Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 05 maggio 2023, n. 11970
Lavoro, Settore dello spettacolo, Ricalcolo della “Quota B” del trattamento di quiescenza, Limite massimo alla retribuzione giornaliera pensionabile, Determinazione dei trattamenti pensionistici dei lavoratori soggetti alla gestione ex ENPALS, Carattere strutturalmente discontinuo delle prestazioni lavorative nel settore dello spettacolo, Accoglimento
Rilevato che
la Corte d’appello di Roma, a conferma della pronuncia del Tribunale della stessa città, ha accolto la domanda di A.B., lavoratrice dello spettacolo, diretta al ricalcolo della “Quota B” del trattamento di quiescenza senza che alla stessa venisse applicato il limite massimo alla retribuzione giornaliera pensionabile, stabilito, per i lavoratori del settore (gestione ex ENPALS), dall’art. 12, co.7 del d.P.R. n. 1420 del 1971;
ripercorsa l’evoluzione normativa della materia, la Corte territoriale ha argomentato che il limite massimo inerente alla retribuzione giornaliera pensionabile si applica alla sola “Quota A” del trattamento di quiescenza e non anche alla “Quota B” dello stesso, regolata, quest’ultima, dai nuovi criteri fissati dal d.lgs. n. 182 del 1997;
la cassazione della sentenza è domandata dall’INPS sulla base un unico motivo;
A.B. ha depositato controricorso;
entrambe le parti hanno depositato memoria nell’approssimarsi dell’adunanza camerale.
Considerato che
l’unico motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, co.1, n. 3 cod. proc. civ., contesta “Violazione dell’art. 12 del d.P.R. n. 1420 del 1971 e degli artt. 3 e 4 del d.lgs. n. 182 del 1997”; l’istituto ricorrente sostiene che avrebbe errato la Corte d’appello a prospettare l’abrogazione tacita della disciplina del “massimale pensionabile”, a dispetto della compatibilità tra tale disciplina e quella posteriore, riguardante la “Quota B” della pensione;
il ricorso concerne la concreta determinazione dei trattamenti pensionistici dei lavoratori soggetti alla gestione ex ENPALS, i quali si compongono di due quote (A e B), di cui la prima (“Quota A”) si riferisce all’importo del trattamento di pensione relativo alle anzianità contributive acquisite anteriormente al 1993 (art. 13 lett.a) d.lgs. n. 503 del 1992), la seconda (“Quota B”) corrisponde all’importo del trattamento di pensione relativo alle anzianità contributive acquisite a decorrere dal gennaio 1993 (art. 13, lett.b) del d.lgs. n. 503 del 1992; il motivo va accolto;
questa Corte ha avuto modo, in tempi recenti, di affrontare la questione diritto qui rappresentata, affermando il principio – a cui il Collegio intende dare continuità in questa sede – secondo cui “In tema di pensioni di anzianità in favore dei lavoratori dello spettacolo, nella determinazione della “quota B” della pensione, relativa alle anzianità maturate successivamente al 31 dicembre 1992 dai lavoratori iscritti al Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo in data anteriore al 31 dicembre 1995, non si prendono in considerazione, ai fini del calcolo della retribuzione giornaliera pensionabile, per la parte eccedente, le retribuzioni giornaliere superiori al limite fissato dall’art. 12, comma 7, del d.P.R. n. 1420 del 1971, così come da ultimo modificato dall’art. 1, comma 10, del d.lgs. n. 182 del 1997; tale limite, infatti, non è stato abrogato né espressamente dai successivi interventi legislativi, né per incompatibilità dall’art. 4, comma 8, del medesimo d.lgs., dovendosi ritenere che la fissazione di un tetto alla retribuzione giornaliera pensionabile, contribuendo a comporre i diversi interessi di rilievo costituzionale, sia coessenziale alla disciplina, in quanto si colloca in un sistema ampiamente favorevole per gli iscritti, in ordine all’entità delle prestazioni ed alle condizioni di accesso, rispetto a quello della generalità dei lavoratori assicurati presso l’INPS.” (Così, Cass. n. 36056 del 2022);
quanto alla richiesta di rimessione alla Corte Costituzionale, avanzata dall’odierno controricorrente, il Collegio intende qui avallare quanto già espresso da questa Corte, ribadendo che la fissazione di un tetto alla retribuzione giornaliera pensionabile va proprio incontro all’intento del legislatore di comporre i diversi interessi di rilievo costituzionale; la previsione va infatti collocata in un assetto previdenziale preesistente già ampiamente favorevole per gli iscritti alla gestione dei lavoratori dello spettacolo rispetto a quanto garantito alla generalità dei lavoratori assicurati presso l’INPS; se tale trattamento si giustifica per la presenza di un lavoro spesso discontinuo e precario, per il quale, non a caso, il legislatore provvede mediante appropriate misure di sostegno “…nel doveroso riconoscimento delle specificità del lavoro e del carattere strutturalmente discontinuo delle prestazioni lavorative nel settore dello spettacolo” (cfr. da ultimo art. 2, co.4, lett. a) della l. n.106 del 2022 recante “Delega al Governo e altre disposizioni in materia di spettacolo”), non può, tuttavia, nel solco di tale conclamata specialità, accreditarsi un’interpretazione che assecondi una disciplina del trattamento previdenziale fondata, per una sola categoria di lavoratori, su regole e criteri che si pongono in distonia rispetto all’esigenza di sostenibilità del sistema previdenziale generale, che, a partire dagli anni Novanta, rappresenta il filo conduttore di ogni riforma legislativa in materia;
da tale prospettiva si comprende appieno, a ben vedere, la ragione del permanere del limite massimo della retribuzione giornaliera pensionabile con riferimento alla “Quota B” del trattamento per i lavoratori del settore, senza il quale limite verrebbe posta a rischio la finalità di garantire l’equilibrio fra i diversi valori costituzionali coinvolti, criterio direttivo cogente tenuto ad orientare l’opera dell’interprete;
se dovesse intendersi abolito tale limite, infatti, si determinerebbe una ingiustificata distorsione della volontà del legislatore, il quale, introducendo criteri di determinazione della “Quota B” distinti e più rigidi rispetto a quanto previsto per il calcolo della “Quota A” – pur senza negare la specialità dell’assetto normativo preesistente – ha inteso far sì che anche il regime previdenziale dei lavoratori dello spettacolo concorresse alla finalità di contenimento della spesa pubblica;
in conclusione, il ricorso va accolto, la sentenza impugnata va cassata e la causa va rinviata alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione, la quale sarà tenuta a pronunciarsi anche in merito alle spese del giudizio di legittimità;
in considerazione dell’esito del giudizio, dà atto che non sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione, la quale sarà tenuta a pronunciarsi anche in merito alle spese del giudizio di legittimità.