memoria.

 

Considerato che

 

1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto e/o dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro (art. 360, n. 3, c.p.c.) in relazione a: art. 420 bis c.p.c., art. 1362 c.c., C.C.L. dipendenti elettrici: 11.4.1963, nel richiamo all’ex art. 25; C.C.L. 21.4.1970, art. 30; C.C.L. 29.5.1973, art. 30; C.C.L. 7.6.1976, art. 30; C.C.L. 1.8.1979, art. 33; C.C.L. 21.2.1989, art. 33; C.C.L. 26.7.1991, art. 33; C.C.L. 23.4.1996, art. 33; Contratto Unico per il Settore Elettrico del 24.7.2001, art. 54 comma 2; Accordo 19.4.2002 di rinegoziazione fra ENEL e OO.SS.; Intese sindacali dell’8.3.1999 e del 17.5.2011; Accordo 29.1.2003 di rinegoziazione fra Assoelettrica e OO.SS; accordo 27.11.2015; gradatamente, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360, n. 5, c.p.c.), in relazione agli stessi articoli; la Corte d’Appello avrebbe errato nel ritenere che la disdetta dell’accordo sindacale ENEL del 19.04.2002 avesse riguardato anche i lavoratori assunti prima dell’1.8.1979 o chi, cessato dal servizio, fosse comunque stato assunto prima di tale data; si sostiene che l’accordo disdettato non contiene al proprio interno il riferimento alla norma transitoria concessoria del beneficio dei 7000 kWh agli assunti entro l’1.8.1979 (art. 33 C.C.L. 1.8.1979, riprodotto in tutti i rinnovi contrattuali fino al primo Contratto Unico per il settore elettrico del 24.07.2001);

2. il secondo motivo denuncia violazione e/o falsa applicazione norme di diritto e/o dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro (art. 360, n. 3, c.p.c.) in relazione a: artt. 1362 ss., 2113 c.c.; art. 23 quater l. n. 331/1980, art. 27 l. n. 155/1981; C.C.L. dipendenti elettrici: 11.4.1963, nel richiamo all’ex art. 25; C.C.L. 21.4.1970, art. 30; C.C.L. 29.5.1973, art. 30; C.C.L. 7.6.1976, art. 30; C.C.L. 1.8.1979, art. 33; C.C.L. 21.2.1989, art. 33; C.C.L. 26.7.1991, art. 33; C.C.L. 23.4.1996, art. 33; Contratto Unico per il Settore Elettrico del 24.7.2001, art. 54 comma 2; Accordo 19.4.2002 di rinegoziazione fra ENEL e OO.SS.; Intese sindacali dell’8.3.1999 e del 17.5.2011; Accordo 27.11.2015; gradatamente, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360, n. 5, c.p.c.), in relazione agli stessi articoli; la Corte d’Appello avrebbe errato nel negare sia la natura retributiva dell’agevolazione tariffaria, sia la natura di diritto quesito, riconoscendone invece la natura di mera aspettativa suscettibile di disdetta unilaterale da parte del datore;

3. il terzo motivo denuncia violazione e/o falsa applicazione norme di diritto e/o dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro (art. 360, n. 3, c.p.c.) in relazione a: artt. 1362, 1372, 1373, 1387, 1388, 1392, 1393, 1398, 1399 c.c.; C.C.L. dipendenti elettrici: 11.4.1963, nel richiamo all’ex art. 25; C.C.L. 21.4.1970, art. 30; C.C.L. 29.5.1973, art. 30; C.C.L. 7.6.1976, art. 30; C.C.L. 1.8.1979, art. 33; C.C.L. 21.2.1989, art. 33; C.C.L. 26.7.1991, art. 33; C.C.L. 23.4.1996, art. 33; Contratto Unico per il Settore Elettrico del 24.7.2001, art. 54 comma 2; Accordo 19.4.2002 di rinegoziazione fra ENEL e OO.SS.; Intese sindacali dell’8.3.1999 e del 17.5.2011; Accordo 27.11.2015; gradatamente, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360, n. 5, c.p.c.), in relazione agli stessi articoli; si censura la sentenza di secondo grado nella parte in cui esclude il difetto di rappresentanza delle OO.SS., nonché nella parte in cui ritiene che i pensionati siano stati legittimamente privati, per effetto della citata disdetta, dei benefici contenuti negli accordi collettivi (quindi dell’agevolazione tariffaria); si evidenzia, in particolare, da un lato che le OO.SS. non avessero legittimazione a ricevere la disdetta non rappresentando gli ex lavoratori in pensione e, dall’altro, che a ENEL fosse interdetto revocare l’agevolazione, definitivamente attratta al patrimonio di ogni ex lavoratore in pensione;

