Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 05 maggio 2023, n. 11923

Lavoro, Apposizione del termine, Società in regime di preaccreditamento, Tardività DVR, Errata interpretazione dei documenti, Verbale sindacale, Inammissibilità

 

Fatti di causa

 

La Corte di appello di Messina con la sentenza n. 114/2018 aveva rigettato l’appello proposto da C.N. avverso la decisione con cui il locale tribunale aveva dichiarata legittima l’apposizione del termine al contratto di lavoro sottoscritto dal C. e dalla S.S.R. spa.

La Corte di merito aveva confermato la sussistenza delle ragioni giustificative della apposizione del termine (contratto stipulato il 1° marzo 2014) poiché provata la situazione di operatività della società in regime di preaccreditamento, in attesa dell’accreditamento istituzionale in quel momento interrotto con provvedimento assessoriale del 8 maggio 2007 (sospeso dal TAR). Il Giudice di appello rilevava che la temporaneità dell’assunzione era legata alla chiara indicazione del bando di gara cui la società aveva aderito per svolgere i servizi in via provvisoria in attesa della definizione del giudizio innanzi al TAR.

Il Giudice di appello rilevava altresì che anche nel verbale redatto in sede sindacale il 24.2.2014 le parti sindacali avevano riconosciuto la sussistenza delle ragioni giustificative delle assunzioni a termine, anche ritenendo infondata l’ulteriore censura posta dal lavoratore sulla mancata esistenza del DVR, essendo stato, detto documento, redatto in data 1.1.2014 e dunque anteriormente alle assunzioni in questione.

Avverso detta decisione propone ricorso C.N. affidato a tre motivi cui resisteva con controricorso e successiva memoria, la società.

 

Ragioni della decisione

 

1) – Con il primo motivo è dedotta l’omessa contraddittoria e insufficiente motivazione su un punto decisivo; la violazione di legge con riguardo all’art. 3 d.lvo n. 368/2001 e art. 416 c.p.c. 3° co.; all’art. 17 co.1 e 28 co.1 e 2 lett. a,b,c,d,e,f, del D.lvo n. 101/2008; l’omessa valutazione sulla eccepita tardività del DVR

Il motivo è inammissibile per più ragioni. Preliminarmente deve osservarsi, in coerenza con precedente orientamento in tal senso, che “nel ricorso per cassazione, i motivi di impugnazione che prospettino una pluralità di questioni precedute unitariamente dalla elencazione delle norme asseritamente violate sono inammissibili in quanto, da un lato, costituiscono una negazione della mancata esistenza del DVR e, dall’altro, richiedono un intervento della Corte volto ad enucleare dalla mescolanza dei motivi le parti concernenti le separate censure” (Cass.n. 18021/2016). Nel caso di specie, sono enucleati in un unico motivo molteplici profili di vizi, non singolarmente enunciati rispetto al rispettivo punto decisorio della decisione.

A tale assorbente ragione di inammissibilità deve anche soggiungersi che altresì inammissibile è la censura inerente la insufficienza della motivazione poiché questa corte ha ripetutamente chiarito che “la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione”. (Cass. S.U. n. 8053/2014; Cass. n. 22598/2018)

Quanto infine alla denunciata omessa valutazione della eccezione di tardività del DVR (Documento Valutazione Rischi), deve evidenziarsi che la sentenza impugnata si occupa espressamente della eccezione sollevata (pg.7) valutando adempiuto l’obbligo datoriale. La censura è pertanto inammissibile, trattandosi, peraltro di valutazione tipicamente rimessa al giudice del merito.

2) – Con il secondo motivo si denuncia l’omessa contraddittoria e insufficiente motivazione su un punto decisivo, nonché la violazione degli artt. 22 e 24 CCNL Personale Dipendente Centri Riabilitazione e l’errata interpretazione dei documenti decisivi quale il Verbale di incontro sindacale 27.2.2014.

Il motivo è diretto a censurare l’interpretazione fornita dalla corte di merito al Verbale sindacale. Anche tale motivo è inammissibilmente prospettato poiché è diretto a contrastare una valutazione di merito rimessa alla corte territoriale estranea al perimetro del giudizio di legittimità. In sostanza la censura prospetta, inammissibilmente, una interpretazione alternativa a quella assunta nel giudizio di merito, anche richiamando un vizio non coerente rispetto alla doglianza, attesa la mancata indicazione delle assunte violazioni di legge.

3) – Con il terzo motivo è dedotta la violazione ed errata applicazione di legge (art. 1 d.lgs 368/2001) e si lamenta l’errata valutazione circa le ragioni giustificative del termine. In particolare la ricorrente deduce la stabilità delle condizioni di accreditamento, tali da consentire assunzioni in stabilità.

Anche tali doglianze riguardano valutazioni di merito svolte dal giudice di appello che ampiamente si è soffermato sul regime di operatività della società rispetto alle convenzioni con gli enti sanitari regionali. L’analisi svolta, tipica delle Verbale sindacale, è pertanto estranea ad una rivisitazione in sede di legittimità.

Il ricorso, per le esposte ragioni, deve essere dichiarato inammissibile.

Le spese seguono il principio di soccombenza.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, ove dovuto.

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in E. 4.500,00 per compensi ed E. 200,00 per spese oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13 comma quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, ove dovuto.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 05 maggio 2023, n. 11923
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: