È necessario assicurare la temporaneità delle missioni del lavoratore somministrato.
Nota a App. Milano 20 marzo 2023, n. 162
Fabio Iacobone
Qualora una società utilizzi, mediante successivi contratti di somministrazione (con causali stereotipate e tra loro ripetitive) una prestazione di fatto continuativa, le esigenze sottese al ricorso alla somministrazione non possono essere qualificate come “temporanee”, ma rispondono ad un bisogno ordinario di manodopera.
È quanto afferma App. Milano 20 marzo 2023, n. 162, che ha dichiarato costituito tra le parti un rapporto di lavoro a tempo indeterminato full time a decorrere dalla stipulazione dell’ultimo contratto, in seguito al ricorso di un lavoratore che aveva prestato la propria attività come lavoratore somministrato presso una società in ragione di plurimi contratti a termine stipulati con il soggetto somministratore (nel lasso temporale decorrente dal 14.05.2012 al 02.03.2016) e chiedeva l’accertamento dell’illegittimità dei suddetti contratti e del conseguente diritto alla costituzione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con la società utilizzatrice, con condanna di quest’ultima al risarcimento del danno parametrato alla retribuzione globale di fatto percepita in corso di rapporto. Il ricorrente aveva evidenziato di avere prestato lavoro subordinato presso la società resistente per 1.012 giorni lavorativi, per le stesse mansioni, e cioè per un arco di tempo pari a 33 mesi di lavoro effettivo in un intervallo complessivo di 46 mesi, senza venire impiegato sostanzialmente nei soli periodi delle ferie estive e delle festività natalizie. Il prestatore rilevava inoltre che durante il periodo considerato la società aveva utilizzato continuativamente non meno di 10 ulteriori lavoratori somministrati; circostanza, questa, che dimostrava il carattere non contingente del fabbisogno di manodopera.
I giudici hanno rilevato l’abuso del ricorso a successivi contratti di somministrazione:
a) anche se l’art. 4 del ccnl piccola e media industria metalmeccanica prevede che “i lavoratori che abbiano intrattenuto con la medesima azienda e per mansioni equivalenti sia rapporti di lavoro con il contratto a tempo determinato che con quello di somministrazione, acquisiscono il diritto alla stabilizzazione del rapporto qualora la somme dei periodi di lavoro nelle due tipologie citate superi i 44 mesi complessivi anche non consecutivi comprensivi dell’eventuale proroga in deroga assistita”. Infatti, da una parte, il ccnl non indica un arco temporale di riferimento diverso dalla vita lavorativa del dipendente e, dall’altra, la previsione contrattuale “non vale ad escludere il potere dell’interprete di ravvisare l’abuso, secondo i criteri interpretativi dettati dalla Suprema Corte, anche ove il limite contrattuale non venga superato”;
b) alla luce della normativa e della giurisprudenza comunitaria ed interna, secondo cui in tema di somministrazione di lavoro a tempo determinato (Direttiva 2008/104; D.Lgs. n. 81/2015, in continuità con la L. n 92/2012, e con il D.L. n. 34/2014) gli Stati membri devono adoperarsi affinché il lavoro tramite agenzia interinale presso la stessa impresa utilizzatrice non diventi una situazione permanente per un lavoratore tramite agenzia di somministrazione, e che occorre “preservare la natura temporanea del lavoro tramite agenzia interinale, nonché una normativa nazionale che non preveda alcuna misura al fine di evitare l’assegnazione ad un medesimo lavoratore tramite agenzia interinale di missioni successive presso la stessa impresa utilizzatrice con lo scopo di eludere le disposizioni della direttiva 2008/104 nel suo insieme” (v. CGUE 14 ottobre 2020, causa C-681/18, punti 55, 60, in q. sito con nota di A. TAGLIAMONTE). In particolare, secondo CGUE 17 marzo 2022, nella causa C-232/20, annotata in q. sito da A. TAGLIAMONTE, qualora missioni successive del medesimo lavoratore tramite agenzia interinale presso la stessa impresa utilizzatrice conducano a una durata dell’attività presso tale impresa più lunga di quella che “possa ragionevolmente qualificarsi “temporanea”, alla luce di tutte le circostanze pertinenti, che comprendono in particolare le specificità del settore”, potrebbero denotare un ricorso abusivo a tale forma di lavoro, ai sensi dell’art. 5, par. 5, prima frase, Direttiva 2008/104.
In sintesi, la necessaria temporaneità delle missioni deve essere in ogni caso assicurata, e anche se il D.Lgs. n. 81/2015 non contiene alcuna previsione esplicita sulla durata temporanea del lavoro tramite agenzia interinale, è “compito del giudice di merito stabilire caso per caso, alla luce di tutte le circostanze pertinenti, se la reiterazione delle missioni del lavoratore presso l’impresa utilizzatrice abbia oltrepassato il limite di una durata che possa ragionevolmente considerarsi temporanea, sì da realizzare una elusione delle norme imperative ai sensi dell’art. 1344 c.c., e, specificamente, degli obblighi e delle finalità imposti dalla Direttiva, da cui discende, secondo l’ordinamento interno, la nullità dei contratti”.
Nel caso di specie nessuna di tali valutazioni è stata compiuta dal giudice di merito, il quale, limitandosi a constatare la decadenza dall’impugnativa dei singoli contratti di somministrazione, non ha in alcun modo affrontato l’ulteriore questione dell’eventuale elusione del combinato disposto della normativa interna e sovranazionale. La Corte di Cassazione ha quindi annullato la sentenza n. 217/2019 della Corte di Appello di Brescia, demandando ai giudici di Milano l’accertamento dell’eventuale elusione della normativa in materia di somministrazione, così come interpretata dalla medesima Cassazione, in conformità alla Direttiva 2008/104.