4. il quarto motivo denuncia violazione e/o falsa applicazione norme di diritto e/o dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro (art. 360, n. 3, c.p.c.) in relazione a: artt. 1337, 1362 ss., 1366, 1375 c.c.; art. 27 d.l. n. 91/2014 conv. in l. n. 116/2014; C.C.L. dipendenti elettrici: 11.4.1963, nel richiamo all’ex art. 25; C.C.L. 21.4.1970, art. 30; C.C.L. 29.5.1973, art. 30; C.C.L. 7.6.1976, art. 30; C.C.L. 1.8.1979, art. 33; C.C.L. 21.2.1989, art. 33; C.C.L. 26.7.1991, art. 33; C.C.L. 23.4.1996, art. 33; Contratto Unico per il Settore Elettrico del 24.7.2001, art. 54 comma 2; Accordo 19.4.2002 di rinegoziazione fra ENEL e OO.SS.; Intese sindacali dell’8.3.1999 e del 17.5.2011; accordi 1.12.2000, 31.12.2003 e 14.2.2008; Accordo 27.11.2015; gradatamente, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360, n. 5, c.p.c.), in relazione agli stessi articoli; si censura la sentenza di secondo grado nella parte in cui ha escluso che la revoca dell’agevolazione tariffaria fosse contraria a correttezza e buona fede;

5. il quinto motivo denuncia violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto e/o dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro (art. 360, n. 3, c.p.c.) in relazione a: artt. 1362 – 1372 c.c., art. 420 bis cpc; violazione dei principi espressi da Cass. 7 marzo 2002 n. 3296; viene censurata la sentenza di secondo grado per non aver dichiarato la nullità/inefficacia della disdetta per carenza assoluta di una regolamentazione sostitutiva a quella disdettata;

6. il sesto motivo denuncia violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto e/o dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro (art. 360, n. 3, c.p.c.) in relazione a: artt. 1372 – 1375 c.c., art. 2119 c.c., art. 2074 c.c.; i ricorrenti assumono che, per effetto del susseguirsi degli accordi collettivi, ENEL avesse da ultimo previsto che il beneficio dovesse esser riconosciuto ai lavoratori assunti entro il 30.06.1996 e cessati dal servizio entro il 30.11.2011; si trattava quindi di un impegno contrattuale dotato di naturale scadenza, con la conseguenza che ENEL avrebbe potuto procedere allo scioglimento ante tempus solo in presenza di una giusta causa; i ricorrenti sostengono che non configurano motivazioni eccezionali, legittimanti lo scioglimento, quelle addotte da ENEL (il generico richiamo alla crisi economica, il venir meno della copertura economica statale degli oneri sostenuti dalle imprese elettriche per l’erogazione dello sconto); lamentano anche la mancata pronuncia da parte della Corte di Appello su questo ultimo profilo;

7. il ricorso non è fondato;

8. tutte le questioni poste con i suesposti motivi di ricorso sono già state esaminate e ritenute non fondate da decisioni della Corte rese in controversie concernenti la stessa vicenda (Cass. nn. 1281, 1289, 1296, 1309, 1596, 1597 del 2023); pertanto, in mancanza di ragioni nuove e diverse da quelle disattese nei giudizi analoghi, il Collegio intende dare continuità a tali precedenti; si rinvia, di conseguenza, alla motivazione dei precedenti richiamati, di cui si riportano i punti essenziali;

9. i motivi, per come sono formulati, presentano preliminari e concorrenti profili di inammissibilità;

