Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 09 maggio 2023, n. 12277
Lavoro, Rimborsi per spese di spostamento con uso di mezzo proprio, Indennità di uso di mezzo di trasporto, Utilizzo di un mezzo proprio per raggiungere un luogo di lavoro diverso per ragioni funzionalmente connesse all’attività da svolgere, Tempo impiegato per lo spostamento come orario di lavoro, Rigetto
Fatti di causa
1. La Corte di Appello di Trento, con la sentenza impugnata, in riforma della pronuncia di primo grado, ha accertato il diritto di A.C., dipendente della A.C. Spa con mansioni di autista di autotreni e autoarticolati, “al rimborso delle spese per ogni spostamento tra Rovereto e Sommacampagna con uso di mezzo proprio”, condannando la società al pagamento della somma di euro 10.132,84 per i rimborsi maturati a tale titolo fino all’ottobre 2019, il tutto oltre accessori e spese del doppio grado.
2. La Corte territoriale ha premesso in fatto che la sede di lavoro stabilita tra le parti era in Rovereto e che dalla primavera del 2014 la società aveva attrezzato un nuovo piazzale di sosta degli autoarticolati a Sommacampagna; che in data 13 maggio 2014 era stato sottoscritto con la RSU un accordo con cui le parti concordavano “di spostare dal piazzale di Rovereto a quello di Sommacampagna le macchine necessarie per produrre il lavoro che oggi viene dirottato sui terminal ferroviari di Verona”, prevedendo che venissero corrisposti “ai lavoratori che oggi parcheggiano a Rovereto 11,50 euro per le giornate del lunedì e del venerdì per ogni settimana lavorata a Sommacampagna”; che in forza di tale accordo al C. erano stati corrisposti tali compensi, per ogni settimana in cui era stato comandato a Sommacampagna; che tale località dista da Rovereto circa 70 km e che il C. aveva allegato di aver utilizzato la strada statale percorrendo con la propria auto, per ogni viaggio, 61,2 km dalla sede di Rovereto per giungere al piazzale di Sommacampagna.
3. Tanto premesso in fatto, la Corte, in sintesi e per quanto qui rileva, dopo aver considerato orario di lavoro il tempo per lo spostamento al piazzale di Sommacampagna, anche perché l’emolumento previsto nell’accordo sindacale era stato trattato in busta paga come lavoro straordinario sul piano fiscale e previdenziale, ha esaminato l’art. 28 del CCNL Logistica, Trasporto merci e Spedizioni applicabile al rapporto, il quale prevede uno specifico rimborso per l’uso del mezzo proprio nell’interesse aziendale, da determinare come indennità mensile o, in alternativa, come rimborso chilometrico da concordarsi tra le parti.
Ha quindi ritenuto che non vi fosse ragione per non applicare tale disposizione contrattuale collettiva, “essendo lo spostamento a Sommacampagna, in luogo dello spostamento alla sede contrattuale di lavoro per prendere servizio quale autista, uno spostamento (del tutto significativo in termini di tempo e di costo) e uno spostamento eseguito su direttiva aziendale, nell’interesse aziendale, costituente prestazione di lavoro”.
4. La Corte territoriale ha poi ritenuto che l’accordo sindacale aziendale del maggio del 2014 “non idoneo, sotto più profili, a disciplinare il diritto, qui controverso, al rimborso delle spese per l’uso del mezzo proprio”. In particolare, ha accolto il quarto motivo di appello del lavoratore che aveva sostenuto come l’emolumento stabilito da detto accordo era riferibile alla retribuzione per lavoro straordinario e non era imputabile a rimborso delle spese. Ha argomentato che l’accordo in discorso deve essere interpretato “in relazione al contesto in cui è stato concluso, contesto in cui agli autisti è stato chiesto un aumento dell’orario di lavoro (non è in contestazione tra le parti che i tempi di spostamento non sono computati nell’orario settimanale ordinario) per recarsi a Sommacampagna”. “E’ dunque evidente – secondo la Corte trentina – che si tratta di un compenso per la prestazione di lavoro e non di un rimborso spese, conclusione che trova ampio riscontro nel trattamento retributivo, fiscale e previdenziale del compenso medesimo”.
5. In conclusione, la Corte territoriale, “affermato il diritto al rimborso spese ex art. 28 CCNL e rilevato che tra le parti non è stata data attuazione alla disposizione contrattuale con l’accordo nella stessa previsto, per rifiuto, per fatti concludenti e poi esplicito del datore di lavoro”, ha provveduto ad una liquidazione ex art. 432 c.p.c., secondo le tabelle chilometriche dell’ACI.
