I lavoratori che intendono fruire della proroga del regime speciale per i c.d. “impatriati” devono versare, in un’unica soluzione, tramite modello F24, un importo pari al 10% o al 5% dei redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo prodotti in Italia nel periodo di imposta precedente a quello di esercizio dell’opzione. Il mancato versamento non è sanabile con l’istituto della remissione in bonis.
Nota AdE Risp. 22 febbraio 2023, n. 223
Marialuisa De Vita
Con la Risposta ad interpello n. 223 del 22 febbraio 2023, l’Agenzia delle Entrate ha definito le modalità di esercizio dell’opzione per la proroga, per ulteriori cinque periodi di imposta, del regime speciale previsto per i lavoratori c.d. “impatriati” (art. 16, co. 3-bis, D.Lgs. n. 147/2015), chiarendo che il mancato versamento dell’importo corrispondente al 10% o al 5% dei redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo prodotti in Italia nel periodo di imposta precedente a quello di esercizio dell’opzione non è sanabile con l’istituto della remissione in bonis.
Nel caso di specie, un cittadino italiano si rivolgeva all’Agenzia delle Entrate rappresentando di:
- essere stato fiscalmente residente in Polonia e di essere stato iscritto all’AIRE dal 27 dicembre 2012;
- essere rientrato in Italia insieme alla moglie e al figlio a settembre 2016;
- aver fruito, a partire dal periodo di imposta 2017, del regime speciale per gli impatriati ex 16, D.Lgs. n. 147/2015;
- essere in possesso dei requisiti per esercitare l’opzione per la proroga del regime per un ulteriore quinquennio, ma di non aver effettuato, per un mero errore materiale (dimenticanza), il versamento necessario per perfezionare l’opzione entro il 30 giugno 2022.
L’istante, volendo fruire dell’estensione per un ulteriore quinquennio, chiedeva all’Agenzia delle Entrate se il mancato versamento potesse essere sanato applicando l’istituto della remissione in bonis di cui all’art. 2, co. 1, D.L. n. 16/2012.
Come noto, ai sensi dell’art. 16 del D.Lgs. n. 147/2015 i redditi di lavoro autonomo, i redditi di lavoro dipendente, quelli assimilati ai redditi di lavoro dipendente e (dal 2019) i redditi di impresa, prodotti in Italia da lavoratori (cittadini italiani o esteri) che vi trasferiscono la residenza a fini fiscali, concorrono alla formazione del reddito complessivo nei limiti del 30% del loro ammontare ovvero del 10% per coloro che trasferiscono la residenza in una delle regioni del Mezzogiorno (Calabria, Sicilia, Sardegna, Molise, Puglia, Campania, Basilicata e Abruzzo). Tale regime trova attuazione a decorrere dal periodo d’imposta in cui è avvenuto il trasferimento della residenza fiscale in Italia e per i quattro periodi d’imposta successivi (cfr. in q. sito, M. DE VITA, Regime speciale per i lavoratori impatriati: i chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate).
L’agevolazione si applica per ulteriori cinque periodi di imposta (per un totale, dunque, di dieci periodi di imposta) ai soggetti che trasferiscono la residenza fiscale in Italia a decorrere dall’anno 2020, i quali possono beneficiare della tassazione del 50% (invece che del 30% prevista per il primo quinquennio) del reddito imponibile, in presenza di specifici requisiti quali, alternativamente:
- l’avere almeno un figlio minorenne o a carico, anche in affido preadottivo; oppure
- l’acquistare il lavoratore oppure il coniuge, il convivente o i figli, anche in comproprietà un’unità immobiliare di tipo residenziale in Italia. Tale ultima ipotesi deve realizzarsi successivamente al trasferimento in Italia o nei dodici mesi precedenti al trasferimento.
La percentuale di tassazione dei redditi agevolabili prodotti nel territorio dello Stato nel secondo quinquennio è ridotta al 10% nel caso in cui i contribuenti abbiano almeno tre figli minorenni o a carico.
La Legge di Bilancio 2021 (cfr. in q. sito, M. DE VITA, F. PALLADINO, A. GUIDONE, Le novità fiscali per il 2021: Legge di Bilancio 2021) è intervenuta su tale proroga estendendo la platea dei soggetti che ne possono beneficiare anche ai soggetti rientrati in Italia prima del 30 aprile 2019 e che, alla data del 31 dicembre 2019, risultano già beneficiari del regime in esame. Ora anche costoro ne possono beneficiare previo, però, il versamento di un importo pari:
- al 10% dei redditi agevolati relativi all’annualità precedente a quella di esercizio dell’opzione, se al momento dell’esercizio dell’opzione hanno, alternativamente, almeno un figlio minorenne, anche in affido preadottivo o sono diventati proprietari di una unità immobiliare di tipo residenziale in Italia, successivamente al trasferimento in Italia o nei dodici mesi precedenti al trasferimento, ovvero ne diventano proprietari (anche unitamente al coniuge, al convivente o ai figli) entro diciotto mesi dalla data di esercizio dell’opzione, pena la restituzione del beneficio addizionale fruito senza l’applicazione delle sanzioni;
- al 5% dei redditi agevolati relativi all’annualità precedente a quella di esercizio dell’opzione, se al momento dell’esercizio dell’opzione hanno, questa volta congiuntamente, almeno tre figli minorenni, anche in affido preadottivo e diventano o sono diventati proprietari di una unità immobiliare di tipo residenziale in Italia, successivamente al trasferimento in Italia o nei dodici mesi precedenti al trasferimento, ovvero ne diventano proprietari (anche unitamente al coniuge, al convivente o ai figli) entro diciotto mesi dalla data di esercizio dell’opzione, pena la restituzione del beneficio addizionale fruito senza l’applicazione delle sanzioni.
Richiamando il provvedimento del 3 marzo 2021, n. 60353, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che tale importo deve essere versato, in un’unica soluzione, mediante il modello F24. Il versamento deve avvenire:
- entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello di conclusione del primo periodo di fruizione dell’agevolazione; o
- entro 180 giorni dalla data di pubblicazione del provvedimento (ossia entro il 30 agosto 2021), se il primo periodo di fruizione dell’agevolazione è terminato il 31 dicembre 2020.
Come già chiarito nella Risposta ad interpello n. 383 del 18 luglio 2022, l’Amministrazione ha ribadito che “laddove il versamento degli importi sia omesso o carente – il mancato adempimento [nei termini stabiliti – ndr.] preclude l’applicazione del beneficio”.
Ciò premesso, considerato che l’istante non ha effettuato il versamento entro il 30 giugno 2022, non può beneficiare della proroga del regime, né può avvalersi – precisa l’Amministrazione finanziaria – dell’istituto della remissione in bonis ex art. 2, co. 1, D.L. n.16/ 2012.
Tale disposizione prevede che “la fruizione di benefici di natura fiscale o l’accesso a regimi fiscali opzionali, subordinati all’obbligo di preventiva comunicazione ovvero ad adempimento di natura formale tempestivamente eseguiti, non è preclusa, sempre che la violazione non sia stata constatata o non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento (..)”. Tale regime, dunque, trova applicazione laddove si debbano sanare omissioni meramente formali.
Secondo l’Agenzia delle Entrate tale fattispecie non sarebbe riscontrabile nel caso in esame. L’omesso versamento delle somme dovute entro il termine del 30 giugno 2022 non è riconducibile ad un mero adempimento ”formale”, ma ad una mancata concretizzazione di un requisito sostanziale che, in quanto tale, non può essere regolarizzata mediante l’istituto della remissione in bonis.