10. anzitutto, sono inammissibili nelle parti in cui denunciano il vizio di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c., per omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, in una ipotesi preclusa dall’art. 348 ter, commi 4 e 5, c.p.c., in base al quale detto vizio non può essere evocato con ricorso per cassazione avverso la sentenza d’appello che conferma la decisione di primo grado; ossia detto vizio non è deducibile in caso di impugnativa di pronuncia c.d. doppia conforme (v., tra molte, Cass. n. 23021/2014, n. 30646/2019); in tale ipotesi, il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c., deve indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (per tutte, v. Cass. n. 5528/2014);

11. inoltre, i motivi contengono promiscuamente la contemporanea deduzione di violazione di innumerevoli disposizioni di legge e di contratto, oltre che, in via gradata, la denuncia dell’omesso esame di fatti decisivi, senza consentire un’adeguata identificazione del devolutum e dando luogo all’impossibile convivenza, in seno al medesimo motivo di ricorso, di censure caratterizzate da irredimibile eterogeneità (Cass. S.U. n. 26242/2014; cfr. Cass. n. 14317/2016, n. 3141/2019, n. 13657/2019);

12. nei limiti residui in cui i motivi di ricorso pongono questioni di diritto scrutinabili da questa Corte, gli stessi, esaminabili congiuntamente per connessione, sono infondati;

13. dalla ricostruzione emergente dagli atti di causa risulta che, da un punto di vista storico, l’agevolazione tariffaria sull’energia elettrica venne introdotta per la prima volta nel contratto collettivo post-corporativo a favore dei dipendenti delle aziende elettriche private con la finalità di attribuire un beneficio alle famiglie dei dipendenti che si servivano per uso domestico dell’energia erogata dal proprio datore di lavoro; la misura in oggetto fu strettamente collegata all’uso familiare dell’abitazione principale del dipendente tanto che in presenza di più dipendenti ENEL, componenti del medesimo nucleo familiare, l’agevolazione tariffaria spettava per una sola utenza e comunque entro determinati limiti; essa venne estesa agli ex-dipendenti posti in quiescenza e riconosciuta anche in favore di soggetti non dipendenti quali le vedove e i vedovi dei dipendenti;

14. la previsione di tale beneficio fu mantenuta nei diversi contratti collettivi succedutisi nel tempo fino al contratto collettivo del 1996 che escluse tale misura per i dipendenti assunti a partire dal 1° luglio 1996; il successivo contratto collettivo 2001 abolì l’istituto stabilendo la necessità di una rinegoziazione della complessiva disciplina aziendale in vigore;

15. in tale contesto si colloca la stipula dell’accordo aziendale di cui al verbale del 19 aprile 2002 (cd. accordo di armonizzazione), con il quale le parti convenivano che, per i lavoratori in servizio alla data del 30 giugno 1996, restavano confermate le disposizioni di cui all’art. 33 del C.C.L. 21.2.1989 in materia di energia elettrica; con il contratto collettivo elettrici dell’anno 2006 ENEL s.p.a. e le organizzazioni sindacali assunsero formale impegno alla definizione a livello aziendale della questione relativa al riesame della materia delle agevolazioni tariffarie ed in attuazione di tale impegno venne avviato un processo negoziale confluito nella sottoscrizione, nel maggio 2011, di alcuni autonomi accordi programmatici, dedicati alle agevolazioni tariffarie ed alla contestuale attuazione di misure di sostegno del sistema della previdenza complementare, misure modulate in maniera differenziata per fasce di dipendenti distinte in relazione all’epoca di assunzione; tale processo fu portato a conclusione con l’accordo in data 1° dicembre 2011 tra ENEL e le parti sindacali e prevedeva, per quel che qui rileva, la sostituzione, a decorrere dal 1° febbraio 2012, dell’istituto delle agevolazioni tariffarie con misure di sostegno al sistema della previdenza complementare in Azienda; tali accordi furono sottoscritti dai rappresentanti di tutte le organizzazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo elettrici;

