Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 03 maggio 2023, n. 11555

Lavoratori part time, Differenze contributive, Regola della cosiddetta “contribuzione virtuale”, Ipotesi eccezionali e derogatorie del minimale contributivo, Stipula di contratti in sovrannumero, Settore edile, Rigetto

 

Rilevato che

 

Con sentenza del 27.2.2018 n. 1255, la Corte d’appello di Bologna accoglieva parzialmente l’appello dell’Inps avverso la sentenza del tribunale di Bologna che aveva accolto l’opposizione, proposta dalla società I. s.r.l., avverso l’avviso di addebito, emesso dall’Inps, per differenze contributive dovute per lavoratori part time, alle dipendenze della società ma in sovrannumero rispetto al numero consentito dalla contrattazione collettiva.

Il tribunale ha ritenuto erronea la rideterminazione dell’imponibile contributivo, sulla base dei minimi tabellari previsti, per il tempo pieno, dalla contrattazione collettiva, in applicazione della regola della cd “contribuzione virtuale”, nell’ipotesi di superamento dei limiti quantitativi fissati dal CCNL di settore, alla stipula di contratti part time, in quanto la normativa primaria (d.lgs. n. 61/00) aveva demandato alla contrattazione collettiva la determinazione delle condizioni e modalità della prestazione lavorativa part time, ma non anche i limiti all’utilizzo dei contratti part time.

La Corte d’appello, per quanto ancora d’interesse, a sostegno dell’accoglimento parziale del gravame svolto dall’Inps, ha ritenuto che la società I. s.r.l. si fosse avvalsa del contratto part time in misura superiore ai limiti percentuali previsti dalla contrattazione collettiva per il periodo di riferimento (come riconosciuto dalla stessa società) e, conseguentemente, ha ritenuto corretta la procedura di ricalcolo della contribuzione dovuta, in applicazione dell’art. 29 comma 1 del d.l. n. 244/95, escludendo la configurabilità delle ipotesi eccezionali e derogatorie del minimale contributivo, per essere la regolamentazione di cui all’art. 78 CCNL del 18.6.2008 volta a contrastare l’utilizzo della tipologia contrattuale del contratto part time in un settore, qual è l’attività edile, particolarmente esposto e la cui disciplina è improntata a maggior tutela e salvaguardia dei lavoratori.

Avverso la sentenza della Corte d’appello, I. s.r.l. ricorre per cassazione, sulla base di tre motivi, mentre l’Inps resiste con controricorso.

Il collegio riserva ordinanza, nel termine di sessanta giorni dall’adozione della decisione in camera di consiglio.

 

Considerato che

 

Con il primo motivo di ricorso, la società ricorrente deduce il vizio di violazione delle norme della contrattazione collettiva per le imprese edili, che disciplinano il computo dei dipendenti part time, in particolare, l’art. 97 del CCNL per le imprese edili artigiane e l’art. 78 del CCNL per le imprese edili industriali, perché la Corte territoriale non si è avveduta che l’art. 97 CCNL cit. consente alle imprese edili artigiane da 0 a 3 dipendenti, di assumere operai a tempo parziale per un periodo massimo temporale del 30% del monte ore annuale degli addetti occupati nell’impresa (comma 9 dell’art. 97 CCNL Imprese Edili Artigiane); conclusivamente, il contratto part time, oggetto di controversia, era stato correttamente stipulato.

Con il secondo motivo di ricorso, la società ricorrente deduce il vizio di violazione delle norme di diritto, nazionali e comunitarie, in materia di orario di lavoro part time (dir. 97/81/CE del Consiglio del 15.12.1997 e d.lgs. n. 61/00 e s.m.) e delle norme della contrattazione collettiva di categoria (art. 97 CCNL delle imprese edili artigiane), perché erroneamente la Corte d’appello aveva ritenuto la disciplina della contrattazione collettiva non in contrasto con la normativa primaria, perché volta a contrastare l’utilizzo della tipologia contrattuale del contratto part time in un settore, quale quello edile, particolarmente esposto, introducendo norme volte a una maggiore tutela e salvaguardia dei lavoratori, laddove la normazione primaria e comunitaria si sarebbe limitata a delegare, alla contrattazione collettiva, la determinazione delle condizioni e modalità della prestazione lavorativa part time, senza attribuire, alle parti sociali, alcuna delega a prevedere limiti quantitativi percentuali per tipologia contrattuale, o a prevedere, in caso di violazione dei limiti quantitativi, la sanzione della conversione dei rapporti da part time in full time.