6. Avverso tale sentenza A.C. s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, illustrati da memoria, cui ha resistito con controricorso l’intimato.
7. Il PG ha concluso per il rigetto del ricorso.
memorie.
Motivi della decisione
1. I motivi del ricorso possono essere sintetizzati come di seguito.
Con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1, d. lgs. n. 66 del 2003, dell’art. 3, d. lgs. n. 34 del 2007 e dell’art. 11 del CCNL Logistica, Trasporto merci e Spedizioni, ex art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., criticando la Corte territoriale per avere ritenuto che il tempo per lo spostamento al piazzale di Sommacampagna fosse orario di lavoro.
Con il secondo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1, d. lgs. n. 66 del 2003, dell’art. 3, d. lgs. n. 34 del 2007, degli artt. 1362 e 1363 c.c., dell’art. 28 del CCNL Logistica, Trasporto merci e Spedizioni, ex art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c. Si contesta l’applicabilità dell’art. 28 richiamato, assumendo che “la norma negoziale non consente di attribuire il riconoscimento dell’indennità in questione
al lavoratore che impieghi generalmente un ‘mezzo di trasporto’, a prescindere dalla prestazione lavorativa e al di fuori dell’orario lavorativo: la norma, infatti, fa unicamente riferimento al lavoratore ‘che usa’ un mezzo di trasporto (per rendere la prestazione)”.
Con il terzo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 c.c. e degli artt. 38 e 40 del CCNL Logistica, Trasporto merci e Spedizioni, ex art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., criticando diffusamente la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che l’accordo siglato a livello aziendale con le OO.SS. non avrebbe potuto regolamentare la fattispecie in esame.
In connessione si articola un quarto motivo di ricorso, con cui si denuncia la violazione e falsa applicazione ancora degli artt. 1362 e 1363 c.c., degli artt. 38 e 40 del CCNL Logistica, Trasporto merci e Spedizioni, oltre che degli artt. 1322 e 2077 c.c., lamentando che la Corte territoriale avrebbe finito “per negare e disconoscere l’autonomia contrattuale estrinsecatasi a livello aziendale tra l’A.C. S.p.A. e le OO.SS. dando per scontata la prevalenza dell’accordo nazionale su quello di secondo livello”, mentre “la notoria fisionomia privatistica degli accordi sindacali di qualsiasi livello non consente di certo una ricomposizione degli eventuali contrasti mediante il ricorso al criterio gerarchico o di specialità propri delle fonti legislative (e non dei contratti)”.
Con l’ultimo motivo, in via subordinata, si censura la sentenza impugnata per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1322, 1362, 1363 c.c., dell’art. 10 del CCNL Logistica, Trasporto merci e Spedizioni, nella parte in cui ha ritenuto che l’Accordo Sindacale del 2014 non rientrasse nella categoria dei cd. “Accordi di forfettizzazione” previsti dall’art. 11, co. 8, lett. b), del CCNL in esame.
2. Il ricorso non appare meritevole di accoglimento.
È opportuno precisare che l’essenziale ratio decidendi della sentenza impugnata, di per sé sufficiente a sostenere la pronuncia, è da ricercare nella ritenuta applicabilità dell’art. 28 del CCNL che attribuisce una “indennità di uso di mezzo di trasporto”, secondo l’accordo delle parti in forma di indennità mensile ovvero di rimborso chilometrico, “al lavoratore che usa un mezzo di trasporto”.
Una volta ritenuta applicabile detta disposizione contrattuale collettiva, la Corte ha interpretato l’accordo sindacale aziendale del maggio 2014 e ha escluso che tale accordo disciplinasse, escludendolo, il richiamato rimborso spese, occupandosi piuttosto di retribuire in forma forfettaria, e come straordinario, il tempo impiegato dal lavoratore per raggiungere il più lontano posto di lavoro.
3. Ciò posto, l’unico motivo di ricorso che si occupa dell’interpretazione dell’art. 28 del CCNL in discorso è il secondo. Con esso, tuttavia, non si censura realmente una errata interpretazione della disciplina contrattuale collettiva di livello nazionale, quanto piuttosto la sua applicazione alla fattispecie concreta così come operata dalla Corte territoriale, eccependo che l’indennità presupporrebbe lo svolgimento della prestazione con l’ausilio del mezzo proprio e in costanza di orario di lavoro.