16. in data 12 ottobre 2015 ENEL s.p.a. comunicò alle Segreterie Nazionali delle Organizzazioni Sindacali formale recesso dalla regolamentazione collettiva sulle agevolazioni tariffarie, con estinzione del beneficio alla data del 31 dicembre 2015 anche per gli ex-dipendenti ed i loro superstiti; in data 27 novembre 2015, in seguito a confronto tra ENEL s.p.a. e le organizzazioni sindacali, fu sottoscritto uno specifico accordo con il quale veniva previsto che dal 1° gennaio 2016 agli ex-dipendenti e superstiti fruitori del beneficio alla data del 31 dicembre 2015 era riconosciuta una tantum ed a titolo di liberalità una somma lorda quantificata in base all’età del singolo beneficiario la cui erogazione fu condizionata alla sottoscrizione di un verbale di conciliazione;

17. dall’evoluzione della disciplina collettiva in materia di agevolazione tariffaria si evince che, a partire quanto meno dal contratto collettivo del 1996, si avvertì la necessità di un superamento dell’istituto, ritenuto evidentemente anacronistico in considerazione sia della mutata natura dell’ENEL, da ente pubblico economico a società per azioni per effetto del d.l. n. 333/1992 (art. 15) convertito in legge n. 359/1992, sia in relazione al processo di liberalizzazione del mercato elettrico disposto con il d.lgs. n. 79/1999, in attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica, processo completato il 1° luglio 2007 (d.l. n. 73/2007 convertito in legge n. 125/2007); l’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas (AEEG) intervenne con delibera del 29 dicembre 2007 sollecitando l’incentivazione del riassorbimento degli sconti sui consumi elettrici riconosciuti ai dipendenti del settore assunti prima del 1° luglio 1996, al fine di evitare distorsioni del segnale del prezzo percepito per tali consumatori domestici e di ridurre il rischio di un uso inefficiente dell’energia elettrica e le complicazioni amministrative in capo al distributore e al venditore;

18. alla luce di tale complessivo contesto e, in particolare, dell’evoluzione della disciplina collettiva in tema di agevolazione tariffaria devono essere esaminate le questioni poste dai motivi in esame;

19. una prima questione concerne la natura, retributiva (rectius corrispettiva) o meno, dell’agevolazione tariffaria in controversia; la relativa verifica, condotta alla luce delle caratteristiche dell’istituto quale regolato dalle norme collettive, induce ad escludere ogni rapporto di corrispettività tra l’agevolazione tariffaria e la prestazione del singolo lavoratore; il riconoscimento del relativo diritto e della sua misura, prescindeva, infatti, del tutto dalla qualità e quantità della prestazione lavorativa resa dal singolo dipendente nonché dalla durata del pregresso rapporto e dalla posizione che il lavoratore aveva assunto in azienda; in conseguenza, tale istituto risultava sottratto al rispetto del canone di proporzionalità e sufficienza di cui all’art. 36 Cost., configurandosi come un beneficio che trovava origine nel complessivo regolamento del rapporto di lavoro senza essere specificamente destinato alla remunerazione della prestazione resa dal dipendente;

20. in senso contrario a tale approdo non sono utilmente invocabili alcuni precedenti di questa Corte (Cass. n. 24268/2013 e n. 24533/2013), che hanno scrutinato fattispecie non sovrapponibili a quella in esame, ove tale agevolazione aveva carattere alternativo rispetto al riconoscimento di un assegno ad personam non assorbibile, di pacifica natura retributiva; né orienta a soluzione opposta la presenza di “certificazioni” in cui la società avrebbe riconosciuto il mantenimento del diritto alla riduzione tariffaria ai ricorrenti all’atto del loro pensionamento; ciò sia perché tali documenti esprimono solo la posizione dell’ENEL, che non può essere significativa della comune volontà delle parti collettive nella regolamentazione dell’istituto, sia perché l’interpretazione di tali atti unilaterali si traduce in un accertamento di fatto ed è affidata al giudice del merito e non è sindacabile in questa sede di legittimità (cfr. Cass. n. 11756/2006, n. 17067/2007, n. 9070/2013, n. 12360 del 2014);