Con il terzo motivo di ricorso, la società ricorrente deduce il vizio di violazione delle norme di diritto, nazionali e comunitarie, in materia di orario di lavoro part time (dir. 97/81/CE del Consiglio del 15.12.1997, d.lgs. n. 61/00 e successive modifiche) e in materia di obbligo contributivo delle imprese edili (art. 29 comma 2 del DL n. 244/95, convertito nella legge n. 341/95), perché sulla base della normativa richiamata, l’istituto della cd. “contribuzione virtuale” doveva essere applicato esclusivamente ai rapporti lavorativi nei quali si adotta l’orario normale di lavoro previsto dalla contrattazione collettiva, con esclusione, quindi, delle ipotesi in cui, al pari della vicenda in esame, l’orario di lavoro sia frutto della contrattazione individuale, come nei rapporti a tempo parziale del tutto legittimi.

Il primo motivo è inammissibile perché la statuizione della Corte d’appello, secondo la quale ai sensi dell’art. 97 CCNL richiamato non era consentita, alla società, l’assunzione neanche di un operaio a tempo parziale, nel periodo controverso, sulla base del dato pacifico del numero degli operai già impiegati, è fatta segno di censura, per violazione di legge, che si risolve, invero, nella critica all’accertamento di fatto e nella sollecitazione, in questa sede di legittimità, del riesame del giudizio di fatto, di competenza esclusiva del giudice del merito e incensurabile, in cassazione, se adeguatamente motivato, come nella sentenza ora impugnata, nei limiti del novellato art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c.

Il secondo motivo di ricorso è infondato.

Infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte, “Nel settore edile, l’istituto del minimale contributivo, previsto dall’art. 29 del d.l. n. 244 del 1995, conv. in l. n. 341 del 1995, trova applicazione anche nell’ipotesi in cui siano stati conclusi contratti part-time in eccedenza rispetto al limite previsto da una disposizione del contratto collettivo applicabile, poiché la funzione della predetta disposizione è quella di individuare il complessivo valore economico delle retribuzioni imponibili di una data impresa, che, in caso di violazione del divieto di assunzioni a tempo parziale in misura superiore ad una determinata percentuale del totale dei lavoratori occupati a tempo indeterminato, va commisurato alla retribuzione dovuta per l’orario normale di lavoro anche per i lavoratori assunti part-time in violazione del predetto divieto, a prescindere dalla circostanza che tali compensi siano stati effettivamente corrisposti” (Cass. n. 8794/20).

Nella specie, va precisato che la sanzione sotto il profilo previdenziale della violazione della soglia fissata per la stipula dei contratti part time è prevista dall’art. 29 d.l. n. 244 cit. e non è certo nella disponibilità della contrattazione collettiva che può, tuttavia, prevederne dei limiti quantitativi al loro utilizzo oltre i quali il datore di lavoro non può beneficiare – attesa l’inderogabilità della legge – del regime contributivo agevolato, ma in caso di stipula di contratti in sovrannumero gli stessi saranno assoggettati al regime della contribuzione virtuale (che non è calcolata in ragione della retribuzione percepita per le ore di lavoro effettivamente lavorate ma sulla base di quelle previste dal CCNL per il lavoro a tempo pieno, salvo le deroghe espressamente previste).

Il terzo motivo è infondato, attesa l’inderogabilità della normativa previdenziale e del principio della “contribuzione virtuale” in caso di stipula di contratti part time in sovrannumero nel settore edilizio, insuscettibile di deroghe che non siano quelle tassativamente previste, trattandosi di regime agevolato a carico della collettività, in riferimento al quale la contrattazione collettiva pur non potendo incidervi, può fissare limiti quantitativi al suo utilizzo (cfr. art. 78 del CCNL Edilizia): vale, infatti, in subiecta materia il principio di autonomia del rapporto contributivo rispetto alle vicende dell’obbligazione retributiva.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo

Sussistono i presupposti, per il versamento da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo già versato a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Condanna la società ricorrente a pagare all’Inps le spese di lite che liquida nell’importo di € 3.500,00, oltre € 200,00 per esborsi, oltre il 15% per spese generali, oltre accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma del comma 1 – bis dello stesso articolo 13.

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