Invero la Corte trentina ha ritenuto ragionevolmente sussumibile nell’ambito di applicazione della previsione contrattuale – che testualmente attribuisce l’indennità al lavoratore “che usa un mezzo di trasporto” – la fattispecie concreta di un dipendente che utilizzava un mezzo proprio per raggiungere un luogo di lavoro diverso da quello ove era originariamente e consensualmente prevista la sua sede di lavoro, e ciò sulla base di una specifica direttiva dell’azienda, di volta in volta impartita, e nell’interesse della medesima. Poiché l’art. 28 del CCNL non dispone espressamente che il rimborso spese ivi previsto competa al solo lavoratore che utilizzi il mezzo di trasporto “per eseguire la prestazione lavorativa”, la sentenza impugnata ha plausibilmente ricondotto alla norma collettiva l’ipotesi concreta del dipendente che, per ragioni funzionalmente connesse al lavoro da svolgere come autista, veniva comandato a presentarsi, “su direttiva aziendale, nell’interesse aziendale” (come accertato in fatto dalla Corte del merito), non presso la originaria sede di lavoro pattuita ma in altro luogo, usando per il tragitto un mezzo del quale era evidentemente costretto a sostenere le spese.
Tanto anche a prescindere dalla qualificazione del tempo impiegato per lo spostamento da Rovereto a Sommacampagna come orario di lavoro, atteso che l’oggetto del contendere non è tale qualificazione, quanto piuttosto il riconoscimento o meno dell’indennità ex art. 28 CCNL.
4. Una volta ritenuto infondato il secondo motivo di ricorso, ne deriva l’infondatezza anche del primo mezzo che, riguardando appunto la questione dell’orario di lavoro, non assume valenza decisiva ai fini della conferma della sentenza impugnata.
5. Risultano, infine, inammissibili il terzo, il quarto e il quinto motivo di ricorso, nessuno dei quali è in grado di contrastare efficacemente, in modo tale da imporre la cassazione della sentenza impugnata, l’assunto della Corte territoriale secondo cui l’accordo aziendale del maggio del 2014 stabiliva un emolumento che non andava a compensare – né tantomeno ad assorbire – quanto riconosciuto dalla diversa fonte contrattuale a titolo di “indennità di uso di mezzo di trasporto”.
Come noto, anche l’accertamento della volontà negoziale si sostanzia in un accertamento di fatto (tra molte, Cass. n. 9070 del 2013; Cass. n. 12360 del 2014), riservato all’esclusiva competenza del giudice del merito (cfr. Cass. n. 17067 del 2007; Cass. n. 11756 del 2006); tali valutazioni del giudice di merito soggiacciono sì, nel giudizio di cassazione, ad un sindacato circa la verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica contrattuale, ma la denuncia della violazione delle regole che presiedono all’interpretazione dei contratti non può certo risolversi nella mera contrapposizione di una interpretazione diversa da quella criticata (tra le innumerevoli: Cass. n. 18375 del 2006; Cass. n. 12468 del 2004; Cass. n. 22979 del 2004, Cass. n. 7740 del 2003; Cass. n. 12366 del 2002; Cass. n. 11053 del 2000).
Nella specie, al cospetto dell’approdo esegetico cui è pervenuta la Corte distrettuale la parte ricorrente, nella sostanza, si limita a rivendicare un’alternativa interpretazione più favorevole; ma per sottrarsi al sindacato di legittimità quella data dal giudice al testo negoziale non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili, e plausibili, interpretazioni; sicché, quando di un testo negoziale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito – alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito – dolersi in sede di legittimità del fatto che sia stata privilegiata l’altra (Cass. n. 10131 e 18735 del 2006).
Inoltre, la Corte trentina – come ricordato nello storico della lite – dopo avere ritenuto che l’accordo sindacale aziendale del maggio 2014 fosse inidoneo a disciplinare il diritto al rimborso delle spese per l’uso del mezzo proprio “sotto più profili” concorrenti, ha, poi, in accoglimento del quarto motivo di appello del lavoratore, interpretato detto accordo nel senso che l’emolumento ivi previsto fosse riferibile al compenso per lo straordinario e non riguardasse il rimborso delle spese. Nessuno dei motivi in esame censura adeguatamente tale aspetto della decisione che riguarda una ricostruzione plausibile della volontà negoziale operata dalla Corte territoriale, quale accertamento di fatto sottratto al sindacato di legittimità, criticando piuttosto altre argomentazioni spese in sentenza per profili diversi che non rivestono un ruolo decisivo al fine di supportare il decisum.
6. Conclusivamente il ricorso deve essere respinto nel suo complesso e le spese seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo.
7. Occorre altresì dare atto della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dall’art. 1, co. 17, l. n. 228 del 2012.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese liquidate in euro 3.500,00, oltre euro 200,00 per esborsi, accessori secondo legge e rimborso spese generali al 15%.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.