21. neppure può valere a sorreggere l’affermazione della natura retributiva dell’agevolazione tariffaria in oggetto la circostanza del suo inserimento nel CUD e la sua qualificazione come «reddito da lavoro» ai fini IRPEF (Cass. n. 586/2017, n. 11414/2015), tenuto conto delle specifiche finalità della legge tributaria, per la quale ciò che rileva è che una determinata erogazione (o il suo controvalore) costituisca indice di capacità contributiva che lo renda assoggettabile a prelievo fiscale; tanto esclude che dalla qualificazione a fini fiscali dell’agevolazione tariffaria possano trarsi indicazioni destinate ad incidere sulla configurazione dell’istituto in oggetto nell’ambito del rapporto di lavoro;

22. una seconda questione che si pone concerne la configurabilità di un diritto quesito in capo agli odierni ricorrenti, ex-dipendenti, al mantenimento del beneficio; posto che, secondo l’orientamento del giudice di legittimità, sono diritti quesiti solo quelle situazioni che siano entrate a far parte del patrimonio del lavoratore subordinato (Cass. n. 14944/2014, n. 20838/2009), la pretesa azionata dagli odierni ricorrenti è espressione di una mera aspettativa al mantenimento nel tempo della più favorevole normativa collettiva che tale beneficio ha previsto; l’agevolazione tariffaria in questione trova, infatti, la propria fonte nelle disposizioni del contratto collettivo le quali, come ripetutamente chiarito dal giudice di legittimità, non si incorporano nel contenuto del contratto individuale dando luogo a diritti quesiti sottratti al potere dispositivo delle organizzazioni sindacali, ma operano sul singolo rapporto come fonte eterogenea di regolamento del rapporto, concorrente con la fonte individuale, con la conseguenza che, in caso di successione dei contratti collettivi, si realizza una sostituzione delle nuove clausole e le precedenti disposizioni non sono suscettibili di essere conservate secondo il criterio del trattamento più favorevole, restando la conservazione di quel trattamento affidata all’autonomia contrattuale delle parti collettive stipulanti, le quali possono prevederla con apposita clausola di salvaguardia (Cass. n. 16043/2018, n. 1298/2000, n. 11466/1997, n. 11052/1995), volontà nello specifico non rinvenibile;

23. esclusa la configurabilità del consolidarsi di un diritto quesito al mantenimento del beneficio in capo ai lavoratori per effetto delle richiamate pattuizioni collettive, il recesso di ENEL s.p.a. risulta senz’altro consentito alla luce del consolidato orientamento di questa Corte, che si richiama anche ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c., secondo il quale, qualora il contratto collettivo non abbia un predeterminato termine di efficacia, esso non può vincolare per sempre tutte le parti contraenti, perché finirebbe in tal caso per vanificarsi la causa e la funzione sociale della contrattazione collettiva, la cui disciplina, da sempre modellata su termini temporali non eccessivamente dilatati, deve parametrarsi su una realtà socio-economica in continua evoluzione, sicché a tale contrattazione va estesa la regola, di generale applicazione nei negozi privati, secondo cui il recesso unilaterale rappresenta una causa estintiva ordinaria di qualsiasi rapporto di durata a tempo indeterminato, che risponde all’esigenza di evitare (nel rispetto dei criteri di buona fede e correttezza nell’esecuzione del contratto) la perpetuità del vincolo obbligatorio; ne consegue che, in caso di disdetta del contratto, i diritti dei lavoratori, derivanti dalla pregressa disciplina più favorevole, sono intangibili solo in quanto siano già entrati nel patrimonio del lavoratore quale corrispettivo di una prestazione già resa o di una fase del rapporto già esaurita, e non anche quando vengano in rilievo delle mere aspettative sorte alla stregua della precedente più favorevole regolamentazione (tra molte: Cass. n. 14961/2022, n. 40409/2021, n. 23105/2019, n. 18548/2009, n. 19351/2007);

24. alla stregua delle argomentazioni esposte il ricorso deve essere respinto nel suo complesso; le spese seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo; ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13 (cfr. Cass. S.U. n. 4315/2020).

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso.

Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in € 18.000 per compensi, € 200 per esborsi, spese generali al 15%, accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

 

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